A COLLOQUIO CON CARLO PARENTE di Giovanni Moschella

 

Ci  parli dei suoi studi e della sua formazione.

Dopo aver conseguito il diploma di scuola media superiore al Liceo Classico “Pietro Giannoni” di Benevento, avrei desiderato proseguire gli studi classici, iscrivendomi a Lettere Moderne o Filosofia. Mio zio, medico condotto, in un paese della provincia beneventana mi convinse invece a iscrivermi alla facoltà di Medicina e Chirurgia, sostenendo che una volta divenuto medico avrei goduto di una vita più agiata e probabilmente più soddisfacente sul piano professionale. Del resto avrei potuto comunque continuare a coltivare la letteratura, come hobby. Così ho fatto e devo dire che non mi sono pentito. Negli anni del liceo ho subito il fascino, da un lato della filosofia (instillatomi dal  mio professore) dall’altro, quello della politica (a quell’epoca eravamo quasi tutti attivisti di sinistra, nella nostra classe). Partecipavo con molta passione alle manifestazioni politiche pubbliche, nel clima della contestazione anti-autoritaria, post-sessantottina.  Anche per questo motivo le mie letture erano ideologicamente orientate (testi di saggistica: storia economica, filosofia, sociologia, politica). Tra i miei autori preferiti: Heghel, Marx, Popper, Hermann Hesse). Mi è sempre piaciuto leggere, sin dai primi anni del liceo (devo ringraziare per questo una professoressa, che avendomi dato lezioni private di italiano nel periodo estivo, è riuscita a trasmettermi l’amore per la lettura, fino ad allora, sconosciuto). A scuola non ottenevo risultati brillanti in quanto avevo l’abitudine di leggere quello che mi interessava, invece dei libri scolastici, per cui ottenevo voti appena sufficienti a superare l’anno in corso, il che preoccupava molto i miei genitori. “Il giardino dei Finzi Contini” di Giorgio Bassani è stato il primo romanzo che ho letto in secondo liceo”. Ho continuato a leggere molti romanzi negli ultimi due anni e nel periodo pre-universitario. Poi c’è stato un lungo black-out di dieci anni, per quanto riguarda le letture umanistiche. In quegli anni ho affrontato con molta determinazione e fatica gli studi universitari per laurearmi in Medicina e Chirurgia e successivamente per la specializzazione in Pediatria e Neonatologia, iniziando fra l’altro a lavorare abbastanza presto in ospedale. Ho ripreso a leggere e a scrivere dopo un altro lungo periodo di cinque anni. Da allora ho letto quasi tutti i libri di due tra i miei autori preferiti: Sandor Marai e Milan Kundera. Adoro la lettura degli autori sudamericani, fra i quali preferisco Gabriel Garcia Marquez e Isabel Allende. Degli italiani ho letto quasi tutti i libri scritti dalla giornalista/scrittrice Oriana Fallaci e tra i più giovani: Baricco e De Carlo ( ma non mi piace tutto quello che scrivono). Leggo con piacere Galimberti, un filosofo moderno che consiglio a tutti gli amici, perché riesce a tradurre mirabilmente e rendere digeribile il pensiero greco in cui affonda la cultura umanistica dell’Occidente. Mi è sempre piaciuto scrivere poesie. Ho scritto le mie prime tre poesie nel 1973. Ho pubblicato finora due libri di poesia, ne ho un terzo in cantiere, oltre 2 romanzi, sui quali sto lavorando da circa 10 anni, che non vedo l’ora di pubblicare. Scrivere per me è un piacere, ma anche una fatica, perché sono esigente e spero sempre di trasmettere con quello che scrivo qualche emozione o condividere un punto di vista. Infine ritengo che un buon medico possa essere migliore se coltiva anche le “humanae litterae”; questo aiuta ad essere “umanista”, e a preferire il rispetto dei valori etici, antropologicamente immutabili: democrazia, giustizia, trasparenza, verità, empatia, etc…  nell’affrontare il prossimo, sia l’uomo ammalato che quello sano.

E’ autore di tanti testi poetici, quale la rappresenta di più 

Sono molto affezionato a due poesie: la prima è “ poesia della vita” dove tento di esprimere cosa rappresenta la poesia e il suo rapporto con la vita: per me la vita, sebbene insensata è ricca di poesia, o almeno vale la pena di essere vissuta solo se ne coglie l’intrinseca bellezza ( poesia!), per cui il titolo sarebbe anche potuto essere: “vita della poesia”. La seconda è: “mille alberi”, dove racconto qualcosa di strettamente personale, un’esperienza significativa della mia vita: l’amore per la natura, la scelta, in relazione a questa passione di vivere in una casa di campagna, immerso nel verde, fra gli animali domestici, dovendo combattere con la famiglia che solo dopo molti anni di abitazione ha iniziato a riconoscere qualche vantaggio o beneficio in questa scelta imposta.

 

Molti sono coloro che scrivono,però si legge poco, che cosa ne pensa 

Sono assiduo lettore di libri ( negli ultimi anni meno saggistica, più poesia e stessa quantità di prosa). Ho sempre pensato che nei libri “ sia il sale del mondo” e rimango costernato, quando noto che alcuni miei colleghi ammettono candidamente di non leggere libri, escluso alcuni o le riviste che riguardano temi professionali. Ancora più triste è vedere quanto poco leggano i nostri giovani, cresciuti nell’era di Internet, abituati perciò alla velocità dell’informazione che spesso è molto superficiale e fuorviante, senza “ peso”. La buona cultura si raggiunge anche con il sacrificio di ore di lettura, cercando la profondità delle conoscenze, che si ottiene quando un argomento viene sceverato in ogni direzione, in modo dialettico. Lei dice che molti scrivono, però si legge poco. Mi dà l’occasione per esprimere su questo argomento una visione molto soggettiva, un po’ polemica, addirittura antipatica. Ma rischierò in quanto mi piace dire quello che penso e odio l’ipocrisia. Ritengo che quello che dice sia certamente vero, e possa valere anche per alcuni scrittori o poeti “minori”, come me, che incontro a vari reading di lettura. Mi meraviglia talvolta la supponenza, l’eccesso di amor proprio e la presunzione di taluni, quando presentano le loro “opere”. Credo dovremmo tutti leggere di più e con molta attenzione la “ grande poesia”, gli scrittori classici della storia, in modo da relativizzare il proprio valore. Lo dico innanzitutto a me stesso; infatti negli ultimi anni ho intensificato la lettura dei grandi poeti classici, avvertendo ancora grande ignoranza dei loro meriti e valore, al fine di una comprensione più profonda della loro arte. Sì, faremmo meglio a leggere di più e scrivere con maggior parsimonia, anche noi poeti.

Com’è cambiata la società con l’avvento dei social network.

Non mi sento preparato a rispondere a questa impegnativa domanda, non essendo un sociologo, sebbene sia molto interessato alle manifestazioni sociali. Essendo pediatra, quindi un professionista della famiglia, vengo spesso chiamato dai genitori oltre che a curare i propri figli, a dare suggerimenti sulla loro educazione, sul difficile rapporto che si instaura fra differenti generazioni. Talvolta mi viene chiesto un consiglio su quante ore al giorno di TV o in rete, su Internet far trascorrere ai ragazzi. Credo che Internet sia stato per la società attuale una vera rivoluzione culturale positiva. Milioni di persone possono informarsi in tempo reale, molto velocemente, su milioni di questioni, a basso costo. Non bisogna però usarlo come unica fonte di informazione, accettare supinamente quanto scritto senza conoscere il valore e la serietà di chi scrive; insomma non va perso lo spirito critico e l’equilibrio che deve sempre regnare nell’animo della persona attenta e saggia. Gli strumenti in sé non sono né buoni né cattivi; lo è il modo in cui si usano. Per farlo bene bisogna costruirsi un back-ground di cultura, intelligenza, sensibilità, rispetto delle persone, conoscendo i limiti e anche i pericoli dei social network. Inizialmente ho avuto molta difficoltà ad accettare l’uso del PC, una naturale ritrosia, ma poi il suo uso è diventato indispensabile per il mio lavoro. Infatti anche l’attività scientifica, come pediatra ricercatore clinico è stata molto favorita da applicazioni come Power-point, che consente di preparare relazioni scientifiche in poco tempo e presentarle in modo molto efficace. Facebook è stata una bellissima invenzione; anche io lo uso spesso, sebbene talvolta riesco a starne lontano per diverse settimane, senza sentirne nostalgia. Anche WathsApp è utile perché consente di spedire agli amici, gratis messaggi e immagini scattate in tempo reale. Questo era inimmaginabile soltanto qualche decennio fa. Vi sono anche aspetti molto negativi nell’uso dei social-network, perché molti giovani lo usano per troppo tempo e come prevalente forma di comunicazione.

La comunicazione più efficace, la migliore, non è quella virtuale; rimane sempre quella che contempla la presenza fisica dell’altro, che consente di trasferire il calore umano tramite una stretta di mano, una carezza, uno sguardo empatico, una discussione vocale.

 

Quali sono gli altri suoi interessi oltre la scrittura.

Amo vivere la natura, perché solo in quel luogo è possibile apprezzare il cambiamento delle stagioni, il suo peculiare e benefico influsso sull’animo umano. Spesso, quando posso, viaggio, soprattutto in Africa, il luogo più antico della terra, dove è nato l’uomo, dove il fascino del tempo e della natura umana è enorme, dove nella savana si consuma il gioco tra la vita e la morte, il rapporto antico fra la gazzella/preda e il leone/predatore. Il viaggio, metafora della vita, ti mette in comunicazione con popolazioni diverse, differenti costumi e modalità dell’esistenza e risponde pienamente alle mie esigenze innate di libertà e curiosità. Amo il mio giardino, dove riconosco e vedo crescere ogni pianta o fiore che lo abita, che curo in prima persona. Talvolta, con qualche esitazione, divento anche ortolano, con scarsi successi. Amo il mare e la montagna; sciare sulle montagne più belle del mondo, le Dolomiti dove da oltre 30 anni mi reco con moglie e figli, che sono diventati nel tempo su mia pressione, ottimi sciatori. La vita di montagna è godibile anche d’estate, per questo ci andiamo l’ultima settimana di agosto dopo aver trascorso un paio di settimane al mare, di solito nelle acque meravigliose dei lidi ionici della Puglia, di cui apprezziamo l’ottima cucina, il carattere degli abitanti. In ultimo, ma non per ultimo devo confessare l’amore assoluto per la Grecia e le sue isole, dove mi reco da diversi decenni. Riconosco in quelle terre, nella cultura, in quelle isole, in quel mare stupefacente, la mia origine genetica. Sono anche legato ai temi della politica, che seguo indirettamente. Quella che viene chiamata “Politica” in Italia, da decenni viene svolta dai diversi partiti con la pratica dei “disvalori”. Il  raggiungimento di una carica pubblica da parte degli eletti viene vista come occasione di accaparramento della cosa pubblica, di ruberie. Accade perciò che una stretta minoranza corrotta più di altri, spesso organizzati in “ cricche”, funzionali alle mafie, con cui stringono volentieri rapporto di mutua assistenza, recano danno ai molti; per questo motivo l’Italia è diventato un paese corrotto e straordinario (fuori dall’ordinario, anormale) non adatto, impossibile da vivere per le persone oneste e tantomeno dei “poeti”.

Grazie per la gentile intervista e buon lavoro.

                                                                                                                  Giovanni Moschella

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