Ad Avellino la scomparsa di Elide Rusolo. Il commosso saluto di Gaetana Aufiero
Conobbi Elide Rusolo nel 2016, in occasione di una mostra che aveva organizzato presso il suo centro culturale “L’Approdo”. Quando arrivai presso la galleria lei era ancora abbastanza indaffarata negli ultimi preparativi dell’allestimento. Vedendola ne rimasi subito affascinata: il suo sguardo era intenso, intelligente, vivo, la sua voce forte e sicura.
Vedere Elide Rusolo all’opera mi sembrò guardare un vulcano attivo che sprigiona energia e quella sua energia era finalizzata ad un unico obiettivo: portare l’arte e la cultura in città.
Tutto sommato che cosa è l’approdo? È un punto di arrivo, una meta raggiunta. Forse per questo Elide aveva avuto chiamare così la sua galleria d’arte. Un luogo nel quale arte, musica e libri si incontrassero.
Per celebrarla al meglio abbiamo chiesto a Gaetana Aufiero, storica e ricercatrice, instancabile divulgatrice di cultura, di salutarla.
Ecco ciò che ci ha inviato.
Un colpo al cuore la telefonata che mi ha comunicato che Elide Rusolo non è più tra noi. Ieri sera, soltanto ieri sera! Elide, che ha lottato per offrire a tanti di noi un centro di cultura e bellezza nel quale poterci incontrare, discutere, confrontarci avvicinandoci anche ai grandi orizzonti dell’arte moderna .
Elide che vi è riuscita acquisendo uno spazio tutto suo a via Matteotti.
Avremmo dovuto incontrarci a febbraio poco prima del lockdown all’Approdo. Non vi ero andata perché fuori città. “Ci rivedremo presto”, ci siamo dette.
Non ci siamo più viste, ma la nostra amicizia “sospesa”, come le nostre vite, non ne avrebbe certo sofferto. Ci conoscevamo, infatti, sin da ragazzine, lei di rione Mazzini, io di San Tommaso. Due quartieri periferici ai margini della città che raggiungevamo insieme, sicure che saremmo riuscite a cancellare tutti i pregiudizi sui ragazzi e le ragazze che osavano andare in città allontanandosi dalle case popolari sorte al di là del ponte della Ferriera. Quella città era la nostra città, l’amavamo, la volevamo vivere senza starcene relegate in casa ad aspettare “a ciorte”. La nostra sorte ce la saremmo creata da sole. Le nostre idee erano chiare. La vita era tutta davanti a noi e le case severe dei nostri genitori troppo strette. Come da accordo ero sempre io che arrivavo da lei, aspettavo che lucidasse, lavasse, finché la madre non ci concedeva il permesso di uscire.
Fuori, la libertà e il giuramento che ci univa “noi saremo diverse”.
Gli anni sono volati veloci. Ci siamo perse. Un vuoto di decenni sino al giorno in cui sono stata invitata a parlare di donne con donne nella sua galleria d’arte. E lì, all’Approdo, mi sono ritrovata nel salotto che aveva sognato, tra quadri splendidi e creazioni inattese. Riconoscerci, ritrovarci, sentire che nulla era cambiato in noi, dirci: “Ci sei riuscita? Come hai fatto?”
“E tu sei riuscita a cambiare il mondo?”
È stato un miracolo che si è rinnovato per anni, troppo pochi per i suoi progetti che noi non possiamo abbandonare.
Grazie a Gaetana Aufiero per il suo nobile contributo.
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