Attraversare il Pakistan in moto scortato dai Levies
Domenico Maietta, il nostro viaggiatore in moto, continua il suo lungo percorso verso il Nepal, tra difficoltà e paesaggi mozzafiato.
Ha attraversato tutto l’Iran, un paese immenso e ricco di bellezza, patria dell’antico impero dei Persiani, colonizzato poi dalle popolazioni arabe che hanno portato la religione mussulmana, soppiantando (ma non definitivamente) lo Zoroastrismo.
In questo grande Paese Domenico ha incontrato anche motociclisti e persone che lo hanno aiutato durante la traversata. I dettagli e i piccoli aneddoti li potete trovare sul suo profilo Instagram @nomad_nose. Poi è arrivato al deserto del Lut, uno dei più caldi e aridi del mondo, in cui solo alcuni piccoli villaggi resistono alla dura vita tra le dune e i cammelli. In queste zone è possibile trovare edifici storici costruiti in adobe, un materiale costituito da terra e paglia e lavorato in mattoni, tecnica utilizzata da migliaia di anni in varie parti del mondo per realizzare strutture economiche e resistenti in climi aridi. Le scarse piogge di questa regione non hanno la forza di sciogliere tali costruzioni.
Dopo il deserto, Domenico si è ritrovato nella regione più a est dell’Iran, il Sistan e Baluchistan, dove è arrivato al confine con il Pakistan nella città di Taftan. Questa località, arida e povera, è l’unico punto di passaggio aperto verso il prossimo paese e dà accesso alla prima provincia pakistana più a ovest: il Belucistan.
I nomi simili di delle due province sono dovuti al fatto che in questo territorio di confine vive una popolazione con la stessa cultura, che in passato è stata divisa tra Iran, Pakistan e Afghanistan. In effetti, dal punto di vista geografico è un’unica regione ma divisa politicamente. La parte pakistana è la più problematica ed è zona contesa fra varie tribù locali. Le tribù sono in guerra fra loro ma di mezzo ci sono anche gli interessi di attori regionali, come i già citati Afghanistan e Iran. Al momento la situazione è relativamente tranquilla, ma la possibilità di scaramucce o attentati non è remota, anche perché il Belucistan, al di là delle tensioni tribali, cerca di affrancarsi dal Pakistan da decenni. Per questo motivo il governo di Islamabad ha organizzato una task force per garantire la sicurezza dell’area e la difesa dei pochi turisti che vogliono visitare queste zone, fra l’altro, ricche di storia e bellezze naturalistiche.
Si tratta di paramilitari altamente specializzati, spesso ex militari, chiamati Levies. Discendono della British Raj, un corpo che rispondeva alle direttive della corona britannica, quando India e Pakistan facevano parte dell’impero. Il loro compito è scortare i turisti e prevenire l’insorgere di insurrezioni.
Domenico ci spiega che quando entri in Pakistan non sei più libero:
“Non puoi muoverti dove vuoi, se non in alcune zone predisposte. Si tratta di una misura necessaria per garantire la sicurezza del viaggiatore e dunque bisogna seguire ed eseguire le direttive dei Levies. In alcune zone vestono in abiti civili e girano su veicoli del tutto convenzionali, come utilitarie e piccole motociclette; in zone più pericolose, in prossimità delle montagne, sono provvisti di Ak-47 e giubbotti anti-proiettile e viaggiano in pick up dotati di torretta con mitragliatrice leggera. Stare accanto a questi ragazzi è un’esperienza fuori dal comune, avventurosa ma anche pericolosa.”
Mi racconta, fra i vari aneddoti, di quando stava per svenire dal caldo:
“Siccome il convoglio procedeva lentamente e il caldo era intenso, vicino ai cinquanta gradi, non avevo alcun refrigerio, e ho dovuto insistere con i militari per fermarci. Uno di questi uomini ha avuto pietà di me e mi ha versato dell’acqua fresca in testa. Ma l’esperienza più forte è quando mi sono ritrovato su un passo di montagna di notte. Ogni promontorio era sormontato da una torretta di guardia con grandi riflettori che puntavano su di me. I militari della scorta facevano dei segnali luminosi per dichiarare la propria presenza e non essere scambiati per guerriglieri.”
Poi continua il racconto: “A Quetta mi hanno fatto riposare e ho potuto prelevare valuta locale e il necessario per il viaggio. Nonostante le marce forzate, i ragazzi della scorta sono sempre stati gentili e mi hanno dato tutto quello di cui avevo bisogno, dall’acqua al cibo, provvedendo a trovarmi alloggi sicuri. Di norma, dopo questa sosta, bisogna fare dei documenti e scegliere se proseguire a nord o a sud, ma in questo periodo la strada a nord era interdetta ai turisti. Quindi abbiamo proceduto in direzione di Multan. Ovviamente, potevo scegliere se riposare ancora e aspettare un altro convoglio, ma ho deciso di continuare il giorno successivo. Arrivati a Islamabad, la capitale del Pakistan, solitamente le scorte ti lasciano andare e sei finalmente libero di girare dove vuoi.”
Dopo queste rocambolesche vicende Domenico ha superato la coloratissima e caratteristica frontiera con l’India, dove, purtroppo, non ha avuto l’accoglienza che si aspettava. Facendo la spiacevole conoscenza della polizia religiosa … ma questa è un’altra storia, che racconteremo nel prossimo articolo.
Non perdetevi l’inizio di quest’avventura raccontata nei pezzi precedenti:
Il viaggio continua sulla Via della Seta
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