Bastiano, l’irpina e la vita contadina
Ieri, al Circolo della Stampa di Avellino, la presentazione del libro di Nino Lanzetta Bastiano ed altre storie contadine, che ne hanno fatto il prof.Gerardo Salvatore, la sociologa Franca Molinaro e il giornalista Gianni Festa, mi ha fatto riflettere su quanto sia importante oggi guardare al passato, il cui ricordo rischia di essere perduto per sempre, con gli occhi del presente, restando cittadini del nostro tempo.
Alla monotona vita contadina basata su valori inamovibili e alle figure di riferimento che erano sempre le stesse, Lanzetta ha dato una lettura con gli occhi di chi ne conserva il ricordo e sente la necessità di non perdere la conoscenza della storia dei luoghi in cui ha vissuto e anche dei valori che vi erano legati. Tutto ciò ci riporta ai giorni nostri dove tutto sembra diverso, tuttavia è evoluzione del nostro passato cui rimaniamo, volenti o nolenti, legati.
Così il prof.Gerardo Salvatore ha descritto il contenuto del libro: «Si tratta di episodi di vita contadina che delineano la centralità della famiglia come vero ammortizzatore sociale del Mezzogiorno d’Italia e delle nostre terre a cominciare da Castelvetere in cui sono ambientati. La storia di Amedeo, il primo venditore “porta a porta”, delinea il passaggio da una economia agricola a quella vagamente industriale che caratterizzava le aree interne negli anni 50 e 60 del Novecento. Il venditore giunge in questi luoghi, dove è appena arrivata l’energia elettrica, dove da poco l’apparecchio radio ha aperto le famiglie alle notizie e alla musica liberandole dell’isolamento. Lanzetta ha rappresentato, come un fotografo, il contesto geografico di appartenenza senza lasciarsi prendere dalla fretta, rispettandone i tempi, dando così alla descrizione delle vicende umane dei suoi personaggi la dovuta completezza».
A Franca Molinaro la parola di sociologa e giornalista: «Non c’è più il contadino di cui parla Nino. Questa figura si è persa proprio negli anni 50. Oggi non esistono politiche in favore dell’agricoltura e le limitazioni per chi vuole fare dell’agricoltura la propria vita sono troppe. Se, come dice Nino nel libro, l’agricoltore è colui che vuole rimanere nella propria terra, io mi ci sento appieno e, quando vado in giro per convegni, torno sempre volentieri alla mia azienda agraria. L’umiltà dei contadini va però recuperata e a questa vita moderna, fatta di apparenze, io preferisco la semplicità dei ritmi dettati dai campi.
Le donne di Nino sono le donne degli scrittori Irpini ma rappresentano anche le donne contadine povere di tutta l’Italia, che si sobbarcavano delle enormi difficoltà della famiglia e della vita contadina. Anche quando finivano per perdere la pazienza. Di tutto questo ha scritto Nino, senza mai, nelle sue descrizioni delle miserie umane, cedere al giudizio».
Sappiamo bene che la scelta bucolica integrale oggi non sarebbe possibile e non avrebbe neanche senso – non è certo di questo che si parla nella racconta di Lanzetta – perché il progresso ha portato con sé enormi vantaggi che sono sotto gli occhi di tutti e a cui noi, soprattutto noi donne, non potremmo rinunciare. Ma conoscere le radici della nostra cultura, avere maggiore vicinanza con le storie che i nostri nonni custodiscono, rispettare i valori costruiti in una storia millenaria e la saggezza di chi ha vissuto duramente, senza gli agi della nostra modernità, fa onore a chi scrive queste cose e anche a chi le legge con piacere. Complimenti all’autore.
Nella foto da sinistra: Gerardo Salvatore, Gianni Festa, Franca Molinaro e Nino Lanzetta.
Nino Lanzetta, Bastiano ed altre storie contadine, edizioni Delta 3, 2019
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