Chiudi i tuoi cerchi

Vi è mai capitato (nel lavoro, in famiglia, in amore…) di lasciare tante, tantissime situazioni in sospeso? Alle volte piccolissime altre immense, ma non importa, ciò che conta è non aver chiuso il cerchio e, mi spiace dirlo, ma la responsabilità è la nostra.
Un primo passo per sganciarci da tutto questo è acquisire la sana abitudine di chiudere i cerchi. Cosa voglio dire?
In tutto ciò che facciamo e che viviamo i momenti più importanti sono le aperture e le chiusure. Iniziare bene e chiudere bene.
Se abbiamo raggiunto un obiettivo dobbiamo festeggiarlo. Se rinunciamo all’obiettivo, perché magari non ci interessa più, dobbiamo dichiararlo apertamente.
Nel film Guardia del corpo Kevin Costner parlando dei killer afferma che, una volta pagati, vanno diritti alla meta e tanto demordono quando hanno ucciso. Il nostro cervello è come un killer, se gli diamo un obiettivo lavorerà incessantemente per far sì che lo raggiungiamo, anche quando non ci pensiamo più, lui lavora per noi e si fermerà solo quando l’avrà raggiunto. Ovviamente una simile operazione richiede un investimento di energia e un latente stato di ansia.
Immaginiamo di entrare in una stanza, accendiamo la luce e il pc, ma poi ci accorgiamo che è tardi e andiamo a preparare la cena. Lasciamo luce e pc accesi perché sappiamo di dover rientrare a breve per finire il lavoro e intanto accendiamo la luce e il forno in cucina. Poi nostro figlio ci chiede di stirargli la camicia perché deve scendere e così ci spostiamo nell’altra stanza e accendiamo luce e ferro… Cosa accade? Quanto spendiamo di corrente elettrica? Senza considerare poi che il contatore può andare in sovraccarico e scattare. La stessa identica cosa accade nel cervello: ogni obiettivo che prefissiamo e lasciamo in sospeso è una stanza con luce ed elettrodomestici accesi.
E allora, può accadere che, mentre siamo con gli amici al bar, all’improvviso, ci assale un latente stato di ansia, di angoscia, alle volte come un balzo nello stomaco. In alcuni casi individuiamo il pensiero che lo ha provocato: un esame che dobbiamo fare e il dover finire di studiare; i piatti lasciati sporchi in cucina o qualsiasi altro compito, non importa quanto sia importante, indispensabile, ciò che importa è che è un compito lasciato in sospeso e all’improvviso riaffiora alla mente. Riaffiora. È lì, sommerso da qualche parte nel nostro inconscio che ci sta spingendo a raggiungere quell’obiettivo. Noi vogliamo divertirci con gli amici, ma una parte nel nostro profondo continua a dirottarci verso quel compito ancora in sospeso.
Diversi studi sono stati fatti a riguardo, tra i quali quello della psicologa e psichiatra della Gestalt, la lituana Bluma Zeigarnik, che ha dato il nome alla ricerca. Secondo l’Effetto Zeigarnik, ogni momento di relax viene trasformato in tensione interiore, pensieri assillanti e frustrazione, questo perché la nostra mente applica dei principi di organizzazione che tendono alla semplicità e al completamento dei compiti interrotti, tende a chiudere le situazioni aperte, a voler terminare un lavoro iniziato.
Tutto ciò che viene lasciato in sospeso procura ansia. Per questo quando si raggiunge un obiettivo è necessario prendersi un momento per congratularsi con se stessi, perché è come dire al nostro inconscio: Obiettivo raggiunto, chiuso. Brava/o. Ma anche se decidiamo di abbandonare un obiettivo, perché magari non ci interessa più, è importante dichiararlo. Lo si può fare con un’affermazione (vedi il potere delle parole) o con un’azione (per es. la rinuncia formale agli studi).
E tu? Chiudi dignitosamente i tuoi cerchi? Sei sicura/o di non aver conti in sospeso.
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