Circuito feticismo ed efficientismo. Il focus di Giuseppe Rocco

Siamo di fronte ad un rapporto conseguenziale, in cui l’attrazione verso un simbolo di ricchezza prevista e ogni regola viene aggiustata in senso efficientistico, per fruttare il massimo guadagno. L’efficienza diventa un valore ultimo e l’economia sostituisce la qualità dell’avere alla qualità dell’essere. Il trionfo dell’utilitarismo volgare è concomitante al culto della crescita economica. L’economia moderna disincanta il mondo espellendo il valore degli oggetti.
Ormai sono arrivate le selezioni di lavoro con video-colloquio, ossia con domande registrate. Si parte da un link in cui ti spiegano e ti preparano al format: ogni volta che compare una domanda preimpostata, durante 10-15 secondi in cui rimane, devi prepararti mentalmente la risposta, che darai in video-registrazione subito dopo, in trenta secondi.
Allo stesso modo si procede con la formazione in remoto, da seguire per forza in orario di lavoro, quindi nei ritagli di tempo e con attorno la sinfonia di un supermercato in zona casse. Si incontrano anche docenti seri, ma si ritrovavano costretti ad escamotage per intrattenere per otto ore la gente svogliata, poco gestibile e con una soglia d’attenzione rasente lo zero.
Siamo giunti ad un esame che non prevede relazione fra esseri umani, quasi semi robotiani. L’impresa commerciale, per la circostanza un supermercato, ha dichiarato che serve a ottimizzare tempo e risorse. Ma certo! Per il profitto va bene, ma per i soggetti umani si cade nell’alienazione marxiana nel modo più sciagurato e disumano.
Lo Stato non riesce a controllare il capitale, il quale non ha fissa dimora e controlla flussi finanziari al di sopra delle nazioni. L’effetto complessivo è che la paura aumenta di continua per l’insicurezza. L’unico rimedio appare la presa di coscienza a livello mondiale, per poter assumere una Convenzione sulle Borse valori in modo da evitare le speculazioni e desistere dal mercato dei derivati, veri imbrogli alle trattative effettive. Nella prima parte del secolo attuale è apparsa una grande crisi finanziaria che ha coinvolto tutti i settori.
La struttura economica e il commercio internazionale sono mutati anche per l’avvento di altri fenomeni, come l’arrivo sulla scena internazionale della Cina, il problema dell’approvvigionamento energetico, la competizione per l’accesso alle materie prime, la crescita dell’inquinamento, il rapido aumento dell’esodo di popolazioni povere e sottoposte a guerre fratricide. Inoltre la Governance è cambiata con la sostituzione del G7 con il G20, presentando una maggiore dialettica e conoscenza del programma internazionale. In tal modo il baricentro mercantile si sta spostando verso l’Asia, per l’emergere di quei paesi. La polverizzazione del blocco socialista e la fine della conseguente guerra fredda sono stati erroneamente interpretati come la vittoria del capitalismo globale. Gli Istituti internazionali multilaterali, che sono sorti per omogeneizzare e favorire l’elevazione del tenore di vita, sono rimasti ancorati a vecchi schemi non più aderenti alle esigenze dei popoli.
La molla che ha fatto peggiorare i rapporti mercantili è stata la diffusione delle Corporazioni su scala planetaria attraverso accordi commerciali. Gli interventi degli istituti finanziari internazionali (WTO, FMI, Banca mondiale) hanno continuato nelle spinte liberistiche tout court, aiutando la circolazione di flussi di capitali. Così le nazioni bisognose di finanziamenti, devono ridurre radicalmente le spese di governo nella sanità, nell’istruzione e nell’assistenza sociale, privatizzare le aziende di Stato, togliere restrizioni agli investimenti esteri, tagliare salari e indebolire i meccanismi di tutela. Purtroppo tale politica viene mutuata dall’Unione europea, in un processo di imitazione degli standard americani per recuperare la ripresa. Queste politiche improntate al capitalismo liberale sono irrispettose e incapaci di risolvere l’assetto socio-economico delle Nazioni.
Il percorso fenomenologico della globalizzazione non si può frenare, ma l’impeto non va strumentalizzato con il capitalismo: gli interventi devono tener conto della salvaguardia dell’ambiente, dei diritti della sicurezza e del lavoro, della dignità degli individui, del rispetto culturale dei territori. Il mercato va impostato senza le insidie perniciose delle Corporazioni, delle multinazionali e degli speculatori. Banca Mondiale e Fondo mondiale internazionale accrescono la povertà, poiché elargiscono ingenti somme agli enti locali, i quali si apprestano a resistere ai mutamenti sociali. Nel contempo le Corporazioni vengono dilatate creando un circuito perverso tendente ad accrescere la forbice delle risorse. In altre parole la globalizzazione è divenuta ancella del capitalismo.
Non si può arginare il flusso della storia, ma nella Borsa hanno acquisito un grosso ruolo alcuni strumenti di speculazione come i derivati, che stanno negativamente trasformando l’economia mondiale al servizio di “pezzi di carta” in mano ad holding e Corporazioni. Si sta verificando quel fenomeno sociologico di idolatria del mercato finanziario, che rovescia il rapporto sociale delle persone verso le cose: gli uomini si trovano sotto il controllo di queste anziché averle sotto il proprio controllo. Il discorso interessa direttamente l’Italia che per entrare nell’euro ha sottoscritto derivati come assicurazione sul nostro debito. Così miliardi di euro escono dalle casse pubbliche, per arricchire le banche d’affari con cui abbiamo sottoscritto questi derivati. L’Italia è la nazione che paga di più per i derivati: da sola supera il totale dei 19 Stati dell’eurozona, fermo a 16 miliardi. Certamente apprendiamo un dato sconcertante: il mondo finanziario distorto ci propone uno strumento ovviamente anomalo e noi italiani ne profittiamo con eccessivo impegno. Un servizio di Report nell’anno 2024 cita una voragine di 42 miliardi, regalati alle banche; operazione realizzata senza porre i cittadini al corrente i quali hanno saputo in ritardo della giostra per entrare nell’euro.
La storia dei derivati è lunga. Ne abbiamo sentito parlare per lo scandalo del Monte dei Paschi di Siena con tutte le conseguenze. L’azzeramento delle speculazioni, un sogno socio-economico, non esime completamente dalle crisi internazionali. Restano altre cause che possono produrre alterazioni nel sistema finanziario, come la caduta del prezzo del petrolio. Gestire la Borsa valori e liberare le operazioni finanziarie da falsi miti e giochi di potere sono gli unici strumenti che possono prevenire sconcerti nella finanza internazionale.
L’evoluzione sociale è andata oltre, asservendo le regole basilari dell’economia e creando una specie di sorgente del piacere economico, basato sul guadagno rapido, ricorrendo al mercato finanziario, il quale ha creato un tempio sublime e immateriale, la Borsa Valori. Stiamo parlando di una istituzione sana a disposizione degli operatori economici, che nel tempo è stata deturpata e avvilita, avendo travisato le regole sane del gioco e per le quali era sorta. La caduta di tono ha registrato una serie di compromessi e di variazioni, sino alla tirannia dei derivati, sorti per alterare le sorti delle aziende, in particolare creditizie. Il mondo si è fermato ammaliato ed ha accettato il nuovo corso come accade nell’idolatria, senza correre ai ripari, cioè senza apportare quegli argini per difendere la legalità dell’istituzione. L’attività finanziaria prosegue all’insegna del liberalismo economico, che certo è accettabile in via di massima, salvo evitare il modo incontrollato e selvaggio. Così le aziende incontrano ostacoli inquinanti, subiscono perdite inspiegabili, rischiano il fallimento.
Sino a quando le Autorità competenti e gli Stati occidentali non recepiscono l’entità del danno e sino a quando non si pongono paletti solidi alla vertiginosa morsa della finanza sfrenata, assisteremo continuamente ad episodi di crisi nazionale e internazionale non gestibile sugli effetti. Si tratterà di agire a monte, nel rendere idonea l’istituzione, che opera su tutto il pianeta, assicurando la normale gestione nei vari passaggi di moneta figurativa (azioni, obbligazioni, ecc.).
Nel sistema finanziario sempre più esteso e diffuso sino a inquinare l’economia reale, il sistema bancario diviene il combustibile per il patrimonio capitalista. Partendo da questo presupposto, dobbiamo tener conto che lo sviluppo dell’economia può aver bisogno del debito, argomento controverso e discusso nell’Unione europea. In altri termini la finanza crea debito per finanziare le attività produttive; purtroppo ora la finanza cerca di finanziare la finanza, venendo meno al ruolo socio-economico e cedendo agli interessi di pochi speculatori. Anziché divenire motore di investimenti per propiziare crescita e innovazione, le banche prestano denaro a chi maneggia denaro. In tal modo gli istituti di credito si inquinano e diventano il sintomo della frequente cultura clientelare del Paese. Una politica creditizia a beneficio dell’industria manifatturiera diventa un’azione prioritaria per sperare nello sviluppo del Paese, altrimenti tutti i messaggi diventano puri simboli, strumentalizzati a richiamare voti alle elezioni.
Per comprendere meglio il problema bisogna ricordare che Il liberalismo è il padre legittimo della globalizzazione, la quale determina una sempre più accentuata differenza fra soggetti. Ne scaturisce una sorta di problematiche sociali, quali crisi economica, impennata migratoria, accensione dei populismi e terrorismi. All’alba del terzo millennio, si è accresciuto il livello di diseguaglianze, senza che gli Stati possano intervenire a bloccare il vento internazionale della globalizzazione incontrollata. La società da democratica si è scoperta capitalistica.
La diseguaglianza non fa bene in via di massima, salva la possibilità di riconoscere risorse maggiore a chi impegna le proprie attività. L’egualitarismo alla cinese dei tempi del presidente Mao non viene auspicato, in quanto imponeva a tutti lo stesso stipendio, lo stesso appartamento, la stessa casacca. La nuova schiavitù produce rischi innegabili: asservimento del più debole al più forte, minaccia alla crescita economica e l’attuale esodo di intere popolazioni. Secondo un’indagine sui Paesi europei (Eurostat 2012), gli Stati più egualitari nel 2005 hanno raggiunto il migliore assetto nel 2010, incrementando sia il PIL che l’occupazione. Allo stesso G20, i leader del mondo hanno richiesto meno disuguaglianze per favorire l’economia. Tutte le manovre sono utili ed interessanti, ma a monte occorre intervenire con un congelamento dell’adorazione della Borsa valori e liberarsi del feticismo del mercato finanziario, in una concezione di equilibrio fra libertà e controllo, peraltro previsto dalle norme che regolano l’azione del Fondo monetario internazionale.
Con l’efficientismo selvaggio, il capitalista adotta tutte le premure per il profitto a qualsiasi costo. In banca non vi è alcun rispetto dei i dipendenti, i quali non hanno una scrivania fissa e nessuna forma di valorizzazione. Inoltre la banca diventa vessatrice per i correntisti, obbligati a pagare mutui al 4%, in cambio al correntista viene donato l’0,53% sui depositi. Non a caso, nel 2023 i profitti bancari raggiungono una cifra spropositata, pari a 28 miliardi di euro.
In alcuni casi di efficientismo selvaggio, le operazioni possono diventare eccessivamente sofisticate da creare un clima ridicolo e inverosimile. Un esempio personale. Ho acquistato una splendida auto, Opel Mokka e di grande potenzialità, la quale dopo quattro mesi ha evidenziato un messaggio: “Regolare la pressioni dei pneumatici e poi reiniziare”. Mi sono recato dal gommista, che ha individuato un lieve calo di pressione, da non da giustificare un messaggio allarmistico. Recuperati i regolari valori di pressione, l’auto segnalava ancora la dizione e pure un simbolo di errore; il gommista, professionista di lungo corso, non è riuscito a “resettare”, cioè a pulire il messaggio, essendo un’auto tecnicamente nuova. Dinnanzi ad un’operazione di sofisticazione all’ennesima potenza mi sono recato all’Opel officina, dopo aver contattato con fatica per due giorni l’ufficio assistenza. L’individuazione dell’officina è risultata alquanto problematica poiché nell’area agiscono più case automobilistiche. Raggiunta l’officina, finalmente un tecnico ha regolarizzato lo squilibrio.
Per eccedere nella sofisticazione, peraltro inutile (perché la segnalazione non si azzera automaticamente col gonfiamento delle gomme?), si viene a creare una disfunzione nella normale attività di un’auto e soprattutto dell’autista, che anche altre cose da sbrigare. Per sintetizzare, l’efficientismo, già selvaggio, può divenire sofisticato, burocratico e sterile.
A questo va aggiunto che in questo percorso si arriva alla clonazione, uno stato d’animo dell’uomo proiettato verso una tipicità e modello di vita. I mass media e soprattutto le banche si attivano per circuire i clienti ad investire in azioni, non sempre sicure come è accaduto con i bond argentini e le azioni della Parmalat. La clonazione va ben oltre perché diventa un costume, in quanto è lo stesso cittadino, vittima di questo meccanismo perverso, a richiedere di entrare nei circuiti finanziari. Ormai la “Finanza in tasca” è divenuta uno stile di vita e un menage normale, incorporato nei meandri del nostro cervello.
Siamo effettivamente in un’era capitalista, addirittura siamo passati dal turbo capitalismo al marcato ipertrofico capitalismo della peggiore razza, in cui si afferma la fase più acuta e letale del già becero individualismo.
La dignità spesso viene calpestata dall’inasprimento di deregolamentazioni atte a non migliorare ambienti di lavoro, ma a imprimere il malvagio concetto che la sicurezza del lavoro sia un danno per la competitività e quindi un ostacolo al profitto. Partendo da questi principi, si registrano una serie di sub appalti, soprattutto nell’edilizia. Ogni passaggio riduce il profitto e quindi si utilizzano materiali sempre di scarsa qualità e personale di immigrati che non hanno un briciolo di professionalità. Il risultato parla chiaro: l’Inail ha certificato la morte di 2090 a fine 2022, con una media più di tre al giorno.
Tutti ricordiamo la tragedia della funivia del Mottarone, dove sapevano che c’era qualcosa che non andava, come è emerso grazie alla lodevole denuncia di un lavoratore che, peraltro venne minacciato di non trovare più impiego se avesse insistito nella sua tesi.
Andando più lievemente indietro nella storia, il 14 agosto del 2018 il viadotto sul fiume Polcevera, comunemente noto come «ponte Morandi» (dal nome del progettista) crolla provocando la morte di 43 persone. I manager erano a conoscenza della fragilità e dei rischi incombenti. Ancora più indietro, la diga della tragedia del Vajiont, crollata il 9 ottobre 1963 era prevedibile: l’onda mortale che cancella interi paesi e uccide quasi 2.000 persone e purtroppo non fu una fatalità, come fu poi appurato dall’inchiesta dal ministero dei Lavori pubblici. La diga del Vajont, costruita per sfruttare al massimo la forza delle acque del bacino del Piave, era allora la più alta del mondo e il canyon scavato dal torrente Vajont nel suo cammino verso il Piave era uno dei più profondi. La valle era certamente capiente ma non adatta allo scopo dal punto di vista geologico, come rivelarono alcune perizie tecniche, per esempio quelle del tecnico austriaco Leopold Müller. I rischi prospettati dal geologo furono confermati da una prima frana, tre anni prima del disastro.
Pure prevedibile il crollo della diga di Stava Il 19 luglio 1985, una disastrosa colata di fango, originatasi dal crollo improvviso di due discariche minerarie, distrusse completamente il villaggio di Stava e diverse abitazioni a Tesero, in Val di Fiemme (Provincia di Trento), e causò la morte di 268 persone. Il crollo era prevedibile.
Con l’avvento della seconda Repubblica il concetto di dignità ha subito un ridimensionamento, Sono state comprate menti giornalistiche per delegittimare il lavoro della magistratura (in particolar di Mani pulite), che aveva scardinato e messo a nudo il nostro sistema basato su una corruzione sistemica.
Inoltre la bassezza politica viene evidenziata dal caporalato, che fiorisce soprattutto nel Sud. Secondo i dati Istat, si riconosce uno sfruttamento con contratti fantasma da 15 a 35 euro al giorno, a dei giovani provenienti da Nigeria, Senegal, Costa d’Avorio, Gambia, Mali. Secondo le stime, vi sono diecimila lavoratori ammucchiati baraccopoli, veri e propri ghetti. Questo orientamento, tuttora evidente, abbassa il livello di cultura.
Viene in mente la nottola di Minerva (metafora usata da Hegel in filosofia), la quale si alza in volo solo quando le ombre della notte si stanno addensando. Vuol significare che una volta che l’innovazione economica, digitale, politica è avvenuta e sono state implementate funzioni forse sbagliate, ci si accorge dell’errore. Spesso gli errori sono irreversibili e le soluzioni giuste sono irrecuperabili, proprio come l’utilizzo degli strumenti finanziari. Posto che la banca ha convenienza a gestire i fondi finanziari, ma gli economisti e gli uomini di cultura perché non segnalano questa macroscopica stortura economica che da elemento ancillare ha, al punto che ha raggiunto valori elevatissimi rispetto al ceppo principale che l’economia reale, base produttiva del telaio strutturale della macroeconomia?
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