Dalla terra agli oceani, Trieste Next mette in mostra la ricerca italiana

Al Trieste Next, che stasera chiude. Abbiamo incontrato alcuni studiosi dell’OGS, (Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica Applicata). Il primo a rispondere alle nostre domande è stato il geologo Valerio Poggi, che si occupa del monitoraggio sismico dell’Italia nord-orientale, grazie a una rete sismologica concepita principalmente per allertare la Protezione civile.
Dottor Poggi, ci spiega di cosa vi occupate all’OGS?
Faccio parte del gruppo ricerche sismologiche. Il terremoto è uno di quei fenomeni di cui non si ha percezione, ci se ne ricorda solo quando avviene, le nuove generazioni tendono a dimenticare. Il nostro è un lavoro nascosto, ma cerchiamo di tenere la memoria attiva, il gruppo è nato in seguito al terremoto del Friuli, ma cerchiamo di mantenere viva l’idea che fenomeni che possono verificarsi. Con le scuole lavoriamo molto, in collaborazione con l’Università abbiamo un evento collaterale al Magazzino 27 del Vecchio Porto con la simulazione della scossa sismica, per fornire l’esperienza e la percezione del movimento. Creare la consapevolezza del rischio aiuta i cittadini a fare delle scelte e chi programma a valutare il rischio potenziale. L’elevata burocrazia, di cui spesso ci si lamenta, serve invece proprio a contrastare il rischio applicando le normative esistenti.
Esistono polizze assicurative anche in caso di terremoto. Quanti lo sanno?
La situazione in Italia è delicata perché da noi non c’è la cultura dell’assicurazione come in altri paesi e questo genere di tutele è abbastanza recente. Quindi assicurarsi in caso di terremoto non è una pratica diffusa.
Producete cartografie del rischio?
Non per il pubblico, si tratta per lo più di materiale tecnico scientifico, dedicato ai centri operativi come la Protezione Civile.
L’obiettivo di questa presenza a Trieste Next?
Si tratta di una occasione importante per portare il nostro contributo presentando il nostro lavoro.

Passando all’Oceanografia, altro settore di studio per OGS, abbiamo posto qualche domanda al dottor Fabrizio Zgur che ci ha annunciato l’arrivo della nave rompighiaccio Laura Bassi a Trieste, dove sarà visitabile dal 4 all’8 ottobre.
Cosa fa questa nave?
Acquistata tre anni fa dall’OGS, supporta le attività scientifiche e logistiche del programma di ricerca in Antartide, attuato per legge dall’ENEA. Ogni anno scende in Antartide da Ravenna, dove si trova la logistica ENEA, passando per la Nuova Zelanda, nell’estate australe, in cui i ghiacci sono più accessibili.
Cosa studia?
Si tratta di studi paleoclimatici su masse d’acqua e sottosuolo. L’area del Mare di Ross è sede di diverse stazioni di studio perché è un punto chiave della circolazione circumpolare che porta il freddo in tutto il mondo, per cui ricopre una particolare importanza sul mantenimento dell’equilibrio termico globale.
Perché Laura Bassi?
Per questa donna, Laura Maria Caterina Bassi Veratti, nata nel 1711, è stata la prima cattedratica italiana. Un tributo dovuto.
Che mi dice della nave?
Comprata per 12 milioni tre anni fa di seconda mano dal British Antarctic Survey, era utilizzata solo per la logistica da e verso l’Antartide. Il primo anno abbiamo solo monitorato punti fissi di monitoraggio, il secondo abbiamo attrezzato di strumentazione la chiglia della nave, ora ci stiamo attivando per posizionare nuovi punti di ancoraggio di rilevatori per implementare la rete di monitoraggio.
Per quando è prevista la prossima missione?
Per metà novembre e dai primi di gennaio partirà dalla Nuova Zelanda. Ma quello che vorremmo è utilizzare la nave anche in Artide a stagioni invertite, per ottimizzare anche i costi di gestione. Ma tutto dipende dai finanziamenti.
Anche l’oceanografo Manuel Benzi che si occupa di oceanografia fisica, dell’analisi dei dati sulla circolazione marina sia nel Mediterraneo che nelle aree polari, referente dell’OGS nella Commissione scientifica nazionale per l’Antartide, ha voluto darci qualche spiegazione.
Di cosa si occupa il suo gruppo di lavoro?
Quello di cui si occupa in particolare la sezione di oceanografia sperimentale è collocare punti di osservazione fissi di monitoraggio, corrispondenti a quelle che, sulla terraferma, sono le stazioni meteorologiche, e soprattutto di trovare i posizionamenti più significativi per la raccolta dati ricerca, che ci diano la misura delle variazioni dello stato fisico delle masse d’acqua soprattutto in profondità e in modo dinamico. Nel Mediterraneo, già dal 2006, abbiamo una stazione di misura fissa nel centro della fossa sud-adriatica, che è profonda 1200 metri. Ci aiuta anche un aliante sottomarino e strumenti di rilevamento superficiale per rilevare al passaggio anche in profondità.
Cosa ci dice il nostro Mare?
Il Mediterraneo è un sistema più facile da monitorare con le stesse dinamiche in piccolo della grande circolazione mondiale, può essere considerato un oceano in miniatura in cui anche la tempistica delle variazioni ha scala diversa ed è possibile fare delle osservazioni in tempi ridotti rispetto ai sistemi estesi.
#triestenext
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