Elettroni e fotoni senza più segreti. La ricerca di UniTrento

Un lavoro coordinato dall’Università di Trento insieme a quella di Chicago ha prodotto un’ipotesi universale per capire le interazioni tra particelle subatomiche e la luce. Lo studio, in prospettiva, può contribuire allo sviluppo di nuove tecnologie quantistiche. Ma anche alla scoperta di altri stati fisici della materia. L’articolo pubblicato sulla rivista Physics Review Letters

Trento, 26 agosto 2024 – (p.s.) La ricerca di nuove molecole o materiali con potenziali applicazioni tecnologiche o mediche parte anche dallo studio della fisica quantistica. Quando molecole o composti chimici interagiscono con la luce, possono modificare sostanzialmente le loro proprietà fisiche. Partendo da questa idea, il nuovo campo della chimica polaritonica ha l’obiettivo di produrre nuove reazioni chimiche utilizzando la luce come catalizzatore. Più in generale, il controllo delle interazioni luce-materia fornisce un mezzo per manipolare e sintetizzare nuova materia quantistica.
Un lavoro che, come sempre accade nella ricerca scientifica, procede per ipotesi e tentativi. Resi ancora più complessi quando l’oggetto di indagine è un sistema quantistico composto da una moltitudine di elementi diversi, cioè da elettroni, fotoni, fononi. Difficile calcolare con esattezza la loro “funzione d’onda”, cioè una funzione che contiene tutte le informazioni fisiche rilevanti per fare previsioni accurate riguardo il comportamento delle particelle quantistiche.
Un contributo arriva da un gruppo di ricercatori dell’Università di Chicago, coordinati da Carlos Leonardo Benavides-Riveros, assegnista di ricerca del Dipartimento di Fisica dell’Università di Trento, insieme al collega David A. Mazziotti dell’ateneo statunitense.  
Quello che gli studiosi hanno formulato è un’ipotesi universale – in fisica il termine esatto è “ansatz” – che possa aiutare a prevedere le interazioni tra tutte le particelle all’interno di un sistema quantistico a molti corpi. Una teoria che sia applicabile quindi non solo agli elettroni, ma anche a fotoni e fononi.
La chiave di lettura è data da un algoritmo quantistico, anch’esso universale, che gli scienziati hanno simulato su un quantum computer IBM, con un errore teorico sostanzialmente nullo.
È questo l’aspetto innovativo della ricerca: lo sviluppo di un unico approccio, valido per produrre ipotesi (“ansatz”, appunto) esponenziali di qualsiasi sistema quantistico a molti corpi che, se implementato su dispositivi quantistici, produce funzioni d’onda precise.
Una soluzione che, secondo i fisici, apre anche a nuove prospettive nello studio degli stati della materia.
«I sistemi che troviamo in natura non contengono mai solo elettroni, non sono isolati dal resto del mondo. La luce può modificarne la struttura», spiega Carlos Leonardo Benavides Riveros. «Quello che abbiamo fatto – prosegue – è stato introdurre altre particelle quantistiche. E seguendo la nostra formulazione universale del problema possiamo comprendere la struttura della sua funzione d’onda e quindi le sue proprietà fisiche».  
Carlos Leonardo Benavides-Riveros è arrivato nel 2022 all’Università di Trento dal Max Planck Institute for the Physics of Complex Systems di Dresda grazie a una borsa di studio individuale Marie-Curie. Conduce i suoi studi nei laboratori del Pitaevskii BEC Center, il Centro sulla Condensazione di Bose-Einstein, che opera presso l’ateneo trentino congiuntamente all’Istituto Nazionale di Ottica (INO) del CNR. I suoi interessi di ricerca si concentrano sul problema dei molti corpi della fisica quantistica. Si occupa di migliorare tecniche esistenti o di svilupparne di nuove che permettono lo studio di sistemi quantistici complessi.

L’articolo

Il lavoro “Exact Ansatz of Fermion-Boson Systems for a Quantum Device” è stato pubblicato sulla rivista scientifica Physics Review Letters.
È firmato da Samuel Warren e Yuchen Wang (Department of Chemistry and The James Franck Institute, University of Chicago). I coordinatori sono Carlos Leonardo Benavides Riveros (Pitaevskii BEC Center, CNR-INO and Dipartimento di Fisica, Università di Trento) e David A. Mazziotti (Department of Chemistry and The James Franck Institute, University of Chicago).
Lo studio è disponibile al link: https://doi.org/10.1103/PhysRevLett.133.080202

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