Elisabetta Franchi sul problema randagismo
Intervista alla stilista
Il mese scorso un triste episodio avvenuto a Sciacca, in provincia di Agrigento, ha portato prepotentemente alla ribalta delle cronache il problema sociale del randagismo.
Sono stati, infatti, con un potente veleno che ha agito in poche ore, uccisi venticinque cani randagi.
Le associazioni animaliste e molti privati hanno denunciato con forza l’episodio perché segno di grande inciviltà e incuria.
Tra le persone che hanno espresso un loro parere pubblicamente vi è la stilista Elisabetta Franchi, la quale pochi giorni dopo la vicenda ha acquistato una pagina in numerosi quotidiani nazionali, lanciando un appello a favore dei cani e accusando la Sicilia e, in particolare, la provincia di Agrigento.
Nonostante gli innumerevoli impegni, Elisabetta Franchi ha risposto alla richiesta di una mia intervista inerente l’argomento randagismo.
La propongo, quindi, ai lettori di WWWITALIA.EU
Lei ha preso posizione nella inquietante vicenda dell’avvelenamento dei cani di Sciacca. Sono venuta a conoscenza del fatto che lei è un’animalista e che il ricavato di diverse sue collezioni è interamente devoluto ad associazioni animaliste. Qual è il suo punto di vista di fronte all’aumento del randagismo e di tutti i problemi che esso comporta, prima fra tutti lo stato pietoso di come vivono i randagi?
Il randagismo è una piaga sociale che nel nord Italia siamo quasi riusciti ad arginare del tutto. Nel Meridione invece si tratta di un fenomeno molto esteso che deve essere fermato. Basti pensare che sul territorio siciliano, i cani senza famiglia e non detenuti in canile, nel 2016 sarebbero 39.450 a fronte di sole 5.266 sterilizzazioni effettuate. Nella sola provincia di Agrigento sempre nel 2016 la popolazione canina vagante sul territorio è stimata in 2.500 cani e sono state effettuate solo 187 sterilizzazioni. Un numero davvero esiguo. Le autorità che non gestiscono il problema in modo adeguato lasciano spazio a delinquenti che compiono atrocità come quella accaduta a Sciacca. Se chi di dovere intervenisse tempestivamente e si occupasse dei randagi non avverrebbero queste carneficine.
Nonostante gli sforzi delle associazioni, dei volontari ma anche di privati, non possiamo evitare di considerare il fatto tangibile che per un cane che viene adottato nascono dai sei ai dodici cuccioli. Unica soluzione sarebbe la sterilizzazione delle femmine mentre la speranza più auspicabile potrebbe essere che la gente non lasciasse accoppiare in maniera indisturbata i cani padronali e evitasse di abbandonare cuccioli e cani in genere. Che ne pensa?
La sterilizzazione è fondamentale per poter contenere le nascite: esistono leggi ben precise (una nazionale n.281 del 14 agosto 1991 e una regionale, n.15 del 3 luglio 2000) secondo le quali i cani randagi devono essere recuperati e sterilizzati. Per quanto riguarda l’abbandono dei cuccioli avuti dal proprio cane, ritengo sia un’azione non solo spregevole ma da veri irresponsabili: si mettono in pericolo degli animali e si contribuisce irrimediabilmente all’aumento del randagismo, esponendo queste creature a mani criminali di chi li maltratta, tortura e uccide senza pietà.
Oltre all’abbandono, ogni giorno possiamo leggere di maltrattamenti, sevizie e violenze di ogni genere sugli animali. Perché accade impunemente tutto questo?
Tutto ciò accade perché esistono esseri crudeli e senza rispetto che non vengono puniti a dovere, nonostante la legge parli chiaro. I cani sono creature indifese, è quindi nostro dovere proteggerle e fermare il randagismo è uno dei modi per farlo: togliere un cane dalla strada significa sottrarlo a potenziali malviventi dandogli la speranza di una vita dignitosa come merita.
È vero che nella sua azienda i dipendenti che possiedono una cane possono portarlo al lavoro? Pensavo che cose del genere avvenissero solo in America. Ci racconta qualcosa di come è nata questa sua idea e come hanno reagito i suoi dipendenti?
Ho scelto di adottare la dog hospitality all’interno della mia azienda per dare l’opportunità a tutti i miei dipendenti di avere vicino il proprio animale durante la giornata di lavoro. Stare a contatto con i nostri cani crea un ambiente più sereno e permette di smorzare quello stress che inevitabilmente si crea in un ambiente come il nostro.
Contrariamente a ciò che fa lei e alle leggi in vigore sa che i cani non sono ancora ammessi in molti luoghi? Secondo lei un fatto di arretratezza culturale o semplicemente superficialità?
La causa è la non conoscenza delle leggi: in molti luoghi mi è capitato di trovare cartelli che proibiscono l’ingresso ai cani, quando invece la legge non ha espresso alcun tipo di restrizioni in merito.
Lei è una stilista, come si può conciliare la moda con i soprusi agli animali che spesso essa esige?
Per realizzare capi di qualità non è necessario uccidere animali indifesi: esistono ecopellami ed ecopellicce bellissime con cui si possono creare collezioni incredibili senza il bisogno di uccidere un solo animale. Questa è la politica che ho scelto di adottare: qualcuno nel mondo del fashion mi ha sconsigliato di farlo, dicendomi che avrei rischiato di perdere quei clienti che amano le pellicce. Invece la mia decisione ha avuto successo e oggi molti altri designer come Armani e Gucci hanno scelto di seguire questa strada.
Grazie a Elisabetta Franchi e speriamo che molti possano seguire il suo virtuoso esempio.
Maria Paola Battista
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