Fame di relazioni e disturbi alimentari
Aspetti storici, psicologici e clinici del comportamento alimentare, se ne è parlato ieri, 9 ottobre, presso l’ex Carcere Borbonico di Avellino
Si è aperta ieri la IX edizione della Settimana per il benessere psicologico in Campania che terminerà il 13 ottobre.
Ieri l’inizio del convegno è stato caratterizzato dal video della Presidente dell’Ordine degli Psicologi della Campania Antonella Bozzaotra la quale, non potendo essere presente a tutte le iniziative, ha inviato il suo saluto tramite un video in cui ha sottolineato come è stato importante, questa volta, che i professionisti di varie branche si siano messi insieme per iniziative che riguardano il benessere e ha ringraziato i sindaci e i dirigenti scolastici per l’ospitalità.
La giornalista Eleonora Davide, che è stata moderatrice dell’incontro, nel salutare, ha voluto evidenziare l’importanza della rappresentazione mediatica dei disturbi del comportamento alimentare.
Ieri pomeriggio i relatori Marianna Patricelli psicologa psicoterapeuta, Irene Iannino psicologa, Gaetana Aufiero scrittrice, Katya Tarantino biologa nutrizionista e Vincenzo Prisco psichiatra psicoterapeuta dirigente medico, sono intervenuti per parlare di un argomento attuale e molto importante quale quello degli aspetti storici, psicologici e clinici del comportamento alimentare.
La scrittrice Gaetana Aufiero, la quale ha il pregio di cercare e trovare ogni volta almeno cinque libri che riguardino l’argomento trattato ed è conosciuta per la sua passione per la ricerca, attraverso, appunto, una ricerca, C’era una volta il cibo, ha analizzato il cambiamento sociale dell’ importanza del cibo. Argomento che da sempre ha interessato gli appassionati di cucina ma non solo perché si parla di gastronomia come si parla di fame ma, soprattutto, si parla di “cucina” cioè un luogo inizialmente assolutamente limitativo per le donne impegnate nella cura della casa e della famiglia e che poi, nel corso degli anni, si è trasformato per essere da un luogo principalmente statico a un luogo in movimento. Si arriva alla cucina moderna, del modello americano, pulita, linda e pinta, ordinata e, soprattutto, rapida. Rapida perché deve essere un posto di merenda, aperta perché si deve poter mangiare subito e scappare via. Parla quindi, Aufiero, della cucina del mondo moderno, quella del Take Away, la cucina del mordi e fuggi.
Tutto questo rappresenta il cambiamento sociale e la consapevolezza che prima il cibo fosse qualcosa di conviviale mentre oggi è solo nutrirsi e i vecchi proverbi come non si butta via niente cedono al “mordi e fuggi”.
La ricercatrice mette a fuoco l’ultimo concetto che è quello della nostalgia, la nostalgia che si comincia a far sentire in America dove i figli di seconda generazione vorrebbero tornare al passato, a quando la cucina, il pranzo o la cena erano un luogo e un momento di convivialità e non solo un atto pratico.
Dell’aspetto simbolico e relazionale parla la psicologa Irene Iannino il cui punto di partenza è che attorno al cibo si costruisce un mondo simbolico che fonda la qualità delle relazioni anche al di fuori della tavola.
Tutto inizia chiaramente con il rapporto con la mamma, con il nutrimento e la relazione è bidirezionale perché anche la madre modula il suo comportamento in base alle risposte fisiologiche del bambino.
Quindi il rapporto con il cibo viene anche ad essere uno stimolatore per le relazioni sociali perché viene portato non solo a tavola ma nella vita. Molto spesso il cibo, ad esempio, viene usato come strumento di consolazione, così il bambino interiorizza tale rapporto, il cibo diventa lo strumento di comunicazione quando il bambino utilizza il mangio non mangio per un ricatto, un dispetto o per veicolare un messaggio. Quando, crescendo, il bambino porta con sé da casa la merenda questo gli può far ben sperare nel ritorno dei genitori.
Dei disturbi del comportamento alimentare parla anche Katya Tarantino biologa nutrizionista la quale analizza, appunto, tutti i tipi di disturbi come l’anoressia e la bulimia nervosa e i disturbi mentali che coinvolgono profondamente e pericolosamente il corpo.
Fondamentale è lavorare insieme, cioè il lavoro di equipe, perché tutto parte da un problema psicologico che, però, può anche sfociare in un problema di tipo psichiatrico e il nutrizionista insieme agli altri professionisti deve scegliere la via migliore per cercare di risolvere la patologia. La parola chiave resta sempre la prevenzione soprattutto fra coetanei perché spesso i ragazzi si aprono più tra loro che con la famiglia e cercare di promuovere gli stili di vita salutari.
Presso il suo studio si praticano l’analisi bioempedenziometrica si valutano gli indici ematochimici e si guarda l’IMC cioè l’indice della massa corporea e dopo si elaborano terapie consigliate sia per l’anoressia che per la bulimia.
La dottoressa Marianna Patricelli è psicologa e psicoterapeutia e si occupa degli aspetti sistemico relazionali perché osserva tramite le relazioni.
Il suo punto di partenza è l’eziopatogenesi biopsicosociale.
Sono state rilevate delle comuni caratteristiche delle famiglie delle anoressiche: spesso sono delle famiglie molto intrusive, invischianti, iperprotettive e hanno la tendenza di risucchiare all’interno i figli e tutto questo sfocia in una grande attenzione all’accudimento e a evitare il conflitto diretto. Il no dell’anoressica vuole rappresentare una contrapposizione, un segnale di autonomia, di indipendenza ma anche un segnale di protesta, di allarme nel dire ai suoi familiari che lei non è perfetta come la si vorrebbe. Spesso sia l’anoressica che la bulimica mostrano bisogno di affetto, di cura, così il no di partenza va ancora di più a rafforzare il modo di fare della sua famiglia.
A volte i disturbi del comportamento alimentare sono in comorbilità con la depressione, con il disturbo ossessivo compulsivo e con i disturbi ansiosi. Ultimamente si sta profilando un’altra figura, quella delle anoressiche melanconiche che mostrano nel rifiuto del cibo il rifiuto alla vita.
Il dottore Vincenzo Prisco psichiatra psicoterapeuta ha, infine, analizzato gli aspetti farmacologici del trattamento. Sicuramente a seconda delle comorbilità si hanno dei trattamenti farmacologici specifici per cui bisogna valutare il cluster prevalente. Se percettivo cognitivo il farmaco può essere un antipsicotico, se è di tipo affettivo si possono somministrare serotonina e antidepressivi e se è ossessivo compulsivo ultimamente vengono usati gli SSRI.
La serata si conclude con un breve dibattito tra i relatori ed il pubblico e si presentano anche gli altri interessanti appuntamenti che si svolgeranno tra il Casino del Principe e il Circolo della Stampa sempre ad Avellino nei prossimi giorni.
Maria Paola Battista
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