Il dolore nell’eta’ dello sviluppo

Dott.ssa lei ha coniato l’espressione Pedagogia del dolore, che cosa significa?

Ho coniato l’espressione Pedagogia del dolore, per evidenziare i dispiaceri vissuti dai bambini e come gli insegnanti e i pedagogisti possano mettersi a loro disposizione con attenzione costante ed empatia.

Il dolore è parte integrante della nostra esistenza, fin da bambini può succedere di doverlo sperimentare. Il dolore può essere dovuto alla perdita di una persona cara o all’allontanamento di qualcuno, è una sofferenza dell’anima con cui a volte si convive, mentre in altre situazioni può manifestarsi in modo forte, divenendo quasi insopportabile. Un dispiacere può essere lieve, provocato ad esempio da una scaramuccia fra amici durante un’attività giocosa, oppure può assumere le caratteristiche del dolore profondo, dovuto a un evento traumatico capace di causare ferite importati.

La maggior parte degli studi si è sempre concentrata sul dolore conclamato che un adulto manifesta con patologie psicologiche e psichiatriche, evidenziate da disfunzionalità di diverso grado che concorrono a peggiorare la sua qualità di vita. Penso sia ora doveroso occuparci di come i bambini si rapportino alla sofferenza psicologica, quale tipo di ricaduta essa abbia sulla loro vita futura.

L’obiettivo da porci è quello di riuscire a mettere ogni bambino nella condizione di poter condurre una vita sana sotto tutti i punti di vista, affinché possa realizzare le sue aspettative sociali e affettive e possa veder esauditi i suoi sogni o almeno una parte di essi.

Soffrire è una peculiarità dell’essere umano a cui nessuna terapia, nemmeno la più innovativa potrà mai porre rimedio completamente, ma soffrire il meno possibile e con aiuto, è un diritto di tutti, dei bambini in particolare. Forse con nuove conoscenze nel campo della psicologia, stiamo provando a piccoli passi, a rendere meno dolorosa la vita di chi è attraversato dall’afflizione.

Cosa si intende per sofferenza dovuta all’ansia?

I bambini come gli adulti possono soffrire del disturbo dell’ansia che si manifesta attraverso pensieri particolari, per esempio inerenti la paura che succedano fatti spiacevoli ai propri famigliari o relativi al timore di non riuscire in un determinato compito. I bimbi possono esprimere la loro ansia attraverso emozioni negative, ma anche accusando sintomi somatici quali mal di testa, vomito, dolori addominali e agli arti, disturbi del sonno e dell’alimentazione, inoltre si possono registrare scarsa concentrazione, distrazione, negligenza e indolenza. Vivere in una dimensione ansiosa, provoca dunque un disagio globale nella vita del bambino, sia nella sfera affettiva che sociale, che del rendimento scolastico.

Il bambino afflitto avverte sempre una specie di peso da portare sulle spalle legato a un sentimento di preoccupazione. Compito degli insegnanti è di individuare questi casi, di operare un’osservazione sistematica dell’evolversi del disturbo, confrontarsi con i genitori dell’alunno, aprire un dialogo costruttivo al riguardo ed eventualmente consigliare un percorso psicologico.

In che termini si parla di disagio nell’età evolutiva?

I bambini assorbono modelli comportamentali non solo genitoriali, ma anche sociali, quindi ciò che accade intorno a loro va a incidere sulla psiche in modo piuttosto marcato, determinandone atteggiamenti, pensieri, desideri, ma anche disagi, con ripercussione quindi sula sfera emozionale. Per questi motivi dobbiamo prestare la massima attenzione anche ai minimi segnali di malessere espressi dai bimbi. Il legame fra corpo e anima è profondo e si influenzano a vicenda, qualsiasi episodio vissuto o agito, provoca sentimenti di diversa natura, positivi o negativi, degni di nota. L’esposizione a situazioni violente e problematiche, causa reazioni sia sul piano fisico che mentale, perciò l’insegnante ha anche il compito di decodificare la soglia di disagio sviluppata dall’alunno per poter essergli di ausilio, in casi gravi vanno interessati gli assistenti sociali. I sintomi a cui dobbiamo rivolgere la nostra attenzione sono i disturbi alimentari, se osserviamo che il bimbo rifiuta merende o pasti, o al contrario vuole abbondarne, qualcosa non va. Altri elementi importanti sono i mal di testa e di pancia che a volte lamentano gli alunni, spesso sottendono ad ansia, stress emozioni negative. Altro nodo cruciale è rappresentato dai disturbi di comportamento messi in atto in classe durante le lezioni, la disattenzione, l’insicurezza, la sonnolenza manifestata attraverso stanchezza eccessiva o al contrario l’iperattività. Massima attenzione va riservata a regressioni, enuresi, aggressività, timori eccessivi. Tutto ciò a volte può sfociare in difficoltà di apprendimento, non di tipo cognitivo, ma emotivo, che vanno indagate a fondo con l’eventuale ausilio di esperti. Noi docenti dobbiamo porre la massima attenzione alle domande non esplicite di aiuto che ci rivolgono i bambini, le loro rappresentazioni grafiche, le drammatizzazioni, le attività ludiche e musicali, possono favorire l’estrinsecarsi di dolore, della sofferenza e del disagio sommersi.


Dott.ssa Vergani lei ha coniato anche l’espressione Pedagogia della delicatezza, perché?
Ho coniato il termine Pedagogia della Delicatezza per sottolineare l’aspetto empatico e sensibile che dovremmo tutti avere nell’intrattenere rapporti con il prossimo. In primis a scuola: ogni insegnante è chiamato a esprimersi proprio con delicatezza
verso i suoi discenti, è il primo passo per aprire la strada al rispetto reciproco. Le bambine e i bambini modellano il proprio comportamento sulla base degli esempi che hanno davanti, a quelli si riferiscono per muoversi nella vita. Da qui bisogna iniziare
sia in famiglia che a scuola a rivalutare l’aspetto educativo all’interno di qualsiasi tipo di rapporto. Senza delicatezza, gentilezza, sensibilità, empatia e rispetto non si possono costruire scambi equilibrati a tutti i livelli. Mi riferisco sia ai rapporti fra genitori e figli, che a quelli fra docenti e alunni, a quelli sentimentali, amicali, professionali, di conoscenza. Penso vada recuperato l’aspetto umano in ogni situazione. Troppo spesso noto la mancanza di attenzioni reciproche fra adulti, ma anche nei confronti dei più piccoli e dei giovani. Una società senza armonia è vuota di valori e diritti. Sappiamo tutti che la natura intrinseca in ogni essere umano è connotata di pregi e difetti, di piccole e grandi meschinità, di falsità, di gelosie, invidie e rivalità. Credo sia giunto il tempo di fare un passo avanti in tal senso, la chiave va ricercata nella ragione di cui tutti siamo dotati, nel superamento della spinta impulsiva e reattiva, nel recupero della dimensione di mediazione, di autoconsapevolezza, di razionalità e autocontrollo. Ritengo fondamentale educare le nuove generazioni allo sviluppo dell’autostima e dell’autocontrollo, al rispetto delle diversità e all’accettazione delle divergenze quale momento di crescita personale e collettiva. Reputo dignitoso per tutti usare toni pacati e appunto delicati, per una nuova Pedagogia della Delicatezza attraverso cui ricercare l’equilibrio. I toni aspri non portano risultati, fungono solo da deterrenti immediati, ma sono vuoti di contenuti. Io appoggio la ricerca perseverante di pensiero critico ed espressione autonoma nel totale senso di civiltà. Ciò che ci deve accomunare deve essere la voglia di raggiungere obiettivi individuali e collettivi volti a tutelare l’intera umana, senza inutili prevaricazioni e abusi di potere. Ci riferiamo spesso alle life skill, ecco ritengo doveroso imparare a vivere con serenità per il bene comune. Le competenze umane per la vita sappiamo che servono per gestire e risolvere quesiti, situazioni complesse e problematiche. Sto parlando di life skills, cioè dell’insieme di abilità cognitive, emotive e relazionali di base, così enucleate dall’OMS, Organizzazione
Mondiale della Sanità, volte a consentire a tutti gli individui di agire in modo competente a livello personale e collettivo. Tali capacità favoriscono lo sviluppo di un comportamento consono a far fronte a tutti gli aspetti e insidie della vita odierna.
Quindi è fondamentale la capacità di adattamento a ogni situazione, a essa io abbino la capacità di usare delicatezza affinché ogni scelta e decisione possa essere ponderata e agita attraverso appunto questo aspetto. Solo così si concretizza una vera promozione alla salute e al benessere comune.

©Riproduzione riservata

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About CHIARA VERGANI

Chiara Vergani, insegnante, pedagogista, formatrice sulle problematiche del bullismo, specializzata in criminologia e tutela del minore. Tiene conferenze in tutta Italia, interviene in molti programmi televisivi e radiofonici, collabora con diverse testate giornalistiche. Ha pubblicato Lo scacco rosso. Storie di bullismo (2018); Mai più paura. Il bullismo spiegato a tutti (2019); Il mondo si è fermato. Non voglio scendere (Ebook 2020); Le voci della verità (2020); Libere dall’inferno (2021); Professione docente in tempi di guerra (2022); Bipolari in bilico (2022); Io sono Darty (2023); Soft skills (2023).