“Il Mese Classico”. Intervista a Roberto Roganti su Luigi Boccherini di Maria Teresa De Donato
Amici carissimi, oggi sono felice di ospitare di nuovo l’amico e collega Autore e Blogger Roberto Roganti che, per la sua Rubrica Il Mese Classico, ci presenterà un altro compositore classico.
MTDD: Ciao Roberto e grazie per essere di nuovo qui con noi.
RR: Grazie a te, Maria Teresa, per l’invito.
MTDD: Roberto, so che per oggi hai pensato di parlarci di un altro compositore di musica classica: Luigi Boccherini, che forse non tutti conoscono. Cosa puoi dirci di lui?
RR: Luigi Boccherini (Lucca, 19 febbraio 1743 – Madrid, 28 maggio 1805) era figlio di un contrabbassista; studiò il violoncello fin da fanciullo, e a 16 anni già si esibiva in pubblico. Nel 1757 si recava a Roma per terminare gli studi, subito dopo a Vienna, e nel 1761 rientrava a Lucca, dove nel 1764 diveniva primo violoncello nell’orchestra. A Firenze costituì dopo qualche anno il primo quartetto stabile di cui si conservi memoria, e nel 1767 conosceva a Cremona G. B. Sammartini, il grande sinfonista milanese. Dal 1768 al ’72 tenne concerti in Spagna col violinista Manfredi (che già aveva fatto parte del quartetto), e qui ottenne il posto di compositore e violoncellista da camera dell’Infante Don Luigi. A Madrid rimase tutta la vita, ma non ebbe fortuna negli ambienti della corte, tanto che solo da Federico il Grande poté ricevere, fino al 1797, una pensione che gli derivò dall’aver egli dedicato al re di Prussia molte composizioni.
MTDD: Nei passati incontri abbiamo visto come molti compositori classici di fatto vissero, triste a dirsi e malgrado il loro evidente talento, una vita di stenti… Fu anche il caso di Boccherini?
RR: Purtroppo sì. Con l’arrivo di Luciano Bonaparte le sue condizioni andarono incontro a un momentaneo miglioramento, ma egli finì i suoi giorni nella più squallida miseria.
MTDD: Cosa puoi dirci della sua produzione musicale?
RR: Boccherini è l’ultimo rappresentante della gloriosa tradizione strumentale italiana del ‘700. In un periodo in cui su tutti i teatri d’Europa imperava l’opera italiana, in cui la gloriosa scuola di Corelli, di Vivaldi, di Tartini trovava seguaci sempre più rari, Boccherini tenne fede incrollabilmente al genere strumentale, a cui dedicò la maggior parte della sua attività, lasciando nel campo vocale solo pochi lavori teatrali, qualche oratorio e alcune cantate.
MTDD: Paradossalmente molti artisti vengono rivalutati solo dopo la loro morte. È stato anche il caso di questo compositore classico?
RR: Sì. In tempi recenti, infatti, è stata intrapresa una meritoria rivalutazione dell’opera boccheriniana.
MTDD: In cosa si distinse la sua produzione musicale che lo ha reso meritevole di un’accurata e meritoria rivalutazione?
RR: Boccherini può essere considerato come un tipico esponente del rococò settecentesco, ma non gli si possono disconoscere alcuni tratti che denotano una sensibilità già aperta agli sviluppi posteriori della musica: è il romanticismo che fa capolino in certe vibrate linee melodiche dei suoi archi, o almeno è la scuola classicistica di Vienna che trova in lui, che pure non conosceva la produzione di Haydn e di Mozart, un corrispettivo inaspettato: segno dei tempi, ormai maturi per un rinnovamento dello stile. Peraltro la sua cantabilità strumentale rivela anche l’influsso dell’opera italiana del ‘700, assorbita in un temperamento incline ai toni soavi e a volte languorosi.
Violoncellista di grandissima classe oltre che compositore stimato dai contemporanei, egli introdusse una serie di importanti innovazioni nella tecnica del suo strumento, e i suoi undici concerti per violoncello e orchestra (non tutti di sicura attribuzione) costituiscono una pietra miliare nel quadro dello sviluppo della tecnica violoncellistica. Lasciò 30 sinfonie, di cui solo qualcuna è stata presentata ai pubblici odierni, ma la parte più notevole della sua opera sta nella produzione cameristica che comprende 16 sestetti, 113 quintetti per archi e numerosi altri per vari complessi strumentali, 102 quartetti per archi e altre composizioni per diversi strumenti.
MTDD: Vorresti parlarci di qualche sua opera in particolare?
RR: Certamente. Nel gruppo delle Sei Sinfonie dell’Opera 12 di Boccherini, la numero 4, La casa del diavolo, è la più conosciuta ed eseguita. Si caratterizza per la particolare intensità espressiva del finale che reca il titolo “Chaconne qui représente l’Enfer et qui a l’été faite à l’imitation de M. Gluck dans le Festin de pierre”; è un pastiche della Danza degli spettri e delle furie composta da Gluck per il balletto Don Giovanni o Il convitato di pietra, e riutilizzata anche nell’Orfeo ed Euridice.
La “Casa del diavolo” si articola in tre movimenti, con il tema ricorrente del violoncello presente nel primo e nel terzo, da cui prende nome la sinfonia per il frenetico susseguirsi di scale con lugubri pizzicati degli archi.
Si apre con un “Andante sostenuto” che trasmette un senso di preoccupazione, come un presagio funesto. Il successivo “Allegro assai”, in forma sonata, vede contrapposti archi e fiati; l’andamento è scorrevole, cantabile, e l’atmosfera drammatica suggerita all’inizio, adesso appare come un accenno.
Il secondo movimento, “Andantino con moto”, viene eseguito dai soli archi; il ritmo staccato trasmette angoscia e sembra di immaginare qualcuno che brancola nel buio.
Il terzo movimento “Andante sostenuto – Allegro con moto”, inizia con una inquietante introduzione. Note ripetute degli archi e accenti penetranti degli oboi, e poi il rincorrersi furioso di figure scalari, scattanti e agitate.
MTDD: Grazie Roberto per tutte queste informazioni e per averci presentato un compositore forse non tra i più noti ma la cui opera è sicuramente di valore e merita di essere apprezzata. Ti aspetto per presentare altri famosi e meno famosi compositori classici.
RR: Grazie, Maria Teresa. È sempre un piacere essere tuo ospite.
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