Il rebus degli anziani. Il focus di Giuseppe Rocco

L’anziano era, non molto tempo fa, il segno della saggezza e del rispetto umano. Come ha potuto in pochi anni di secolarizzazione cadere in una posizione compromessa, in cui è diventato qualcosa da dimenticare e da vituperare!

Certamente uno dei punti deboli del sistema umano sono necessariamente gli anziani, che portano addosso il peso dell’età e la fragilità senile. Una condizione comprensibile, determinata da una caduta delle difese immunitarie. Fin qui nulla di sorprendente. Il problema nasce quando l’anziano diventa vittima dell’efficientismo selvaggio, che accentua una patologia esistente e che deturpa un’età, che andrebbe valorizzata per acquisirne la miniera di saggezza.

L’efficientismo selvaggio diventa un mezzo per bloccare le capacità e le attività senili, poiché si pretende uno standard ormai impossibile col tempo. Ma il problema non è questo; è il vilipendio e mancanza di umanità della società, che maltratta coloro che hanno lottato per avviare una comunità civile.

Parliamo proprio di civiltà. La scelta della Svezia (che ritenevamo uno delle nazioni più civili) di rifiutare le cure anticovid a coloro che avevano compiuto gli ottanta anni e la Cina (certamente meno civile), che ha fatto altrettanto, sono esempi di recrudescenza barbarica. Commentiamo dati ufficiali certi, riportati sulla stampa internazionale, ma non escludiamo casi non apparsi ufficialmente in altre nazioni.

Nell’andamento della vita odierna è subentrato il mito della gioventù, divenuto simbolo di certezze.

La storia ci ha donato la società industriale, che nel presentare tanti vantaggi relativi alla prosperità e all’agiatezza, ha comportato un cambio di organizzazione, basata sulla famiglia nucleare. In questa nuova visione si assiste al lavoro della donna e alla divisione dei compiti. Le cosiddette nuove famiglie si sono avvertite dagli anni settanta. L’aggettivo “nuove” indica proprio la novità legata all’utilizzo del sostantivo famiglia; infatti, oggi la famiglia assume molteplici configurazioni: famiglie con un solo genitore, famiglie ricostruite, famiglie unipersonali e famiglie di fatto.

L’anziano non trova più un posto dignitoso. Spesso viene relegato in casa di riposo, poiché nessuno può accudirlo, in preda all’egoismo e alla ricerca di falsa felicità. Con la nuova gestione l’anziano perde il carisma e cade nell’opacità, senza poteri e senza l’espressione della sua saggezza, una pedina noiosa. La cosa biasimevole purtroppo è la carenza di affetto, in quanto riceve poche visite e solidarietà da parte dei figli, i quali molto spesso si sacrificano per il mantenimento del cane, dimenticando il genitore che li ha cresciuti.

Quando si avvia un meccanismo perverso come quello in narrativa, l’andazzo non può che peggiorare. Nella carriera politica, arrivano i cosiddetti rottamatori, i quali vogliono gestire le istituzioni da giovani senza attendere il loro turno e cercano di detronizzare gli esperti, additandoli come vecchi. In Italia l’operazione blasfema è riuscita e così abbiamo potuto intravvedere governi di giovani, purtroppo inesperti e incapaci di gestire una nazione del calibro dell’Italia.

Credo che l’aspetto saliente del problema sia l’impostazione del sistema di vita, certamente valido ma incompleto: quello latino-italiano. Assolutamente inefficiente e disumano appare il modello americano, basato sulla privatizzazione dell’assistenza medico-ospedaliera. La filiera americana, per sopperire alla mancanza dell’intervento pubblico, deve ricorrere all’ideologia privatistica, che fa riferimento alle assicurazioni in grado di intervenire per il rimborso delle spese sanitarie. Questo tipo di scelta, accettabile nel corso della vita, diventa una sciagura nell’età senile, in cui le assicurazioni non hanno convenienza a sostenere spese eccessive. L’anziano è ricettivo di malattie croniche che porterebbero le assicurazioni al fallimento. Queste perseguono il profitto e a settant’anni interrompono l’assistenza: tutto regolare e comprensibile per un’azienda, meno comprensibile per uno Stato, che abbandona i deboli e gli anziani. Il sistema italiano svolge funzioni prevalentemente pubbliche e si presta all’erogazione di spese per tutti i cittadini. In via di massima il sistema funziona, ma negli ultimi anni comincia a scricchiolare per la volontà erronea dei governi che hanno ridotto le risorse in questo basilare settore.

Guardiamoci in faccia e diciamocelo chiaramente: viviamo in una società senza scrupoli, che emargina e discrimina le persone quando queste, dopo una vita di duro lavoro, non servono più, anzi vengono considerate a tutti gli effetti una zavorra per un apparato socio-economico sempre più orientato a produrre ricchezza e sempre meno disponibile a sostenere coloro che, dopo aver dato, non possono più produrre e hanno poco da consumare. Altro che esseri umani, siamo diventati esseri usati e gettati.

Ma nella nostra società progressista, che ha tutto, e tutto tritura e consuma, quale “pericolo” rappresentano gli anziani? Sono forse diventati un ostacolo per il nostro tempo mai sufficiente, un intralcio nella nostra folle corsa del mondo postmoderno? Del resto, se non abbiamo tempo per noi stessi, per i nostri figli, per ascoltare gli amici, se non abbiamo tempo per coltivare le nostre passioni, inseguire i nostri sogni, per fare l’amore con lentezza, come possiamo avere del tempo per i nostri nonni, per guardare la televisione con loro, per camminare alla loro stessa velocità e, soprattutto, per stare lì ad ascoltarli?

Addirittura: anziani soli, nonni dimenticati, con addosso la “malattia” più grave: l’abbandono. L’ingiustizia più grave che una persona anziana possa subire, dopo tutto quello che ha prodotto, dopo il suo contributo da cittadino, viene abbandonata proprio quando ha bisogno del nostro aiuto, del nostro amore e del nostro tempo.  Pensate che in Giappone sono molti gli anziani a preferire la galera al destino crudele della solitudine da abbandono. Così ti ritrovi l’anziano che rubacchia qualcosa per finire in una comunità, quella carceraria, che non sarà la più confortevole delle situazioni, ma certamente migliore di un’esistenza vuota e solitaria.

In tempi recenti si è formata un’altra forma di violenza contro gli anziani. Prevalentemente si registra una forma di abuso insidioso con atteggiamenti negativi e stereotipi legati agli anziani, in cui domina l’esaltazione della giovinezza e nel contempo la svalutazione della vecchiaia, considerata una fascia di età priva di connotazioni positive.

Abbastanza spesso leggiamo sulla stampa forme di violenza nelle RSU, profittando della fragilità dei soggetti. Secondo l’ultimo rapporto dell’OMS, un anziano su sei ha subito una qualche forma di abuso grave durante lo scorso anno. Considerando il progressivo invecchiamento della popolazione, si stima che nel 2050 si raggiungerà il numero di 320 milioni di vittime. Il fenomeno è abbastanza grave, se si pensa che la maggior parte dei casi risulta sommerso.

Alla persona viene universalmente riconosciuta una dignità altissima, una sacralità inviolabile, un valore assoluto (non strumentale): l’uomo è degno di stima e di rispetto sempre ed ovunque, per sè stesso e non per la sua razza, la sua età, la sua religione, il suo sesso, la sua salute, le sue ricchezze.

La crisi culturale molto grave che sta attraversando la nostra società nel terzo millennio, è una crisi di valori. La società attuale è una babele di codici, di valori, di atteggiamenti opposti ma interscambiabili; la sua cultura è caratterizzata da un relativismo assiologico integrale, che consente a ognuno di stimare valido, degno, nobile grande ciò che gli conviene; spesso il relativismo si trasforma in nichilismo. Le conseguenze del crollo della dimensione assiologica sono terribili: il tessuto sociale si logora rapidamente ed è destinato alla disgregazione; la cultura procede verso la dissoluzione e l’uomo regredisce non alla condizione della sua originaria innocenza, bensì allo stato selvaggio.

Bisogna elaborare un’etica dei valori, in cui si rivendica a questa entità una dimensione ontologica che sfugge alle minacce psicologiche. Il termine valore ha tre significati: economico, etico e ontologico. In economia significa denaro; in etica indica virtù; in ontologia dice la qualità per cui uno possiede dignità e rispetto.

Senza voler disturbare la metafisica, che può essere assunta nell’anziano, ma certo che dobbiamo in primis pensare alla fisica, ossia all’importanza esistente ed essenziale di tutte le componenti della società, compresa l’età della senilità.

©Riproduzione riservata

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About Giuseppe Rocco

Esperto di commercio estero. Vice Segretario generale della Camera di commercio di Bologna sino al 31.1.2007; Docente esterno presso l’Università di Bologna, Istituto Economico della Facoltà di Scienze politiche, in qualità di cultore dal 1990 al 2006, di “Istituzioni Economiche Internazionali” e in aggiunta dal 2002 al 2006 di “Diritti umani”; Pubblicista iscritto all’Albo dei Giornalisti dal 1985; 450 articoli per 23 testate nazionali; in particolare consulente del Il Resto del Carlino, in materia di Commercio internazionale, dal 1991 al 1995; Saggista ed autore di 53 libri scientifici ed economici; Membro del Consiglio di Amministrazione del Centergross dal 1993 al 2007;Membro del Collegio dei periti doganali regionali E. Romagna, per dirimere controverse fra Dogana ed operatori economici dal 1996 al 2000, con specificità sull’Origine della merce.