IL RICERCATORE HMADREZA DJALALI RISCHIA LA SENTENZA CAPITALE

L’UNIVERSITÀ DI PADOVA IN PRIMA LINEA PER IL SUO RILASCIO

Ahmadreza Djalali è un ricercatore irano-svedese conosciuto e stimato a livello internazionale come medico e ricercatore, esperto di medicina dei disastri e assistenza umanitaria.

Usiamo ancora il presente per Ahmadreza Djalali, vogliamo fermamente usare il presente.

Oggi pesa 51 kg e sta per essere trasferito nella prigione di Raja’i Shahr a Karaj perché venga eseguita la sentenza capitale a cui è stato condannato dalle autorità di Teheran. Lo sappiamo tramite Vida Mehrannia, moglie Djalali, che, per la prima volta dopo oltre un mese, ha avuto la possibilità di parlargli al telefono per appena due minuti.

Nel 2016 Djalali viene arrestato mentre si trovava in Iran per partecipare ad alcuni seminari ai quali era stato invitato nelle università di Teheran e Shiraz. Durante la detenzione e il processo Djalali non ha potuto difendersi liberamente, è stato torturato psicologicamente e fisicamente ed è stato privato delle cure mediche necessarie.

«La difesa dei diritti accademici e, prima ancora, umani di un ricercatore è la difesa dei diritti per tutti, nello spirito della Patavina libertas che dura da 800 anni – dice Alessandro Paccagnella, Prorettore alle relazioni internazionali dell’Università di Padova -. L’ampia mobilitazione delle coscienze suscitata da questo caso è un messaggio e un’opportunità di riflettere per il suo Paese, e non solo: un popolo di antica civiltà e patria di antica scienza non può sentirsi così minacciato da uno studioso da doverne fermare per sempre il pensiero».

La comunità accademica si mobilita con la Scholars at Risk (SAR) un network di oltre 500 università distribuite in 40 Paesi (tra cui l’Italia) che sostiene e incentiva il valore della libertà accademica. Nel gennaio 2018, SAR ha promosso la campagna #SaveAhmad attraverso i social media per esercitare pressioni sulle istituzioni pubbliche per sostenere il rilascio di Djalali.

Oggi tutti abbiamo la possibilità di far sentire ad Ahmadreza Djalali il nostro sostegno anche sottoscrivendo l’appello in rete al link https://www.scholarsatrisk.org/actions/ahmadreza-djalali-iran/.

«Abbiamo notizie che sono chiaramente tragiche e che ci hanno commosso profondamente – dice la professoressa Claudia Padovani, docente all’università di Padova di Governance della comunicazione e nel coordinamento nazionale della rete Scholars at Risk (SAR) e da anni in prima linea per la liberazione del medico e ricercatore -. Si tratta di una storia ormai lunga, parliamo di un ricercatore che è incarcerato per anni a seguito di un processo non regolare, come rilevato da un rapporto delle Nazioni Unite, e per il quale si sono mobilitate sia la comunità accademica che le organizzazioni internazionali dei diritti umani. Come SAR Italia al momento abbiamo presentato un’altra lettera all’ambasciatore iraniano in Italia – continua Claudia Padovani –. Ricordiamo che l’Italia è coinvolta direttamente perché Djalali ha fatto ricerca ed è stato nel nostro Paese. La nostra richiesta è di aderire tra gli altri all’appello di SAR International, seguire i nostri social e dare la maggior diffusione possibile alla vicenda attraverso gli hashtag indicati. Credo che in questo momento sia responsabilità di ognuno far sentire la propria voce di fronte a una violazione così terribile dei diritti umani e della libertà accademica».

Ahmadreza Djalali è un ricercatore irano-svedese conosciuto e stimato a livello internazionale come medico e ricercatore, esperto di medicina dei disastri e assistenza umanitaria. Nel corso della sua carriera aveva lavorato con diverse università, tra cui il Karolinska Institutet di Stoccolma, dove aveva completato il suo dottorato, la Vrije Universiteit di Bruxelles e l’Università del Piemonte Orientale, dove aveva contribuito alla creazione del Centro di ricerca in emergenza e disastro (Crimedim). Sempre in Italia aveva partecipato a un progetto che valutava il livello della preparazione degli ospedali sulle situazioni in emergenza.

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