Il Trattato di Osimo, una ferita sempre aperta

Le rivendicazioni delle associazione degli esuli affidate al governo dal presidente dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia, Renzo Codarin, in una nota, giunta in redazione.

47 anni sono trascorsi dal 10 novembre 1975, allorché, firmando il Trattato di Osimo in maniera frettolosa e riservata, l’Italia pose fine alla questione bilaterale ancora aperta con la Jugoslavia (comunista, ma con rapporti privilegiati con le potenze occidentali nell’ambito della Guerra fredda) riguardo la definizione del confine nell’area di quelle che furono le Zone A e B del mai costituito Territorio Libero di Trieste.

La Repubblica italiana rinunciava alle rivendicazioni nei confronti della ex Zona B, su cui era ancora formalmente sovrana, essendo in vigore dal Memorandum di Londra del 1954 la semplice amministrazione civile jugoslava. Come compensazione, si sarebbe dovuta realizzare una Zona Franca Industriale sull’altipiano carsico presso Trieste, ma la protesta dei triestini contro un progetto dal così pesante impatto ambientale e dalle dubbie ricadute economiche per il tessuto produttivo cittadino si saldò con le manifestazioni degli esuli che dopo decenni di promesse vedevano invece ufficializzare la cessione dell’ultimo lembo d’Istria ancora in sospeso tra Roma e Belgrado.

Tramontata la Z.F.I., definito il confine marittimo italo-jugoslavo in maniera tale da non penalizzare il porto di Capodistria, che così consolidava il suo ruolo di concorrente di Trieste, restava l’indennizzo che il regime jugoslavo si impegnò con successivi accordi a versare con riferimento ai beni abbandonati dagli esuli, nazionalizzati e confiscati dalla dittatura titoista. L’implosione della Jugoslavia (sopravvissuta poco più di un decennio alla morte del suo dispotico padre e padrone) interruppe il flusso dei pagamenti pattuiti. Slovenia e Croazia in quanto Stati successori ereditarono quest’onere per competenza territoriale e procedettero in maniera unilaterale a versare un risarcimento stabilito da Lubiana ovvero a procrastinare sine die quanto dovuto da parte croata. La Farnesina non prese posizione al riguardo, pur intrattenendo cordiali rapporti e collaborando in svariati ambiti con le diplomazie delle vicine repubbliche.

La stipula del Trattato di Osimo fu effettuata da parte italiana da un funzionario del Ministero dell’Industria di fiducia di Aldo Moro, bypassando il lavoro che stava conducendo il Ministero degli Esteri. Nella ricorrenza di tale stipula, l’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia auspica che il nuovo Ministro degli Affari Esteri riprenda in mano la situazione ed avvii, nell’ambito della comune appartenenza all’Unione Europea, una trattativa trilaterale in cui ridefinire con nuovi parametri di riferimento il risarcimento dovuto e concordare le modalità di riscossione.

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