In nome del Padre. La recensione dell’ultimo romanzo di Massimiliano Amatucci (no spoiler)
Una spy story avvincente che lascia col fiato sospeso il lettore fino all’ultima pagina quella realizzata da Massimiliano Amatucci, avvocato napoletano. Ma non si tratta della sua opera prima. Il nome del Padre, pubblicato da Kairòs nell’ottobre 2019, segue infatti a una serie di gialli polizieschi che dal 2016, anno di pubblicazione de L’Agnello di Dio, vide come protagonista il commissario Profumo.
Con In nome del Padre, Amatucci trasforma le paure nel terrorismo islamico in un vero e proprio thriller che non ha nulla da invidiare alle opere dei maestri che hanno preceduto Amatucci. Penso a Glenn Cooper nella descrizione delle scene più dinamiche del romanzo che, catapultando il lettore in inseguimenti rocamboleschi, fanno battere il cuore a mille. Nel romanzo, la lotta tra due mondi si traduce in una vera e propria guerra da combattere fino all’ultimo sangue, nonostante i punti di partenza fondino le loro ragioni su motivi religiosi. Anche la lotta individuale e personale che i protagonisti vivono con le proprie convinzioni non viene taciuta dall’autore che così riesce a rendere reali i suoi personaggi, uomini e donne del nostro tempo ma dotati di abilità e coraggio più propri degli eroi della fantasia.
Il protagonista, partenopeo in fuga da una realtà avvilente, fa scelte precise e definitive di vita che lo porteranno, nella sua ricerca della giustizia, a vivere in forte contraddizione con ciò in cui crede; i suoi antagonisti, uniti dal loro credo, interpretano i cliché assimilati dalla visione occidentale della jihad islamica; l’amore invece attraversa il romanzo con la dirompenza di una saetta.
Avvincenti sono le ambientazioni scelte dall’autore in tre delle città più attraenti d’Europa, Napoli, Parigi e Londra, che fanno da scenario all’evolversi degli eventi che si susseguono ad un ritmo incalzante insieme ad azzeccati colpi di scena.
Alla domanda sul perché la scelta dell’argomento sia ricaduta sull’integralismo islamico, l’autore risponde «Innanzitutto perché è un tema che negli ultimi anni ha dominato la scena internazionale, entrando nelle case di tutti e lasciando un profondo senso di insicurezza in gran parte del mondo occidentale. È un argomento che mi ha colpito molto mettendo anche in discussione alcune certezze della mia visione della storia e della cultura occidentale. Ho sentito così la necessità di esprimere il mio punto di vista all’interno di un thriller».
Il mio giudizio sul libro è estremamente positivo sia per la scrittura, corretta, precisa, consona all’argomento trattato, sia per la perfetta sequenza degli eventi che vengono concatenati in modo logico ed efficace rendendo la narrazione, e la conseguente lettura, fluida, scorrevole e veloce. Non ne farei però un testo di approfondimento sullo scontro tra religioni perché toglierei efficacia alla spy story e forza alle argomentazioni esposte dall’autore, che sono evidentemente di tutt’altra natura.
L’AUTORE. Massimiliano Amatucci nasce nel settembre del 1973 a Pomigliano D’Arco. Dopo gli studi classici al Genovesi di Napoli, si laurea in Giurisprudenza all’Università Federico II e diventa avvocato, professione che svolge tuttora. Cresciuto a Napoli, dopo un’esperienza londinese di un paio di anni, attualmente vive con la compagna a Torre Annunziata. Da sempre appassionato di letteratura, nel 2016 ha pubblicato il suo primo romanzo: “L’agnello di Dio” (Watson Edizioni – Roma), dando vita ad una serie poliziesca che vede come protagonista il commissario Profumo. È del 2018 “La catena dei santi” (Romanzi Nulla Die).
Massimilano Amatucci –
In nome del Padre
Kairòs Edizioni 2019
Collana: Sherazade
pp.252
Prezzo: € 15,00
ISBN: 9788832297089
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