Intelligenze artificiali e il futuro del giornalismo
Venerdì 5 maggio si è svolta una conferenza all’Istituto Francese a via Crispi a Napoli: giornalisti e ingegneri per discutere del “Futuro del giornalismo. Digitale. Artificiale?” Personalità del mondo universitario e dell’ordine del giornalismo per confrontarsi con il nostro tempo dove la tecnologia segue un progresso costante e ha un’ingerenza sempre più significativa nelle nostre vite. Tra i convenuti Peter Gomez che, dalla sua redazione del Fatto Quotidiano, sottolinea la fondamentale differenza tra informazione e giornalismo, dove la prima può avvantaggiarsi dell’intelligenza digitale per ottimizzare il tempo necessario a stilare articoli, mentre il vero giornalismo è fatto di ricerca, verifica dei dati, documentazione. Il giornalista deve ricercare la verità di un accadimento, ne deve essere testimone diretto. Per cui sì avvalersi della possibilità molteplici che la tecnologia offre alla semplificazione di qualsiasi attività, ma impiegare il tempo guadagnato a scavare nell’umano, a ricercare la verità. L’uomo capace di creare intelligenze risolutrici di domande, in modo artificiale che però può indurre alla pigrizia intellettiva e che comunque non contengono tutte le risposte di cui l’uomo ha bisogno, prima di tutto la conoscenza del sé e della propria coscienza. Come si fa a fermare il tempo che corre verso un pericoloso allontanamento dal reale? Macchine che si sostituiscono all’azione umana, il metaverso, con le sue molteplici possibilità di realtà virtuali, sono progressi attrattivi, probabilmente inarrestabili, forse appartengono ai figli del tempo futuro, incomprensibili per chi è nato nel ‘900. Pensare che un’intelligenza artificiale possa produrre articoli, sceneggiature perfette, poesie, addirittura partiture per concerti, come ci hanno dimostrato alla conferenza due violinisti e una violoncellista, e possa sostituirsi all’emozione, a un sentimento, a un’intuizione, fa un po’ spavento, soprattutto se non riusciremo a distinguere l’artificiale dal naturale. Per Gates la chatGPT sarà in grado di sostituire gli insegnanti, ma forse gli sfugge che l’apprendimento passa per la relazione emotiva empatica. Qualche scienziato già ci avverte del rischio di essere dominati da queste intelligenze o diventarne dipendenti, come già siamo dai nostri device e dai social. Per fortuna Fiorello ha pensato ad un contrappasso con la sua “ignoranza artificiale”, una gag che mette in luce con ironia i nostri tempi.
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