Intervista a Roberto Toppetta, autore di Il buio in testa
Il nostro appuntamento mensile con la rubrica L’autore del mese, dedicata agli autori segnalati dal gruppo Facebook La Casa del Menestrello, oggi è dedicato allo scrittore Roberto Toppetta, a cui porrò alcune domande. Il gruppo Facebook accoglie scrittori e lettori per la divulgazione di opere e la condivisione di opinioni e recensioni, oltre ad organizzare eventi, premi e video-presentazioni ed video-incontri, grazie all’attivismo dell’instancabile Domenico Faniello. Chi volesse leggere le precedenti interviste le trova QUI.
Una storia complessa, spettri che ritornano e che fanno pensare a un noire psicologico. Nel suo romanzo Il buio in testa le figure femminili che ruotano intorno a Rino, il protagonista, tessono involontariamente la trama della sua vita. Ci vuole parlare di come è nato questo romanzo e cosa rappresenta per lei?
Sì, il libro vive in larga parte sulla psicologia e sulle donne. La psicologia mi intriga, l’universo femminile mi ammalia. La vita mi ha portato a fare il giornalista in Tv (e il saggista), ma la voglia di scrivere un romanzo l’ho sempre portata dentro, tanto che la figura di Rino l’ho modellata su quella del protagonista di un racconto che scrissi a vent’anni, ai tempi dell’università. E l’università è il suo ambiente di lavoro. Il buio in testa è l’approdo di un progetto culturale, il coronamento di un sogno. E mi ha liberato da un impegno che inavvertitamente avevo preso con me stesso.
Il suo interesse per la Storia, testimoniato da saggi che ha pubblicato, Il Divo Augusto e Aureliano l’imperatore soldato, fa in qualche modo capolino anche nel romanzo. Vuole spiegare ai nostri lettori come si passa dalla saggistica al genere del romanzo?
La saggistica e la narrativa sono due tipi di scrittura diversi. Quando scrivo un saggio, ho sulla scrivania diversi tomi degli autori antichi dai quali traggo ispirazione e documentazione. Quando invece scrivo testi di narrativa, mi affido alla fantasia, Cerco di creare scenari e figure, anche se i personaggi principali li traggo dalla vita reale e li inserisco in un ambito culturale e storico. Passare da un tipo all’altro di scrittura non è semplice, ma è la mia natura. E scrivendo di narrativa mi viene spontaneo ragionare di storia e di letteratura. Capisco bene che in questo modo le mie narrazioni rischiano di essere di nicchia.
La capacità di passare da un registro a un altro manifesta ricchezza intellettuale, a mio avviso. Mi tolga una curiosità: della sua carriera di giornalista, come cronista parlamentare e curando rubriche di economia e questioni sindacali sulla Rai, quale ricordo le è rimasto impresso e quale insegnamento?
Io ho avuto il privilegio di lavorare per 23 anni al TG3 Nazionale, un ambiente accomunato dalla voglia di fare informazione obiettiva in un contesto generale dove era l’interesse di parte a prevalere. Ho mille ricordi in testa, anche perché ho seguito in modo permanente tre presidenti del Consiglio in Italia e nel mondo (D’Alema, Amato e Prodi), ma quello più presente riguarda il viso di Ilaria Alpi, con la quale pranzai a mensa prima che partisse per la Somalia dove fu uccisa. Lei è morta per informare! Il TG3 è stato per me una palestra di vita. Mi ha insegnato a vivere e ha rafforzato i miei ideali.
Un ricordo che ha scosso tutti noi, ma soprattutto il mondo dell’informazione. Cosa si sente di dire ai giovani che oggi si affacciano a questa nobile professione?
Devono sapere che oggi i novizi sono in genere mal pagati, hanno meno opportunità e meno soddisfazioni rispetto al passato, per colpa di Internet e dei vari social, che spesso spacciano per vere notizie false, facendo concorrenza a giornali e TV. La gavetta è lunga e faticosa. Ma quella del giornalista resta una delle migliori professioni al mondo e chi sente di averne la vocazione tenti tutto il possibile per poterla svolgere. C’è tanto bisogno di nuovi Montanelli, nuovi Biagi, Bocca, Scalfari. La storia del giornalismo italiano l’hanno fatta loro e chi vuole seguirne le tracce è da loro che devono prendere esempio.
Mi trova completamente d’accordo. Si tratta di un bellissimo mestiere, oggi, ahimé, sempre più difficile da praticare. Ha un prossimo progetto editoriale di cui ci vuole parlare? Oppure appuntamenti o incontri che intende annunciare?
Ho appena consegnato all’editore Bertoni (che ha pubblicato Il buio in testa) un nuovo saggio storiografico sull’antica Roma nel periodo delle discordie sanguinose tra le fazioni, gli ottimati e i popolari, che condussero alla cosiddetta “rivoluzione romana”. Il titolo provvisorio è Il secolo maledetto di Roma antica. Il saggio parla dei cento anni e oltre che vanno dalla morte violenta dei fratelli Gracchi alle guerre civili, dalla morte di Cesare al trionfo di Ottaviano contro Marco Antonio e la regina Cleopatra, che lo portò a fondare l’Impero romano con il nome di Augusto e ad assicurare altri secoli di vita all’epopea di Roma, prima delle invasioni barbariche.
Ci risentiremo allora, spero, per parlare della sua prossima pubblicazione. Ci tenga informati e grazie per aver risposto alle mie domande.
©Riproduzione riservata
- Lettere dal fronte è in dirittura d’arrivo. Prossima la pubblicazione di Gianluca Amatucci - 21 Febbraio 2024
- Gaber, parole e libertà. Lo spettacolo di Paolo De Vito ad Avellino - 13 Febbraio 2024
- Poesia, vernacolo e sperimentazioni. Intervista a Stefano Baldinu - 4 Febbraio 2024
- L’Accademia Arte e Cultura “Michelangelo Angrisani” in attesa della ripresa delle attività - 21 Gennaio 2024
- Atripalda, i giovedì di riflessione in biblioteca. Si parte con l’Immigrazione - 11 Gennaio 2024
- Poesia e tanto altro ancora. Intervista a Vito Davoli - 7 Gennaio 2024
- In quest’immagine avrò vissuto di Vera Mocella. La recensione - 2 Gennaio 2024
- Come mettere in atto l’identità missionaria. Intervista a Elvira Napoletano sul Progetto Avellino-Dakar - 18 Dicembre 2023
- I giorni del Cobra. Pathos e psicologia nel romanzo di Daniela Merola - 13 Dicembre 2023
- Intervista a Luciano Giovannini - 3 Dicembre 2023