Io, sono Giuditta, il fantasma della Vicaria

Napoli, città meravigliosa e intrisa di storia e storie alcune delle quali hanno fatto lunghi giri e trasformazioni nella cultura popolare, di voce in voce, fino ai nostri giorni.
A Castel Capuano venerdì 13, una sera tempestosa di dicembre, nella suggestiva biblioteca, si è palesato il fantasma della Vicaria: Giuditta Guastamacchia.  L’occasione è stata la presentazione di un libro “Io, sono Giuditta” che parla di lei in cerca di un suo riscatto a 220 anni dalla sua morte. Una donna vissuta a ridosso del fine secolo 18° in una vita tanto breve quanto profondamente tormentata. Lei coinvolta, insieme ad un gruppetto di persone, in un efferato delitto che sconvolse l’opinione pubblica di allora che forse influenzò il repentino atto processuale che portò alla decapitazione di Giuditta e dei suoi complici. Un delitto rimasto indelebile nel ricordo di questa città per generazioni che poi si è trasformato in leggenda e c’è chi giura di averla vista aggirarsi per le stanze del Castello soprattutto nella biblioteca dove fu condannata da una corte frettolosa di dare giustizia, acclamata a gran voce dal popolo.

Nel Museo Universitario delle scienze e delle Arti il MUSA, è ancora conservato il suo cranio, all’epoca appeso alle mura della Vicaria, come era in uso per i condannati, come gesto emblematico per il popolo; il suo teschio fu oggetto di studio del professor Miraglia che aprì la strada a Basaglia anni dopo sfatando il nesso tra fisiognomica e capacità di generare violenza verso se stessi e gli altri. Ci vollero anni per analizzare di un omicida anche gli aspetti ambientali e relazionali. Quante false verità sono state dette su questa donna e ci voleva una donna tenace e convinta che la verità è giustizia che ci fornisce atti e documenti sulla vicenda contestualizzandoli storicamente per come la donna era considerata, “un uomo imperfetto” legata alla sfera della natura e l’uomo invece a quella della cultura.
Una storia incredibile all’altezza dei migliori romanzi noir e che porta con sé i segni di un’epoca storica, la Napoli del 1799, dove la giustizia si risolveva in una forza repressiva verso i reati più gravi con procedimenti eccezionali senza dibattimento e senza appello. Altro trattamento era riservato ai vincitori borghesi della rivoluzione. Non certo a Giuditta, donna semplice di umili origini. Lo stesso Don Stefano non fu decapitato, se pur ebbe in sorte una fine forse peggiore: gettato nella fossa del Marettimo, incatenato in una profonda cisterna umida. Con questo libro, l’autrice non intende sminuire il delitto commesso, ma vuole ridare voce a tutti, sia colpevoli che vittime e a Giuditta la possibilità di revisionare il processo dando a lei la possibilità di raccontare la propria visione dei fatti. Lei è diventata il fantasma degli avvocati quasi a fare da monito a ricercare sempre la verità nelle procedure processuali.

Giuditta vive ancora dopo due secoli nell’immaginario collettivo di un popolo  che vive di mistero e vacilla tra il sacro e il profano e l’esoterico abitato da anime in pena come  Giuditta in cerca di assoluzione o perdono.
Nell’immagine  il pittore Vincenzo Scarano ritrae il volto di Giuditta.

Angela Ristaldo

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Angela RistaldoAngela Ristaldo

Laureata in Lingue e letterature straniere ed abilitata alla scuola secondaria, ha assunto il ruolo nella scuola Primaria e per scelta ci è rimasta. Attualmente insegna in un Istituto Comprensivo di Napoli, una scuola ritenuta, per platea, a rischio, ma l’unico rischio riscontrato è di non educare questi ragazzi che vivono il disagio, alla bellezza che esiste nel reale e in questa controversa città. Dal 2005 dirige con un collega, un giornale scolastico ‘Ristoriamoci’ con una redazione mista di ragazzi dai 9 ai 13 anni che raccontano la realtà e la loro esperienza dal proprio punto di vista spesso non richiesto e non ascoltato, che invece riserva sempre sorprese e meraviglia per osservare la realtà da un’angolazione ancora fresca e non inquinata da ingombranti sovrastrutture. Da qui l’interesse per il giornalismo. Ha scritto per diverse testate online locali e nazionali. I suoi interessi vanno dall’Arte al sociale e ad eventi culturali in genere con un’inclinazione a raccontare il nostro di Napoli spesso maltrattato per preconcetti e mezze verità.

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