La memoria del dolore

La memoria del dolore è più devastante del dolore stesso. Si muove silente negli anfratti più reconditi dell’anima e si esprime anche attraverso il nostro corpo, costantemente, incessantemente, come un’eterna condanna.
C’è un’unica via di uscita, guardarla in volto, riconoscerla, darle un nome e la giusta collocazione. Certo, è duro voltarsi indietro a guardare, se si è soli, senza supporto, si corre il rischio di fare la fine della moglie di Lot, di essere trasformati in una statua di sale.
Il disegno che vedete è stato realizzato in due tempi da una donna irpina, Matilde, che da quando era giovinetta ha iniziato a soffrire di fortissimi mal di testa. Dopo anni di visite mediche e accertamenti anche strumentali come, ad esempio, la risonanza magnetica, si è arresa all’evidenza: nessun problema fisico che possa giustificare questi dolori ricorrenti e invalidanti.
Con una tecnica meditativa particolare che spesso utilizzo nella Speleologia del sè le ho fatto disegnare se stessa, ad occhi chiusi. Come potete vedere il volto è frammentato, un occhio e la bocca sono fuori dal corpo, l’occhio addirittura è diviso in due occhi. Le braccia sembrano delle ali e a metà del corpo c’è una croce. Non compaiono le gambe.
Iniziamo a lavorare nel campo morfogenetico, pensavo mi avesse raccontato tutti gli episodi salienti della sua vita e invece ecco lì che compare una bambina. Le chiedo chi sia. Mi risponde che non lo sa. Poi dopo un po’ mi racconta che da ragazzina ha avuto un aborto, ma lo aveva dimenticato. (Forse sarebbe più corretto dire rimosso).
Con coraggio ha lasciato che l’accompagnassi nel passato, a quei giorni. Aveva in lei il dolore di quell’esserino nel momento in cui era stato estratto a pezzi dal suo ventre. Conservava le energie del dolore, della frammentazione, del distacco, della violenza.
Non è stato facile, ma la bambina finalmente è stata riconosciuta, le è stato dato un nome, è stata battezzata dalla madre, le sue energie hanno riavuto la giusta collocazione nella sua famiglia e la madre è riuscita a perdonarsi e a lasciarla andare per la sua strada.
Dopo il lavoro, che è durato più di un’ora, e dopo aver riportato Matilde nel qui e ora, è stato realizzato il secondo disegno con la stessa tecnica. Come potete vedere il volto è ritornato al suo posto, ma la testa non è ancora sulle spalle e mancano ancora le gambe e il radicamento, ma la bambina ora è nel suo abbraccio. I mal di testa si sono drasticamente ridotti, ma c’è ancora tanto da lavorare.
Risolvere questioni così profonde richiede un percorso ma ancor prima una SCELTA , la scelta di affrontare la situazione e risolverla, senza scelta non si va da nessuna parte.
Una riflessione particolare va fatta sulla delicatezza degli aborti. È un qualcosa di estremamente importante che la donna non può affrontare con leggerezza e non può affrontare da sola. Ma di questo ne parleremo in un’altra sede.
Con amore
Tel. 338.7780160
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