La scuola del ‘900 di Angela Ristaldo


Tutti quelli nati nel secolo scorso l’hanno frequentata la scuola del’900, la conoscono bene, ne sono usciti formati, con l’immancabile alfabetiere del leggere e scrivere e far di conto. La scuola della lezione frontale, anatema! La cattedra, la lavagna di ardesia, la pedana sotto la cattedra a sottolineare una differenza di altezza tra il maestro o il professore e l’alunno. Un’altezza che rappresentava rispetto, autorevolezza, il maestro creduto unico depositario di risposte alle mille domande e curiosità che sorgono in età scolare. Erano apparentemente ingenui gli alunni del ‘900, non avevano le risposte a misura di un click, sapevano di non sapere, erano educati all’attesa, alla noia, a sorprendersi … erano educati! Bastava poco per essere felici: la molla per tenere i libri, la campanella della scuola, il pane olio e zucchero o sale per merenda. A scuola il direttore che aveva la, desueta oggi, funzione principale: quella di vigilare sulla didattica e non altro. E il sussidiario, compendio disciplinare, unico libro eppure in cinque anni arrivava fino all’età contemporanea in storia e in geografia addirittura fino alle Americhe fornendo un completo orientamento spazio-temporale oggi negato.

La scuola del ‘900 allenava ad imparare a memoria, a cavarsela da soli, a superare esami e valutazioni non sempre oggettive, insegnando che la vita non è sempre scontata e lineare e che forse, per raggiungere un traguardo, ci vuole impegno, sacrificio e rinunce.

Ma pare che per i millennial la scuola del ‘900 non vada più bene, non sia più idonea; un taglio alla storia, una spuntatina alla geografia; immersi nel digitale tutto è più veloce, connesso, in rete ingabbiati e dipendenti da un sapere globale livellante. Il corsivo obsoleto e inutile, il pensiero computazionale per un pensiero incline ad essere parcellizzato in piccoli step, così il problema è frammentato, risolvibile, ma di cui, come un automa, perdi la visione globale, creativa. Via la cattedra, via via pure il docente rimpicciolito nella sua figura da mentore e tutor, a figura socialmente debole, pedina operaia, no attore, ma semplice comparsa di una scuola che diventa sistema ad organizzazione gerarchica.

L’autonomia, la scuola aziendale, il legame col territorio che ne diventa specchio e trappola. La scuola del ‘900, che dal dopoguerra aveva acculturato il giovane bel paese, è vituperata, bistrattata in nome della flipped classroom, la scuola capovolta, laboratoriale a classi aperte e infiniti progetti mai calibrati sui veri bisogni degli alunni. L’unico bisogno centrale è la capitalizzazione del capitale umano e per questo la scuola del libro cuore, basata sull’umano senza capitale, non è più idonea, va abbattuta.

Il preside, il direttore prima imperniato sulla didattica, oggi è dirigente, ha un’azienda da organizzare e deve badare al profitto, alla visibilità, alla politica, all’accaparrare fondi e non ha tempo per le piccole vite in fiore, ma esso stesso è pedina di un sistema che della scuola resta solo il nome. Un sistema che diventa fucina di prodotti per il mercato.  E il docente che non docet, pare che non lo sappia fare più se non diverte, se non innova se non passivamente si adegua ad un continuo trasformismo di forme didattiche imposte da chi in classe non c’è mai stato, in barba alla libertà di insegnamento. L’esperienza che, invece, il docente ha accumulato sul campo sulle ultime generazioni non è richiesta, interpellata, presa in considerazione, la preziosa e continua osservazione del bambino sin dai tre anni non ha valore per individuare in tempo quelli a rischio, bisognosi di intervento precoce. Il docente non ha voce e non lo vedrete mai in dibattiti autorevoli che abbiano per tema la scuola e la formazione! Eppure, sin dal’900 e ancor più oggi, la scuola ha bisogno di un docente ed un alunno e dell’apprendimento che passa solo dalla relazione emotiva ed emozionale tra i due, tutto il resto è marketing.

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About Angela Ristaldo

Angela Ristaldo, giornalista pubblicista per inseguire una passione per il giornalismo nata tra i banchi di scuola come espediente didattico privilegiato per educare i ragazzi, anche in tenera età, all'autonomia di giudizio e al senso critico. Organizza da anni un giornale scolastico che spazia tra gli interessi dei ragazzi agli stimoli circostanti che la realtà propone. Laureata in Lingue è dal 2005 insegnante di scuola primaria per scelta, credendo fortemente nella scuola come veicolo e velivolo formativo di cultura: unica arma per essere vincente in questi tempi così cangianti e difficili. Amante dell’Arte, spazia nei suoi articoli, tra le più svariate tematiche dal sociale alla scuola senza mai perdere di vista la bellezza insita in tutte le cose se la si sa osservare e valutare.