La Statira di Tomaso Albinoni al Malibran di Venezia

Il Conservatorio Benedetto Marcello, in coproduzione con il teatro La Fenice, presenta La Statira di Tomaso Albinoni, prima rappresentazione in tempi moderni, al Teatro Malibran di Venezia. L’appuntamento è per giovedì 7 e venerdì 8 marzo alle 11,00 per gli spettacoli dedicati alle scuole e sabato alle 19,00 per la rappresentazione pubblica

Abbiamo sentito il regista Francesco Bellotto, musicologo e docente di arti sceniche presso l’istituto musicale.

La Zenobia @foto Piccinni

Come mai la scelta è ricaduta su quest’opera di Albinoni?

Vede, già l’anno scorso il Dipartimento di Musica Antica ha rivolto l’attenzione ad Albinoni rappresentando La Zenobia. Poiché solo di due opere del compositore veneziano sono giunte fino a noi le partiture complete, la nostra scelta è stata, come dire, obbligata. Statira è un’opera della maturità dell’autore, composta quando era già affermato. Purtroppo, la maggior parte delle opere di Albinoni, che dovrebbero essere più di 70, come si evince dal libretto della Statira, sono state distrutte durante la seconda guerra mondiale, a causa del bombardamento che ha colpito la biblioteca di Dresda, dove erano custodite. Può darsi che in futuro venga fuori qualche altra opera.

La Zenobia @foto Piccinni

Come è stato lavorare con questi studenti per la realizzazione del progetto musicale?

Il lavoro che stiamo facendo è importante e potrei definirlo abbastanza eroico perché, a causa della crisi economica, dobbiamo lavorare con tempi di produzione molto ridotti, che impongono un impegno maggiore da parte di tutti, anche degli allievi. Ma questo genere di produzioni offre loro opportunità, soprattutto per la loro carriera futura. I laboratori, basati sulla ricerca delle prassi esecutive, sono preziosissimi. Una volta la musicologia era molto più teorica, oggi si cerca di applicare le conoscenze storiche alle esecuzioni ed è quello che facciamo con loro.

Cosa è OperaStudio?

Si tratta di un progetto che, dal 2001, anno in cui sono approdato al Benedetto Marcello, mi ha impegnato molto per cercare alleanze con i teatri. Abbiamo così cominciato con quelli del territorio creando eventi per le scuole e poi entrando nei cartelloni principali. Oggi, con la collaborazione con La Fenice, abbiamo sempre due titoli in cartellone.

Qual è l’impatto di questo lavoro sulla città?

Qui abbiamo una realtà molto ricettiva e le risorse economiche fortunatamente non mancano.

Gli spettacoli sono a pagamento?

Sì, anche se per quelli dedicati alle scuole i biglietti sono a prezzo agevolato.

La Zenobia @foto Piccinni

Abbiamo posto alcune domande anche a Francesco Erle,  il direttore dell’Orchestra Barocca del Benedetto Marcello.

Mi può spiegare come nasce la preparazione di un’opera del Settecento?

Grazie soprattutto al lavoro di Franco Rossi, che ha curato l’edizione di questa messa in scena, e alla sua ricerca sulla musica veneziana. L’Orchestra Barocca del Dipartimento di Musica Antica, sia strumentale che vocale, del Conservatorio, ci permette di mettere in pratica queste ricerche e dare loro realizzazione. I ragazzi che partecipano all’allestimento dell’opera sono stati selezionati grazie a una audizione riservata agli allievi interni in prima battuta, che poi è stata estesa agli esterni italiani e stranieri da tutto in mondo per la ricerca di un ruolo che non avevamo assegnato con la prima selezione. L’anno scorso avevamo aperto dall’inizio l’audizione a una platea mondiale.

Dalle ricerche condotte, è emerso qualcosa di particolare in quest’opera di Albinoni?

Il lavoro del laboratorio di ricerca approfondisce lo studio di diversi elementi ma per quest’opera si è soffermato soprattutto sull’aspetto tecnico del recitativo. Ne sono stati rilevati tre stili: un recitativo secco, un recitativo arioso mensurato, che trae origine da Monteversine e giunge,  preservato dalla prassi, all’opera settecentesca di Albinoni, e un recitativo composito, in cui si alternano i diversi stili, riferibile all’opera di Antonio Lotti. Quello che abbiamo osservato, in particolare, è quanto la continuità di rappresentazioni, che si sono protratte in un ampio lasso di tempo, abbia mantenuto vivi alcuni stili del recitativo appartenenti ad epoche diverse.

Si tratta della prima rappresentazione in tempi moderni di quest’opera. Come mai?

Accade anche per altri autori di area veneziana che, a differenza di quelli di scuola napoletana, hanno pagato lo scotto di scelte editoriali del primo Novecento, che privilegiarono il lato concertistico di questi autori a discapito della produzione operistica. Noi, oggi, stiamo recuperando questa musica.

Grazie ad entrambi per i chiarimenti e buon lavoro!

La Zenobia @foto Piccinni

Scheda dell’evento

LA COMPAGNIA

Statira – Lidia Fridma, Barsina – Ligia Ishitan, Oronte –  Xi Tianhong, Arsace –  Michele De Coelho, Oribasio  -Bao Jie, Dario – Yi Hao Duan, Idaspe – Andrea Gavagnin, Artaserse – Marco Ferraro, Francesco Erle, concertatore e direttore, Mizuho Furukubo, cembalo.

Regia : Francesco Bellotto

Scenografia: Alessia Colosso Costumi: Carlos Tieppo

Luci: Fabio Barettin

L’ORCHESTRA BAROCCA DEL CONSERVATORIO BENEDETTO MARCELLO DI VENEZIA

Enrico Parizzi, primo violino di spalla; Cristiano Contadin, prima viola da gamba; Sebastiano Franz, Agnese Fiori, violino I; Maria Bocelli, Pedro Raposo Pereira, viola da brazo; Cecilia Zanotto, Carlotta Natali, Alessandra Scatola, violino II; Davide Girolimetto, violoncello; Carlo Santi, viola da gamba; MicheleMancusi, violone; Nicolò Dotti, Silvia Dell’Agnolo, oboi; Claude Padoan, corno I;Davide Saturno, corno II; Michele Santi, Francesco Bellotto, trombe, Davide Gazzato, tiorba.

IL PROGETTO OPERASTUDIO

Luisa Giannini, Stefano Gibellato, Cristina Miatello, Elisabetta Tandura, Paola Francesca Natale, Daniela Benori, Docenti dei corsi di canto e drammaturgia musicale; Chiara Tarabotti, regista assistente; Sara Polato, Maestro sostituto e coordinatore orchestra; Tommaso Vio, Maestro alle luci; Elisabeth Birgmeier, Aiuto maestro sostituto; Eliana Rizzardi, Ana Carolina De Paula Oliveira, Assistenti di palcoscenico; Zhang Xianbo, Francisco Bois, Edoardo Bottacin, Stepan Polischuk, Maggie Cho, Raffaella Polino, comparse; Silvio Celeghin, coordinatore maestri sostituti; Luisa Giannini, Francesco Bellotto, coordinatori di progetto.

Note sullo spettacolo di Francesco Erle e Francesco Bellotto

La Statira è un dramma per musica in tre atti di Apostolo Zeno e Pietro Pariati su musiche del veneziano Tomaso Albinoni. Le cronache raccontano che venne rappresentata la prima volta al Teatro Capranica di Roma durante il Carnevale del 1726 per essere ripresa più volte a Venezia e in altre piazze europee nel corso del XVIII secolo. Il Teatro La Fenice ne ha commissionato una nuova trascrizione a Franco Rossi, mettendola in scena per la prima volta in tempi moderni.

Dovendo dar credito alla prefazione di Apostolo Zeno e Pietro Pariati, la vicenda si dovrebbe svolgere a Tauris, capitale della Persia, plausibilmente nel 246 a.C., anno in cui Arsace I divenne re e diede origine alla nuova dinastia. Tuttavia, l’intreccio con Statira, Dario, Ciro e Barsina richiamerebbe l’epoca di Arsace/Artaserse II (detto Mnemone) che – invece – divenne re nel 405. Dunque, i personaggi del libretto, pur rifacendosi a modelli storici esistiti in epoche diverse, hanno trattamento di fantasia: la narrazione non corrisponde agli accadimenti e alle genealogie attestati dagli storiografi. La trama è piuttosto complessa, come sovente capita nelle opere di quest’epoca, e può essere semplicisticamente ricondotta a una lotta di successione al regno di Persia. Dopo la morte in battaglia di Artaserse, le due nobili principesse Statira e Barsina sostengono di avere diritto al trono. Il conflitto politico nasconde – come di prammatica – anche un conflitto sentimentale: Statira è promessa sposa al comandante Arsace, mentre la malvagia e ambiziosa Barsina, segretamente innamorata del valoroso condottiero, vorrebbe sbarazzarsi della rivale. Nel frattempo, Oronte, re degli Sciti è riuscito a invadere la Persia: il nuovo dominatore irrompe in città e cerca alleanze per pacificare le fazioni. Si innamora di Statira e le propone di diventare regina consorte, scatenando la gelosia di Arsace e l’invidia furibonda di Barsina, che organizza una congiura. Oronte subisce dunque un attentato: sfugge alla morte e gli indizi di colpevolezza conducono ad Arsace, che viene condannato a morte. Ma il vero attentatore, il principe Idreno, si autodenuncia non potendo tollerare il pensiero che il fedele e nobile Arsace possa esser giustiziato al suo posto. Il re di Scitia, avendo avuto modo di conoscere personalmente il valore e le virtù di Statira e Arsace, li insedia sul trono, inaugurando un nuovo periodo di pace, alleanza e prosperità.

Interessantissimo, e inedito, il vivido ritratto di due figure femminili titaniche: le principesse si contendono trono e affetti giocando ogni carta, senza risparmiarsi. Statira nel campo della legalità e della Virtù, Barsina nel campo dell’inganno e del Vizio. Per questa ragione, assieme alla scenografa Alessia Colosso, abbiamo deciso di rappresentare visivamente tale dispositio simbolica. Ammiccando all’iconologia del Ripa avremo porte opposte: a sinistra quella della fazione ‘virtuosa’, color grigio e contrassegnata dalla Cornucopia; a destra quella ‘viziosa’, color rosso e contrassegnata dall’Idra. La simmetria fra le parti ci ammonisce a non prender parte né per una né per l’altra principessa: quasi fossero facce d’una stessa medaglia, vizio e virtù sono gemelli inscindibili, legati da un ideale cordone ombelicale. Il padre, re Artaserse, è presente in scena come spettro: è il fantasma d’un potere che contrasta e obnubila la ragione. Solo uccidendone la memoria gli uomini potranno aspirare alla libertà.

Attorno al mondo bipolare femminile si muove una serie di ‘satelliti’ maschili (Arsace, Oribasio, Dario) che subisce un’attrazione gravitazionale invincibile e non riesce a incidere realmente sullo svolgimento dei fatti. La rottura della simmetria, come fosse formula alchemica, è data dall’arrivo violento del dominatore straniero: Oronte è l’unico personaggio maschile ad avere complessità psicologica e mutevole capacità d’adattamento. Il re Scita segue un vero e proprio percorso di ‘educazione’: provato dalle vicende occorse e mutato dall’incontro/scontro con le due gigantesche personalità delle principesse saprà tramutarsi da odioso dominatore in illuminato sovrano. Lui sarà il proprietario d’una terza porta, centrale e bianca; il suo simbolo (il Libro) evoca la Sapienza, vera vincitrice dell’agone.

In Statira, a trent’anni dal folgorante inizio di carriera con Zenobia, incontriamo un Tomaso Albinoni all’apice del successo internazionale e soprattutto un artista maturo. Da giovane compositore estremamente talentuoso e personalissimo si è imposto come uno dei massimi compositori operistici del suo tempo. L’autore oramai è dedito a una scrittura sapientissima, ricca di novità e atteggiamenti d’avanguardia che dovevano essere il vero motivo della fama internazionale di cui godeva. Quello che sorprende in Statira è l’evoluzione degli stilemi armonici, da una parte legati alla tradizione veneziana e dall’altra assolutamente inventati. Sorprendenti la scrittura violinistica, intessuta con nuova brillantezza, e i nuovi criteri di orchestrazione, spregiudicati e fortemente espressivi. Rimaniamo ammirati dalla capacità di dare spessore sia al ritmo teatrale scoppiettante del libretto, sia alla sottigliezza psicologica dei personaggi. La tavolozza espressiva è certamente organizzata in affetti, ma con una varietà e una finezza di mezzi che sembra porre Albinoni a un piano più elevato di altri celebrati contemporanei. Come noto, le bombe alleate hanno distrutto tutti gli altri suoi titoli: se così non fosse stato, forse oggi potremmo parlare in termini diversi del suo ruolo nell’evoluzione del teatro d’opera. Dalle partiture rimaste di Albinoni, appare infatti evidente l’enorme influenza e diffusione della scrittura teatrale monteverdiana nella tradizione veneziana della prima metà del secolo. Tradizione che diventa germe di raffinatezze e sincerità di tono anche per il secondo Settecento. Partiture come quelle di Statira costituiscono dunque sinapsi ben salde che legano esplicitamente la letteratura veneziana cosiddetta ‘barocca’ a quella cosiddetta ‘belcantistica’.

La riduzione drammaturgica presentata al Malibran vuole assecondare l’assetto ‘filosofico’ del dramma anche dal punto di vista musicale. La concertazione separa uditivamente i tre mondi rappresentati nella messinscena: il Vizio è connotato dal recitativo secco; la Virtù dall’arioso mensurato; la Sapienza dall’alternanza di tutti gli stili d’eloquio musicale. Nel percorrere questa strada abbiamo messo a frutto le ricerche svolte negli ultimi anni sulle tecniche di realizzazione e strumentazione del Continuo assecondando la stretta correlazione con le caratteristiche drammaturgiche dei testi.

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@foto Piccinni

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About Eleonora Davide

IL DIRETTORE RESPONSABILE Giornalista pubblicista, è geologa (è stata assistente universitaria presso la cattedra di Urbanistica alla Federico II di Napoli), abilitata all’insegnamento delle scienze (insegna in istituti statali) e ha molteplici interessi sia in campo culturale (organizza, promuove e presenta eventi e manifestazioni e scrive libri di storia locale), che artistico (è corista in un coro polifonico, suona la chitarra e si è laureata in Discipline storiche della musica presso il Conservatorio Domenico Cimarosa di Avellino). Crede nelle diverse possibilità che offrono i mezzi di comunicazione di massa e che un buon lavoro dia sempre buoni risultati, soprattutto quando si lavora in gruppo. “Trovo entusiasmante il fatto di poter lavorare con persone motivate e capaci, che ora hanno la possibilità di dare colore e sapore alle notizie e di mettere il loro cuore in un’impresa corale come la gestione di un giornale online. Se questa finestra sarà ben utilizzata, il mondo ci apparirà più vicino e scopriremo che, oltre che dalle scelte che faremo ogni giorno, il risultato dipenderà proprio dall’interazione con quel mondo”.