La VAR tra discrezionalità e polemiche

Discussioni e critiche, negligenza ed indifferenza, in alcune situazioni è fondamentale, in altre inutile, insomma in Italia, anche nel calcio le innovazioni tecnologiche non accontentano tutti, anzi creano disordine, polemiche e rendono i rapporti tra squadre e classe arbitrale sempre più lontani da una collaborazione, indispensabile per il rispetto delle regole. Per non parlare dei tifosi, che si sentono traditi quando l’evidenza condanna i direttori di gara e il risultato viene falsato dalla mancanza di intesa tra l’arbitro, che é in campo, ed i due che sono davanti al monitor e con l’ausilio di una decina di telecamere. Nell’ultimo turno di campionato, tanti gli errori degli uomini, che, ormai, hanno optato per divise fosforescenti, ma quasi nessuno ha centrato il motivo per cui il VAR e la VAR non stanno fornendo il risultato che si attendevano supporters, calciatori, società e i tanti amanti del calcio: le riunioni organizzate dai dirigenti dell’AIA (Associazione Italiana Arbitri) con capitani ed allenatori non hanno fugato i dubbi che si accavallano turno dopo turno e non è colpa del colloquio che manca tra le figure destinate a dare più certezze su falli da rigore ed espulsioni.

Il motivo, non evidenziato da alcuno, è molto semplice: gli arbitri, come ogni categoria di lavoratori, sono soggetti ad esami continui, per avere promozioni (nel caso dei direttori di gara) ed arbitrare partite di cartello, oppure per essere candidati a dirigere gare internazionali o addirittura per olimpiadi, europei o mondiali. Se dovessero ricorrere spesso al giudizio del VAR, perderebbero punti nella loro valutazione (esistono ex arbitri che hanno il compito di giudicare l’operato dei direttori di gara) e quindi, volendo dimostrare di essere in grado di essere autosufficienti nella valutazione delle azioni dubbie, fanno volentieri a meno dell’apporto tecnologico. È vero che a loro rimane il giudizio definitivo, in campo, essendo dotati di fischietto, ma è da dementi non farsi aiutare dall’occhio infallibile delle riprese televisive, prodotte da strumenti che offrono visioni a 360 gradi dell’azione incriminata. Soluzione? Riferite agli arbitri che non è reato recarsi al monitor e rivedere, con calma e con ricchezza di immagini, l’episodio, fregandosene dei giudizi degli osservatori. In questo modo, a dispetto della carriera, farebbero felici e contenti tutti, in primis i dubbiosi sull’onestà dei signori, che una volta erano definiti “giacchette nere”!

Adriano Mongiello

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