L’ELOGIO DELLA LENTEZZA, INTERVISTA A GIANVINCENZO CRESTA

Venerdì 20 ottobre, nell’ambito di D’Autunno, Musica d’autore al Cimarosa, si terrà  la prima di Elogio della lentezza scritta dal Maestro Gianvincenzo Cresta, compositore, musicista e docente presso il Conservatorio Cimarosa di Avellino.

Il Maestro ha gentilmente accettato di rispondere ad alcune mie domande inerenti la sua fervida attività.

Leggendo la sua biografia ho visto che lei è diplomato in pianoforte e composizione e che attualmente è docente di Teoria dell’Armonia e Analisi presso il Conservatorio di Avellino. Quando ha capito di voler essere un compositore?

Ho iniziato a studiare molto presto e con un insegnante che lo faceva fare con grande serietà. Terminati gli studi di pianoforte e di composizione, con i relativi perfezionamenti, feci esperienze concertistiche ma poi capii che il mio vero interesse era l’approfondimento, la riflessione e sentii l’esigenza di esprimermi non attraverso la musica scritta da altri ma attraverso la mia.

Quindi, giunto il momento di scegliere, poiché ritengo che nella vita non si possano fare bene tante cose ma poche, ebbi chiaro che la mia strada era quella. Ne ebbi la certezza anche perché ero pronto ad affrontare qualsiasi difficoltà senza tensione, imbarazzo o preoccupazione.

Come anche ho avuto la consapevolezza di dare il massimo nella fase creativa e, di conseguenza, sapere di avere applicato ogni volta tutto l’impegno possibile.

Comporre musica è come scrivere dei versi o dipingere un quadro d’autore?

Sì, in effetti sì, credo che i meccanismi siano gli stessi anche se ci sono delle specificità che hanno a che vedere solo con la musica, principalmente perché un quadro o una poesia si possono rileggere ogni volta che si vuole, mentre la musica si concretizza solo quando viene eseguita. È l’esecuzione che ne rende l’immortalità.

La partitura in sé non rappresenta un valore se non nel momento in cui diventa suono, soprattutto perché il segno è in luogo di un pensiero, in rappresentazione di un oggetto a cui quel segno fa riferimento.

Quindi, non c’è un’immediatezza.

Per questo motivo, fra l’altro, ritengo molto importante, ai fini di lasciare traccia, la registrazione di un’opera.

In musica si ragiona di spazio e di tempo; il rapporto temporale, che è fondamentale anche nell’atto creativo, è molto forte. Lo spazio, che nel caso della musica è subordinato al tempo, è inteso sia come distribuzione delle sorgenti sonore che delle partiture, il cui spazio è determinato dalle funzioni della musica stessa.

Questo per dire che ci sono molte analogia tra le arti ma si tratta di capire quale dimensioni debbano prevalere.

Quando e in che modo nasce una sua composizione musicale?

Essendo insegnante di analisi, ho un approccio molto scientifico. Nel corso del tempo il modo di concepire la musica è cambiato perché l’uso del computer consente spostamenti e cambiamenti continui rispetto alla vecchia scrittura. Personalmente, non uso i sistemi di scrittura digitali nella fase creativa perché ritengo che siano estremamente pericolosi in quanto consentono delle manovre che potrebbero essere delle scorciatoie.  La scrittura deve essere sofferta, sudata e la soluzione non è sempre quella più semplice ma, piuttosto, è il frutto della riflessione. La mia composizione nasce da una suggestione,  da un qualcosa che voglio dire. Può essere una riflessione su un tema o su un suono, qualcosa che innesca l’atto creativo, dopo di che il mio lavoro è  tradurre in processi musicali questo tema. Segue la pianificazione su un  sistema di assi cartesiani (spazio, tempo) dei processi musicali.

Il tempo è fondamentale perché  determino a priori la durata complessiva e poi le varie fasi che formano la composizione, i processi, la loro durata, il loro sviluppo e qualità temporale. In musica noi possiamo manipolare la qualità temporale che può essere di compressione, di dilatazione, di ipnosi, di tempo sospeso o circolare. Io lavoro alla determinazione di questi processi e a come essi possano essere trasferiti. Infine passo alla scrittura delle note. Questo ha comportato anche uno studio della psicologia della percezione.

Poi vi sono tanti problemi legati proprio alla decodificazione dei segni cioè a come scrivere perché il segno sia chiaramente decodificato; perché si ottenga un determinato risultato bisogna tenere sempre conto che la musica ha una catena formata da chi la scrive, da chi la esegue e da chi la ascolta.

Naturalmente ciò non si deve tradurre nello scrivere “per le persone, affinché capiscano”, la questione è di chiedersi se quello che si sta realizzando corrisponde a ciò che si voleva. La scrittura (per citare Pavese) è

una necessità, un’urgenza di poesia, di espressione, non un darsi soddisfazione. Premesso questo, la domanda è: quello che ho fatto è esattamente ciò che volevo? Come posso rendere al meglio ciò che io volevo? La puntualità, la precisione del segno, deve rappresentare l’idea perché non ci sono idee senza segni.

Questo pone anche un’ altra situazione che è quella di stare dento o fuori l’opera. Fino a quando si scrive ci si è dentro ma è necessario avere la capacità di tirarsene fuori, che non è un atto di dissociazione da se stessi, ma è un atto di rigore, che serve per assumere una distanza dall’opera e verificarne la qualità dei processi.

E tutto questo quanto ha a che fare con le regole?

La regola di per sé non è mai un fatto limitante, è una specificità. Non esiste atto creativo senza specificità,  la regola è necessaria perché ne delimita il campo. La scrittura è un punto di vista, l’assunzione di una prospettiva, per cui è insito nell’atto creativo e di scrittura l’assunzione di una regola.

Mi racconta qualcosa di particolarmente emozionante?

Ci sono emozioni che si vivono nell’atto creativo, quando sei immerso in quello che fai e vedi come le emozioni precipitano nelle pagine nel suono che tu immagini. Lavori in modo tale che quello che tu stai scrivendo sia la proiezione di te e quello ti emoziona ed è forse ciò che spinge ad andare avanti  in un mestiere faticoso, in cui la fatica che ci vuole per scrivere un’opera non è minimamente compensata.

Poi ci sono le emozioni che derivano quando la propria  musica viene eseguita e ti ritrovi in un tempio della musica come la France Musique tra i grandi compositori più importanti del momento e capisci che qualcuno è venuto anche per te.

Significa che sei riuscito a fare bene ciò che dovevi fare per essere un uomo intero.

La sua ultima opera è quella composta per il Conservatorio di Avellino la cui prima sarà venerdì 20 ottobre. Ce ne vuole dare qualche anticipazione?

Elogio della lentezza è il primo di un ciclo di elogi che intendo fare su vari temi, con l’intento di elogiare ciò che nella mentalità comune è considerato un disvalore.Per spiegare cosa vuol dire lentezza, intanto sono partito da La lentezza di Milan Kundera, in particolare dal concetto che quando si vuole ricordare si rallenta, quando si vuole dimenticare si corre, si scappa. Questo ci accade già nella vita quotidiana. Quindi la lentezza ha a che fare con il voler ricordare, tanto è che questo pezzo ha un segmento melodico che torna.

La lentezza è poi un valore perché permette di ragionare, perché le cose sono belle quando ci si avvicina con lentezza e si rivelano, si svelano, piano piano, lentamente, appunto. La lentezza ci permette l’osservazione e l’amore al dettaglio, è un sistema di vita qualitativo, di illuminare le zone d’ombra, le differenze e coglierne la ricchezza.

Il brano, ad esempio, è fatto di piccole differenze ma che sono sostanziali ed una piccola non è meno importante di una grande.

Un altro tema è se c’è una velocità nella lentezza e viceversa. In musica non necessariamente tante note vogliono dire tanta velocità perché se ritorno alla nota di partenza, dopo averne fatte tante, in realtà ho fatto lentezza nella velocità. In questo caso velocità non vuole dire spostarsi.

In questo brano c’è proprio lo studio sullo stare nello stesso punto con tante note, il lavoro con i ritorni che avvengono in un preciso momento di modo che ci sia un tempo della memoria, poi c’è lo stare fermo muovendosi, quindi un fenomeno che ha a che vedere con il dettaglio, con il momento, come anche sono presenti determinati impianti di scrittura che hanno una funzione drammaturgica che torna. I ritorni sono su varie dimensioni temporali, ci sono dei feedback.

L’esecuzione sarà a cura dell’ Orchestra del Conservatorio, solista Silvano Fusco violoncello e il direttore Massimo Testa. Con questa opera si vuole realizzare un progetto tutto irpino, con il desiderio di restituire una realizzazione al luogo della formazione dei Maestri.

Ringrazio Gianvincenzo Cresta per la sua capacità di trasmettere emozioni.

Maria Paola Battista.

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About Maria Paola Battista

Amo ascoltare, leggere, scrivere e raccontare. WWWITALIA mi dà tutto questo. Iniziata come un’avventura tra le mie passioni, oggi è un mezzo per sentirmi realizzata. Conoscere e trasmettere la conoscenza di attori, artisti, scrittori e benefattori, questo è il giornalismo per me. Riguardo ai miei studi, sono sociologa e appassionata della lingua inglese, non smetto mai di studiare perché credo che la cultura sia un valore. Mi piace confrontarmi con tutto ciò che è nuovo anche se mi costa fatica in più. Attualmente mi sto dedicando alla recensione di libri e all'editing. Ho scritto, inoltre, diverse prefazioni a romanzi. Grazie ai lettori di WWWITALIA per l’attenzione che riservano ai miei scritti e mi auguro di non deluderli mai. mariapaolabattista@wwwitalia.eu

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