Liberismo efficiente o deleterio?

Nella storia del mercato, la genesi parte da Adam Smith che avvia l’economia classica, al punto credere nella “Mano invisibile del mercato“. In antitesi al pensiero di Smith, è sopraggiunta la tesi Karl Marx, realizzata in modo distorto dall’impero sovietico, con la gestione dello Stato. Questo secondo modello si è dissolto come la neve al sole. Così si è creduto che, con una visione manichea, il sistema valido sia quello capitalistico senza freni, sull’impostazione del modello classico, realizzato dagli Stati uniti d’America. La realtà sta evidenziando una serie di pecche e ingiustizie, che questo ultimo paradigma produce nelle attività socio-economiche. La soluzione ideale sarebbe partire da una base liberale con regolazioni da parte dello Stato, onde evitare straripamenti distruttivi. Sarebbe auspicabile passare dal neoliberismo sfrenato a al neoliberismo moderato, con un capitalismo progressista e con la riorganizzazione temperata della finanza. Il tutto sintetizzato in “disciplina del mercato”.

Verifichiamo con ordine le articolazioni storiche intervenute. Per Friedman, il capitalismo senza freni era desiderabile non solo per la sua efficienza ma anche perché promuoveva la libertà. Durante la seconda metà del XX secolo abbiamo sviluppato una comprensione approfondita dei limiti dei mercati e di come una serie di interventi pubblici possano far funzionare al meglio il sistema economico. Il dibattito politico entra nel vivo con la presidenza di Bill Clinton, il quale voleva l’economia più concorrenziale, sulle liberalizzazioni, con purtroppo ha evidenziato l’accentuazione delle diseguaglianze.  Il sistema evolutivo nell’ultimo quarto del secolo XX assume il nome di neoliberismo. Il termine “Neo” intendeva suggerire che ci fosse qualcosa di nuovo, ma nella realtà si trattava di una posizione non dissimile dalle dottrine del laissez faire del passato.

Gli economisti neoliberisti hanno costruito una impostazione, chiamata neo classica; purtroppo i danni si sono rivelati evidenti, come l’accumulo di ingenti profitti per le banche. Nella gestione, gli ordinamenti politici avevano individuato aree in cui i mercati non fornivano ciò di cui il popoli aveva bisogno, come le indennità pensionistiche, al punto che le nazioni sono state costrette a provvedere con intervento pubblico. La fede nel mercato (e nel materialismo), è sostenuto fortemente dalle destre, a guisa di una religione. Il riferimento ad una specie di fondamentalismo religioso si giustifica, poiché anche con l’esplosione della crisi finanziaria del 2008, le destre continuano a credere nel libero mercato senza limiti, anzi con un impegno vigoroso a cercare proseliti.

Nella ventata di neo liberismo, le sinistre al potere cercano di offrire un volto umano alle riforme con un consistente impegno sul lavoro; le destre credono che l’allargamento del paniere della ricchezza può giovare a tutti, affermazione poi risultata poco veritiera come hanno dimostrato gli interventi fallaci di Reagan e della Thatcher. Con i mercati privi di regole, ad abundantiam, si pensi alle case farmaceutiche che – per incrementare il profitto – sfruttano persone in condizioni di sofferenza fisica, ai produttori di sigarette che provocano dipendenza, ai settori alimentari, i cui produttori pubblicizzano prodotto nocivi per la salute.  I costi per la corruzione vengono sopportati dai cittadini senza contare i danni per la psiche.

Gli economisti conservatori si appropriano del concetto di “mano invisibile” di Adam Smith, tralasciando le precisazioni che l’economista aveva aggiunto al concetto. Infatti Friedman si lega talmente a tale ideologia, da essere riluttante a qualsiasi dimostrazione contraria. La presa economica di Friedman, di Von Hayek e altri, si spiega soltanto in una prospettiva di concezione ideologica e come si diceva prima di acquisizione di un modello religioso. Se come diceva Karl Marx “Le religioni sono l’oppio dei popoli”, nel caso specifico si giustificherebbe simile atteggiamento.  In consciamente questi economisti sono divenuti le ancelle intellettuali del capitalismo, offrendo una legittimità morale alle diseguaglianze. Secondo i fautori della destra, una certa disuguaglianza poteva accrescere i profitti di imprenditori, che a loro volta offrivano maggior lavoro ai cittadini. Inoltre a loro dire, i mercati liberi sono efficienti e capaci di autogestirsi. I tempi dimostrano la fragilità dell’edificio intellettuale su cui poggiano la loro tesi.

Il neo liberismo ha prodotto la crisi finanziaria del 2008 ed ha richiesto l’intervento del governo per arginare i danni economici; ha accresciuto le diseguaglianze e negli USA (principale laboratorio neo liberista), l’aspettativa di vita è calata in modo consistente. John Maynard Keynes e Roosevelt hanno individuato un modo alternativo alla teoria economica classica per gestire la società. Questo nuovo approccio promuove un capitalismo temperato, con l’intervento fondamentale e limitato del governo, per assicurare stabilità, efficienza ed equità.

In questa nuova impostazione, l’investimento pubblico significa arricchire il paese e avviare prosperità. I tassi di rendimento per ogni categoria di investimenti pubblici sono elevati, molto più dei costi del denaro. Lo stesso avviene per il privato: la maggior parte delle aziende cresce contraendo debiti. In altre parole, quando un’azienda investe, il valore delle sue attività aumenta più delle passività, e il suo patrimonio netto ne viene incrementato. Nel caso inverso, vengono modificati i mezzi per guadagnare, i quali vengono manipolati e contaminati per creare guadagni facili, di dubbia legittimità morale. Assistiamo ad una società senza vincoli o freni, dove i forti rubano ai deboli; in pratica i deboli non hanno libertà e godere al pieno dei frutti del proprio lavoro. Si può pensare alle case farmaceutiche che fissano le regole in un campo molto delicato. Il dato preoccupante che la Casa farmaceutica pensa al profitto e non la cura dei cittadini, precauzione che dovrebbe toccare al governo (Ministero della salute), spesso indebolito dalle lobby delle grandi case farmaceutiche. Siamo nel campo della corruzione, sino al punto che Donald Trump era orgoglioso di aver eluso le imposte, come tanti altri cittadini benestanti. Molte aziende leader hanno ottenuto gran parte della loro ricchezza tramite lo sfruttamento del potere di mercato. La Microsoft di Bill Gates è stata riconosciuta colpevole di pratiche anticoncorrenziali in tre continenti; accuse di comportamento anticoncorrenziale anche contro Google, Facebook, e Amazon.

Con l’imperversare del mercato libero, le economie sono dominate da grandi aziende, che godono di un significativo potere, ossia le holding e le corporazioni, che decidono di aumentare i prezzi, di maltrattare i clienti, di imporre prodotti scadenti, di incentivare il lavoro precario e di condizionare gli Stati e se questi non adottano misure privilegiate in tema di imposte, trasferiscono gli stabilimenti altra nazione. Durante la recente guerra russo-ucraina, le multinazionali del petrolio e del gas si sono arricchiti a dismisura, accumulando extraprofitti per decine di miliardi euro. Il commercio digitale ha assunto un ruolo sempre più preponderante. Ad accrescere il disagio dei lavoratori, il governo Renzi ha varato il cosiddetto inquietante “Job Act” con licenza di licenziare i dipendenti senza fare i conti con la giustizia, con la subdola astuzia di rendere flessibile il mercato. Dal tutto si deduce che ora impera lo sfruttamento del lavoratore, mettendo in pratica l’efficientismo selvaggio (o efficientismo disumano) per raggiungere profitti elevati, ignorando le norme etiche e il rispetto del cittadino.

Quando il governo non regolamenta il trattamento dei lavoratori o l’inquinamento dell’ambiente, un’impresa riesce ad esercitare in pieno il suo potere e cerca di massimizzare i profitti, senza alcun tipo di controllo. Sotto questo aspetto, una nota positiva arriva dalla Cina, la quale cerca non basare il rapporto sulla coercizione esplicita e cercare di ottenere una collaborazione volontaria, in modo da avere meno dissidenti e oppositori. Devo anche rilevare che la Cina deve compiere ancora tante azioni per recuperare l’arretratezza nei rapporti di lavoro, soprattutto nelle norme sanitarie e sociali.

Il capitalismo sfrenato incoraggia il materialismo e l’egoismo; l’egoismo conduce alla disonestà e questa contamina la fiducia; la mancanza di fiducia mina il funzionamento del sistema economico; l’instabilità del sistema provoca eccessi di disuguaglianza e sfruttamento dilagante. Il sistema finanziario è l’esempio che, in assenza di regolamentazioni pubbliche idonee, le banche orientate al profitto portano ad un sistema finanziario instabile.

Il neo liberismo col combinato disposto della globalizzazione ha prodotto guasti finanziari, che definisco “Feticismo del mercato finanziario”. Fenomeno che ha determinato una convivenza disarmonica, nel senso che l’elemento complementare (finanza rappresentata da carte) ha acquisito un valore molto superiore al plesso principale (economia reale costituita da beni). Siamo nella deviazione dei valori. Lo strumento principale colpevole della disarmonia si rintraccia nei derivati, strumenti legati ad un rapporto principale a guisa di una scommessa. La mano invisibile di Adam Smith, già scolorita, è divenuta invisibile con l’avvento del feticismo del mercato finanziario.

Il sistema economico dominante in occidente negli ultimi cinquant’anni è quindi il capitalismo neoliberista ovvero neoliberismo, una condizione fallimentare poiché comporta una crescita con una disuguaglianza accentuata, che ha prodotto polarizzazione sociale, profondi egoismi, mancanza di fiducia e tanta corruzione. Milton Friedman ipotizzava che una forma di capitalismo sfrenato fosse necessario sia per preservare il capitalismo che per assicurare certezza del mercato. I sostenitori del libero mercato asseriscono che, anche quando i mercati sono imperfetti, la libertà di sé consente l’instaurarsi di un meccanismo di correzione. Tutto ciò è stato sconfessato dall’andamento dell’economia, che – divenuta distorta – ha innescato crisi continue. In verità le risposte negative sono state attenuate in Europa, mentre negli Stati Uniti il sistema impazza senza freni.

Negli ultimi tempi si avvertono sintomi di populismo, avviato con forza da Trump, che ha spianato la strada ad altri demagoghi, come il primo ministro indiano Narendra Modi, Bolsonaro in Brasile e Viktor Orban in Ungheria. Il sistema rimane liberistico, ma semi di esplosione scellerata creano una concreta incertezza e accrescono disagi ambientali e sociali.

Anche dove non ci sono governi forti di destra, il potere nei paesi occidentali tenta di assicurarsi una propria forza per garantire gli interessi della élite e spesso le politiche sono contrarie alla maggioranza dei cittadini. Banca monetaria internazionale e Fondo monetario adoperano tecniche neoliberiste per aiutare i popoli sottosviluppati, cioè erogano prestiti a condizione che il paese debitore segua la loro ortodossia. Inoltre le condizioni imposte ai paesi sottosviluppati in cambio dell’assistenza finanziaria tentano di imporre una versione del capitalismo liberista, con la sua enfasi sul settore privato e sulla privatizzazione.

Per organizzare il benessere dei popoli occorre delineare una nuova architettura economica, secondo un principio di equità e di giustizia, riproponendo così la questione morale. Occorre esaminare un quadro alternativo, quello del capitalismo progressista e regolato al posto del capitalismo sfrenato. Col capitalismo progressista, il benessere di tutti i cittadini va oltre il bene materiale, per includere un senso di sicurezza e di libertà. L’economia deve servire la società e non il contrario. Per meglio chiarire, come base occorre il lavoro, le condizioni di salute, la giustizia rapida, l’istruzione e riconoscimento dei diritti dei lavoratori. Tutto ciò è possibile col ridimensionamento del mercato finanziario, riportandolo a corollario dell’economia reale senza sconfinamenti e senza deviazione dei valori.

Per offrire un’idea sulle distorsioni del neoliberismo, rammentiamo che Milton Friedman pone un concetto neoliberista del XX secolo, che diviene un dogma del capitalismo, ossia il capitalismo degli azionisti, con l’obiettivo di massimizzare i profitti a danno dell’etica e della giustizia. Arricchendo le imprese, la prosperità sociale è stata mandata in cantina. Nemmeno i pesi e contrappesi funzionano con una concentrazione di ricchezza e reddito nella società. Così negli ultimi anni la sanità balbetta, con ritardi enormi che il fisico malato non può permettersi. Eppure nella giustizia sociale, l’accesso alle cure fondamentali dovrebbe essere un diritto sacrosanto, come previsto dalla Dichiarazione universali dei diritti umani adottata nel 1948.

Il capitalismo progressista può sembrare un ossimoro, visto dalla parte dell’impresa, ma diventa praticabile oltre che essere seducente da punto di vista sociale, che comprende tutte le categorie. Si conserva in tal modo l’etichetta e il nucleo del capitalismo e in contemporanea riflette tutte le esigenze della società. Certo che gli abiti mentali, una volta consolidati, sono difficili da cambiare, ma i tempi sono maturi, anche se i governi di destra, incombenti in questa era storica, possono rallentare la realizzazione. Basta mutuare il concetto di buon senso e di raziocinio dell’Illuminismo, come valore centrale dell’economia. Con una effettiva democrazia potremmo avviare un capitalismo progressista e rivitalizzare la giustizia sociale.

Ciò detto, non avremmo risolto tutto, poiché il capitalismo progressista eliminerebbe una delle conseguenze della globalizzazione, cioè l’efficientismo selvaggio che ora crea forme di sfruttamento e scoloramento della dignità personale. Per compiere il salto di qualità definito per una società equa, necessita la risoluzione dell’altro grave effetto della globalizzazione: il feticismo del mercato finanziario, di pura natura finanziaria e speculativa. Per sanare questa distorsione diventa perentoria una nuova impostazione a livello mondiale presso la Banca Mondiale, attraverso una convenzione internazionale, che regoli la Borsa valori, eliminando le operazioni speculative di manipolatori. Si presume che con l’attuazione del capitalismo progressivo, la cultura sociale sarebbe più ricettiva di un ulteriore principio verso la giustizia sociale. Obiettivo molto difficile, ma non dobbiamo desistere dalla lotta graduale e incisiva per il raggiungimento dell’obiettivo.

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About Giuseppe Rocco

Esperto di commercio estero. Vice Segretario generale della Camera di commercio di Bologna sino al 31.1.2007; Docente esterno presso l’Università di Bologna, Istituto Economico della Facoltà di Scienze politiche, in qualità di cultore dal 1990 al 2006, di “Istituzioni Economiche Internazionali” e in aggiunta dal 2002 al 2006 di “Diritti umani”; Pubblicista iscritto all’Albo dei Giornalisti dal 1985; 450 articoli per 23 testate nazionali; in particolare consulente del Il Resto del Carlino, in materia di Commercio internazionale, dal 1991 al 1995; Saggista ed autore di 53 libri scientifici ed economici; Membro del Consiglio di Amministrazione del Centergross dal 1993 al 2007;Membro del Collegio dei periti doganali regionali E. Romagna, per dirimere controverse fra Dogana ed operatori economici dal 1996 al 2000, con specificità sull’Origine della merce.