L’Irci si prepara ad altre sorprendenti iniziative a Trieste
Dopo avere visitato la bellissima mostra Casanova in viaggio On Tour, porti e approdi dall’Adriatico al levante: Trieste, l’Istria, Fiume e la Dalmazia all’Irci di Trieste (in via Torino, 8), abbiamo posto qualche domanda al direttore dell’Istituto Regionale per la Cultura Istriana-fiumana-dalmata, Piero Delbello, per conoscere i prossimi progetti in cui l’ente sarà impegnato. Ormai siamo abituati al meglio, grazie alla ricca offerta culturale che in questo luogo viene messa a disposizione di tutti, gratuitamente e durante tutto l’anno. Chi può scordare le mostre Illustratori della Venezia Giulia (2024), oppure Segni d’Impresa (2019), Tesori, memorie ritrovate, memorie conservate (2022), Cherso in posa (2022), tanto per fare qualche esempio, e l’ultima 1954 Trieste è italiana, la zona B è perduta, chiusa a marzo scorso?

Ogni appuntamento viene concepito e curato in ogni particolare, prendendo spunto dalla vacazione dell’ente, che promuove la cultura, oltre che della Venezia Giulia, anche dei territori che furono italiani fino alla fine della seconda guerra mondiale. Ogni oggetto mostrato parla di storia, tradizioni, conserva dei segreti, come la permanente mostra del Magazzino 18, anch’essa curata dall’Irci, meta di visite guidate tutto l’anno, al Porto Vecchio di Trieste. La passione e l’impegno, che animano i volontari nella divulgazione di stralci di storia italiana per tanto tempo nascosti, dimenticati, travisati, sono il vero segreto di queste iniziative. Il promotore è sempre lui, Piero Delbello, vulcanico ideatore di eventi che coinvolgono e comunicano, senza retorica, la grande ricchezza di terre italiane fino nel profondo. Ma tutto ciò non sarebbe possibile senza la dedizione di persone come il presidente dell’ente Franco Degrassi, la volontaria Fiore Filippaz, profuga di Grisignana d’Istria, impegnata come guida attraverso la lunga epopea dell’esodo istriano, o di Giovanna Penna, giovane attivista, organizzatrice e guida nella memoria di chi l’ha preceduta, o della prof. Marina Parladori, esperta di storia dell’arte, e di tanti altri che dedicano il loro tempo all’accoglienza dei numerosi visitatori.
Gentilissimo direttore, ci dà qualche anticipazione sulle prossime mostre?

Certamente. La prossima si articolerà tra novembre e gennaio, sarà una mostra particolare e anche ambigua. Venezia Giulia tra Liberty e Decò il titolo e affronterà l’argomento a 360 gradi, tra pittura, scultura, artigianato. Il mondo dell’arte di quel periodo, insomma.
Perché la definisce ambigua?
Perché è facile definire il Liberty, mentre per il Decò la faccenda è un po’ più complessa, di solito viene legato alla pura decorazione. Eppure c’è di più. I triestini usano indicare il Liberty come ‘Stile 1911’, postdatando l’avvento di questo periodo, altrove indicato come Belle Époque, Seccession o Art Nouveau, e il Decò come ‘Stile 1925’. Queste due date sono quelle delle esposizioni che portarono a conoscenza del mondo le due manifestazioni dell’arte. Si può dire che il Decò sia un’evoluzione del Liberty, dove le istanze di estremismi legate al primo periodo, che occhieggiavano a Futurismo e Cubismo, si ammorbidirono nel nuovo stile. D’altra parte, mentre il Liberty è visibile in diversi aspetti del periodo, è più difficile applicare il concetto di Decò a 360 gradi.
Che rapporti ci sono tra queste espressioni artistiche e la Venezia Giulia?
L’idea di fare una mostra che riguardi la Venezia Giulia e che tocchi questo periodo ci catapulta in un ampio mare che cercheremo di analizzare, proponendone alcuni aspetti. Per il Liberty, come le dicevo, l’impresa è più facile perché abbiamo chiare espressioni pittoriche, scultoree, le arti applicate all’artigianato. Ma, se pensiamo al Decò, come applichiamo il concetto all’architettura? Un esempio a Trieste può essere il palazzo delle Generali sulle Rive.

Ma ci sono alcuni edifici anche in Istria, come le Poste di Pola, che ci suggeriscono questa attribuzione. E nella scultura? Abbiamo Franco Asco, triestino (autore della statua dorata della Madonna posta sopra la colonna di Piazza Garibaldi, ndr), le cui opere tra il ’20 e il ’30 possono essere ascritte al Decò. Ma anche nelle decorazioni dei palazzi di Trieste ne abbiamo diversi esempi. Per la Venezia Giulia, bisognerà distinguere ciò che ha prodotto di per sé da ciò che hanno prodotto altrove gli artisti originari di questa regione.
A che punto è l’organizzazione della mostra?
Il materiale in parte lo abbiamo individuato, ma quanti portoni della nostra città rappresentano in realtà questi stili e quante cose nascondono, negli ingressi, nelle aperture. Anche il Cimitero monumentale di Sant’Anna di Trieste, nella parte statuaria, offre una mostra a cielo aperto di questi stili. Ma vogliamo mostrare un altro aspetto, che è quello degli oggetti, oltre all’arte applicata ai manifesti e alle pubblicità. Se pensiamo ad alcune aziende importanti della nostra realtà, come la Luxardo o la Vlahov, di Zara, negli anni ’30 queste aziende crearono tutta una linea di prodotti in bottiglie di ceramica, come il maraschino, realizzate da ceramisti faentini, esempi di Decò spettacolari. Gli artisti erano del calibro di Rometti di Umbertide, che non è un giuliano ma in questo caso lavorava per un’azienda della Venezia Giulia. Quello che noi vogliamo mostrare è una doppia chiave di lettura: l’autore e l’azienda del territorio e l’autore del territorio che lavora fuori. Ovviamente non presenteremo trattati di scultura e di pittura, ma spunti di ragionamento su questo periodo, molto ampio ma non troppo, che va dal Liberty al Decò.
Immagino sarà una mostra favolosa. E per il 10 febbraio, Giorno del Ricordo, altro momento cruciale della vostra attività, per l’anno prossimo avete previsto iniziative?
Di solito la mostra di fine d’anno si prolunga fino al 10 febbraio. Per l’anno prossimo, invece, abbiamo pensato a qualcosa di diverso. Poiché ricorrerà l’ottantesimo anniversario della strage di Vergarolla a Pola, abbiamo pensato di organizzare una mostra incentrata sulla figura di Geppino Micheletti, il medico eroe che si spese per salvare vite, dopo l’attentato, nonostante le gravi perdite subite. Già in passato ci siamo occupati della sua figura, ma ora vorremmo fare qualcosa di più, allestendo una mostra sulla sua vita, di cui abbiamo raccolto diverse testimonianze e materiali. Sarà una mostra dal forte impatto emotivo.
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