Meditare sul pensiero economico. Il Focus di Giuseppe Rocco

Come dottrine e scuole di pensiero, prendiamo le mosse dal mercantilismo. Si tratta di unadottrina economica, corrispondente alla prassi seguita dalle grandi monarchie assolute del Settecento e prevalente in Europa dal XVI al XVII secolo, fondata sul principio che la ricchezza di un Paese si identifica con la quantità di moneta posseduta (oro e argento), e quindi sostenitrice di una politica protezionistica da parte dello Stato nei confronti delle importazioni e incentivante nei confronti delle esportazioni. Nelle società europee di quei secoli, dietro gli aspetti di uniformità del mercantilismo, vengono attuate differenti politiche a seconda della specializzazione economica naturale (agricola, manifatturiera, commerciale) e all’idea di ricchezza (oro, popolazione, bilancia commerciale).

Il mercante, svincolata la propria condotta dalla morale comune, opera nel mondo secondo criteri razionali e consapevoli, dimostrando le proprie funzioni di commerciante, imprenditore, banchiere. L’attività del mercante si esplica in società fondate economicamente sul sistema agricolo ma in cui c’è una stretta connessione tra attività economica e Stato; i mercanti operano accrescendo la ricchezza e il prestigio propri e dello Stato, mentre quest’ultimo garantisce la stabilità, l’ordine pubblico, l’allargamento del mercato attraverso la politica di conquiste coloniali. L’economia è dunque finalizzata all’interesse dello Stato, il quale a sua volta rappresenta un mezzo a disposizione dell’economia mercantile, grazie alle politiche di crescita economica e di espansione promosse e alla capacità del mercante di inserirsi in questo contesto.

La letteratura mercantilistica enfatizza largamente la posizione dello scambio e della circolazione delle merci nel processo di creazione della ricchezza. Sia Ricardo che Marx, in modo diverso, suppongono che l’identificazione dei prezzi diventa un passo necessario per la determinazione del tasso di profitto; il valore e la distribuzione sono una componente essenziale, nell’analisi di Smith, delle cause della ricchezza nazionale.

Sorge pure il dibattito sui beni e sul valore commerciale. L’acqua si considera una sostanza necessaria per la vita ed ha un valore d’uso molto alto perché soddisfa bisogni fondamentali per la sopravvivenza degli esseri umani, ma trovandosi in natura in modo gratuito il suo valore diventa pari a zero. Però essendo utile il dibattito va approfondito. Interviene nell’analisi Locke, il quale afferma che il valore va rapportato fra le due nozioni: valore d’uso e valore di scambio; distinzione che diventa una importante caratteristica dell’economia politica classica.

Thomas Robert Malthus pone l’enfasi sulla relazione tra la crescita della popolazione e la crescita economica; sostiene che l’incremento della produttività, generato dal progresso tecnologico, non è in grado di compensare le esigenze della crescita della popolazione. Tra Smith e Ricardo, si assiste a un periodo di transizione ricco di novità, quali la rivoluzione francese e le guerre napoleoniche, che lasciano tracce indelebili nei dibattiti economici. David Ricardo, che si scaglia contro il mantenimento dei dazi, accetta l’analisi di Smith dei prezzi naturali e di mercato, nonché la tendenza del saggio di profitto a divenire uniforme in tutti i settori dell’economia.

David Ricardo compie un’opera di elaborazione di una teoria economica completa, in grado di spiegare i fenomeni economici nei processi di produzione e di formazione del lavoro. Secondo la teoria di Ricardo il sistema economico capitalistico tende automaticamente verso una situazione di pieno impiego, in quanto l’offerta (produzione) crea la domanda di mercato (legge di Sav)). Ricardo amplia così la dottrina del liberismo economico di Smith sugli scambi commerciali e la estende anche ai rapporti di produzione. A David Ricardo si deve anche l’opera di completamento della teoria del valore dell’economia classica, in base alla quale il valore dei beni è determinato dal contributo del lavoro impiegato direttamente o indirettamente nella produzione degli stessi (valore lavoro).

Una posizione di grande rilievo si riscontra con Karl Marx, il quale critica gli economisti classici britannici che avevano erroneamente confuso le leggi dello sviluppo dell’economia e delle società con le leggi della natura. Marx pone la distinzione fra struttura (base economica) con i suoi quattro elementi (produzione, scambio, distribuzione e consumo) dalla sovrastruttura con gli altri aspetti: religione, politica, arte, etica. Nella sfera di circolazione i lavoratori sono legalmente liberi di accettare un lavoro dai capitalisti, ma nella realtà, diventati salariati, entrano nel vortice spietato della produzione. Non possono influenzare le decisioni su quali merci produrre, sulla quantità e sulle tecniche di produzione. In tal modo la forza lavoro diventa merce e si aliena: scatta la separazione tra il lavoratore e il prodotto del suo lavoro. Marx va oltre, precisando che la vera origine del plus valore non si trova in un atto di scambio, ma nel modo in cui è organizzato il processo di produzione.

L’utilitarismo è una scuola di pensiero economico e filosofico-morale. Si sviluppa all’inizio del XIX secolo con Jeremy Bentham. La scuola utilitarista pone l’individuo al centro dell’analisi economica. Secondo gli utilitaristi, ogni fenomeno economico deriva dalla tendenza di ogni persona a massimizzare la propria utilità individuale.

Nel corso del ‘800 la teoria utilitarista viene perfezionata da J.S. Mill, il quale afferma che la distinzione fra valore d’uso e valore scambio emersa nel lavoro di Smith scompare quando l’uso viene spogliato da implicazioni morali: tutti i beni che abbiano valore di scambio devono essere utili. Il valore è fenomeno reale; il prezzo è il valore espresso in termini di unità monetarie; quindi la teoria dei prezzi è la teoria della quantità di moneta. La teoria del valore di Mill è essenzialmente basata su domanda e offerta.      

Una consistente rivoluzione economica appare con Keynes, col suo impatto con lo sviluppo economico della macroeconomia. Keynes sviluppa una teoria del consumo (e del risparmio) dipendente dal livello del reddito e dalla propensione psicologica al consumo; una teoria in cui gi investimenti dipendono dalle aspettative sui profitti futuri; teoria che determina il tasso di interesse sulla base della preferenza per la liquidità (domanda di moneta) e sull’offerta di moneta regolata dalle autorità monetarie. L’insufficienza della domanda causa livelli di produzione bassi per consentire la piena occupazione al saggio di salario corrente e che, in assenza di crescita effettiva, tali livelli di sottoccupazione persistono nel lungo periodo; inoltre il tasso di interesse diventa un fenomeno esclusivamente monetario e non prezzo reale; infine risparmio e investimento vengono equilibrati non attraverso le variazioni del saggio di interesse ma con la modificazione del livello di reddito.

Sul terreno della storicità, il Rinascimento rilancia i vecchi filosofi. I platonici vedono nel Platonismo la sintesi del pensiero religioso dell’antichità come base per ripartire; gli aristotelici si attestano sul modello della scienza naturalistica e quindi partenza con la base della natura.

Dopo venti secoli, si perviene a un modello moderno, di natura epistemologica, ossia con un tipo di sapere filosofico che costruisce un modello scientifico. I capisaldi del nuovo paradigma sono due: il ragionamento e l’esperimento. Il ragionamento deve affidarsi alla matematica, in modo immanente, per poter comprendere i fenomeni e quindi tralasciare la trascendenza e la metafisica. La matematica è un sapere perfetto ossia un sapere formale. La seconda condizione, chiamata esperimento, serve a convalidare le leggi. Storicamente appare che il risultato ultimo del naturalismo del Rinascimento è la scienza, che elimina i presupposti teologici, toglie le basi ascetiche e metafisiche dell’aristotelismo e del platonismo, rinuncia al richiamo animistico su cui fonda la magia e la filosofia di Telesio. L’artefice principale di questa svolta è Leonardo da Vinci, il quale crea una saldatura tra arte e scienza ed eleva la matematica. Dal principio pitagorico e platonico della struttura matematica prende le mosse Copernico, che propone una nuova cosmologia. Sorta come ipotesi, l’impostazione di Copernico rovescia l’identità cosmologica tolomaica del sole che gira intorno alla terra, e ribalta il discorso con la terra che gira intorno al sole. Le indicazioni di Copernico sono matematiche e poi giunge sulla scena Galileo Galilei, che scopre il cannocchiale e ratifica l’idea di Copernico con testimonianze scientifiche e sperimentali.

Un mutamento radicale si registra dalla seconda metà del secolo XIV, rompendo lo strato sociale del mondo medievale. Si parte con l’affermazione dell’immanenza di fronte alla trascendenza medievale, dell’irreligiosità, dell’individualismo e dello scetticismo contro il dogmatismo del medioevo. Il concetto non è assoluto poiché nel Rinascimento si apprezzano motivi religiosi e affermazioni della trascendenza. La sua configurazione culturale abbraccia tre punti: l’esigenza di riconoscere la dimensione storica degli eventi; la scoperta del valore dell’uomo e della sua natura mondana; la tolleranza religiosa. Pur nell’avversione contro l’ascetismo medievale, il Rinascimento acquisisce il naturalismo, in base al quale si esalta l’anima dell’uomo non dimenticando il corpo.

L’umanesimo conosce il gusto dell’esercizio letterario, la preziosità della ricerca erudita, la tentazione di nascondere – sotto i pregi formali del linguaggio – una carenza di un interesse umano. Il Rinascimento non nega questo filone, ma apporta aggiustamenti, nel senso vivere il rapporto con Dio e nel contempo rinnovare i poteri umani.

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About Giuseppe Rocco

Esperto di commercio estero. Vice Segretario generale della Camera di commercio di Bologna sino al 31.1.2007; Docente esterno presso l’Università di Bologna, Istituto Economico della Facoltà di Scienze politiche, in qualità di cultore dal 1990 al 2006, di “Istituzioni Economiche Internazionali” e in aggiunta dal 2002 al 2006 di “Diritti umani”; Pubblicista iscritto all’Albo dei Giornalisti dal 1985; 450 articoli per 23 testate nazionali; in particolare consulente del Il Resto del Carlino, in materia di Commercio internazionale, dal 1991 al 1995; Saggista ed autore di 53 libri scientifici ed economici; Membro del Consiglio di Amministrazione del Centergross dal 1993 al 2007;Membro del Collegio dei periti doganali regionali E. Romagna, per dirimere controverse fra Dogana ed operatori economici dal 1996 al 2000, con specificità sull’Origine della merce.