Moda sociale feticista al galoppo. Il focus di Giuseppe Rocco
L’attuale moda è il prolungamento dei feticci pagani. Essa si interessa prevalentemente di capi di abbigliamento per adornare la persona. Possiamo avere moda dei partiti, in quanto questi hanno disfatto le ideologie; infine, sorta con prepotenza, la moda economico-finanziaria per facili arricchimenti (più spesso fallimenti). Addirittura di recente sono entrati in funzione “gli influencer”, ossia coloro che dispongono del potere di influenzare le decisioni di acquisto degli altri, a causa della loro autorità, conoscenza, posizione o rapporto col pubblico. Generalmente un influencer si impegna attivamente in una nicchia di mercato distinta. Importante ricordare che questi individui non sono semplici strumenti di marketing, ma piuttosto elementi di relazione sociale, con cui i marchi possono collaborare per raggiungere i loro obiettivi di marketing. Con questa scialba introduzione nel mercato, l’attività viene ulteriormente sofisticata e persa completamente la genuinità dell’interesse del cittadino.
Noi ci riferiamo in particolare al mercato finanziario ove operano con grande impegno e lusinghe per il cittadino, i cosiddetti intermediari finanziari, che lavorano a tempo pieno in particolare nelle banche. Questo morbo diventa pericoloso per l’umanità, in quanto rende debole l’economia e crea crisi sociali. Prima di entrare nel vivo dell’argomento, si vuol partire dalla genesi della moda, ossia dall’abbigliamento, per poi introdurre le analogie con la finanza.
Con la moda sogniamo ad occhi aperti e costruiamo nella nostra mente le immagini che soddisfano i nostri desideri, compensando le nostre angosce: capi di abbigliamento e gioielli ci aiutano a mediare con la realtà, a risolvere i conflitti e le paure quotidiane, a perseguire obiettivi (vedi una grossa vincita in Borsa valori). Per rammentare Lorenzo il Magnifico “La vita sfugge e la giovinezza va”. I miti frenetici della vita, la sensazione di aver poco tempo per realizzare ciò che desideriamo e il mito sociale dell’eterna giovinezza generano in noi un’angoscia di morte che cerchiamo di contrastare.
Acquistare moda ci fornisce una sensazione illusoria di solidarietà e di potere. Come ci ha insegnato Freud, il sogno è come un linguaggio, che ci rende più seducente. In altri termini, la moda è un sogno collettivo nel quale gli altri sono sempre presenti come modello, ossia un sogno che coglie le intricate relazioni tra individuo, gruppo e società, tra il desiderio di essere accettati e quello di essere ammirati, tra individualismo e appartenenza a un gruppo.
Così non è bello ciò che è bello, ma ciò che piace agli altri, ciò che aiuta a raggiungere gli obiettivi sociali. La moda viene considerata come una rappresentazione sociale, un modo di esprimere le conoscenze e di ricostruire la realtà.
La moda ha avuto inizio in occidente nella seconda metà del ‘300, alla fine del Medioevo, emergendo subito come fenomeno sociale. Il capo di abbigliamento si è liberato dai condizionamenti e si è ricoperto gradatamente di significati culturali e sociali. La moda ha rappresentato la libertà di scegliere cosa esprimere ed è diventata veicolo di comunicazione e di influenza sociale, indicando potere e appartenenza di classe. L’identificazione e l’imitazione sono essenziali per comprendere il fenomeno della moda: attraverso l’imitazione si passa all’apparenza del sé, i vestiti sono un mezzo per esprimere la tipologia che vogliamo e la rassomiglianza a un gruppo sociale. La vernice moderna con la quale ci ricopriamo, ci permette di essere riconosciuti come appartenenti a un gruppo.
La moda ci permette di rinnovarci con leggerezza cambiando stile, modificando colori e forme. Un modo per mettere insieme desideri e realtà è il gioco della vita, che si concretizza con il guardaroba o con l’attività della finanza. Spesso la vita viene vissuta come teatro magico che rende tutto possibile. Ciò è accentuando dalla scarsità della personalità, sempre modificabile per le persone deboli e prive di una forte cultura. La moda entrata furiosamente nella finanza, ci fa illudere di esercitare un dominio sulla realtà e di formare nuove aspettative. Perciò la moda non ha un campo definito, poiché si espande nel mondo della sociologia, dell’economia e purtroppo della finanza.
La motivazione è l’energia che attiva, orienta e sostiene il comportamento nel raggiungimento degli obiettivi. Occorre possedere tutte le informazioni che permettono di comprendere e prevedere gli eventi sociali. Ciò infatti non è accaduto con la Parmalat, le cui azioni sono state consigliate e caldeggiate dalle banche locali, così nel mercato finanziario la moda è stata addomesticata, contando sulla ignoranza dei clienti. Altrettanta moda sono le teste rasate, le polo di Fred Perry, le felpe o gli anfibi in mostra sotto i Jeans, gli abiti in pelle, le catene e i collari indicano l’appartenenza ad un gruppo di Punk ed esprimono valori di quel gruppo; una tuta da ginnastica e un logo rappresentano l’appartenenza a un gruppo sportivo; un capo spalla ad un contesto lavorativo o una spilla ad un gruppo politico.
Il jeans è stato un capo anti moda e anti status, che incarnava il rifiuto delle convenzioni; oggi ha nuovi significati, in sintonia con le motivazioni che guidano il comportamento di acquisto dei consumatori di moda. Si è passati dal jeans come strumento per raggiungere un obiettivo di lotta sociale, al jeans come forma di valorizzazione e come espressione di bisogni legati all’esistenza e al benessere personale.
Passiamo all’esempio del tailleur. Quando una donna indossa questo indumento, nonostante la diffusione del capo, opera una subliminale rottura dell’ordine nell’abbigliamento: è una femmina che veste da maschio. Con questo abito, la donna parla con il linguaggio dei simboli, per dirci che è portatrice d’una femminilità dura, efficiente, spregiudicata e con spirito di indipendenza. In altri termini è una forma di autostima, con valutazione di persona in gamba. Nel nostro armadio vi sono capi che mostrano la coerenza personale. Quando la nostra identità cambia, troviamo intollerante mantenere i segni del passato ed eliminiamo i pezzi vecchi senza pietà, in un rito catartico che provoca senso di liberazione e benessere.
Il disordine nell’armadio rivela presto una persona disadattata e senza personalità, che copia atteggiamenti da altri e non riesce ad acquisire una grande personalità. Certo che l’abbigliamento esprime dei valori. Le professioniste in carriera raccolgono un compendio di capi firmati e spesso originali, con la grisaglia dei manager in carriera. Diversamente le persone inette copiano senza criterio; basta pensare che i pantaloni cascanti (che orrore) siano stati proposti nelle collezioni degli stilisti! Certo che frequentando un gruppo, siamo influenzati dal modo di vestire degli altri.
Le tecniche di persuasione si basano su programmi quasi automatici di comportamento, che sono attivati da regole psicologiche o da stereotipi appresi. Quando siamo influenzati da una di queste tecniche, i nostri comportamenti di acquisto si basano su una elaborazione superficiale e sono caratterizzati da decisioni veloci e poco ponderate. Nei vari salotti, nei diversi club o gruppi e infine nelle nella riviste specializzate vi è una sorta di concorrenza al peggio, come nell’utilizzo di risorse nel mercato finanziario, che questo testo pone al disprezzo.
La moda non ha confini. Dalla cravatta come mezzo comunicativo per dimostrare competenza e professionalità e pure come strumento di differenziazione, si passa all’abito senza cravatta per dimostrare rilassatezza e uguaglianza. La comunicazione non verbale riesce a trasmettere ed esprimere, prescindendo dalle parole. Così i capelli corti possono essere espressione di integrazione e di disciplina (frati e soldati), ma possono significare anche ribellione. Diverso il discorso per le donne, per le quali i capelli assumono un significato di fascino se lunghi e curati, sino a divenire strumento di seduzione, oppure ribellione alla femminilità con i capelli corti.
Seguire pedissequamente la moda vuol dire rinunciare alla propria personalità. Occorre acquisire una propria autonomia senza contestazioni, in una sorta di terapia della felicità, che passa attraverso la gratificazione di essere sé stessi.
Ambivalenza e differenziazione sono le espressioni della moda sociale. La moda è un fenomeno sociale complesso, denso di ambivalenze e di contraddizioni; specchio dell’irrequietezza sociale, ma nello stesso tempo ambito di costruzione delle identità sociali. I rituali della moda delineano, infatti, le identità dei giovani e danno conferma alle immagini sociali degli adulti: le mode possono essere oggi considerate uno dei tramiti per lo studio delle interazioni umane nella società contemporanea.
Certamente la moda richiama il feticismo, quando gli antichi adoravano i feticci e non si ponevano domande sull’utilità, nella convinzione di rispetto della tradizione, acquisita per vera e divina.
Ne scaturisce un complesso sistema economico-organizzativo che condiziona la nascita ed il declino di ogni comportamento, influenzando pure alcune dinamiche sociali sino al processo di costruzione delle identità dei soggetti coinvolti. È, infatti, importante sottolineare il fondamentale nesso tra mode e costruzione dell’identità, personale e sociale, che si concreta in almeno due dimensioni di analisi: la prima legata all’origine subculturale delle mode, la seconda inerente alla funzione che l’essere alla moda, o al contrario il non esserlo, svolge nelle fasi di adattamento della propria immagine sociale, cioè al ruolo di supporto che tale esperienza acquista nel processo identitario.
Le mode non scaturiscono, infatti, nella società contemporanea, unicamente dal suddetto sistema che condiziona e costruisce gli stili, costosissimi e riservati ad una ristretta élite di consumatori o più economici ed accessibili a tutti, il cui nesso dinamico in un certo senso confermerebbe, ma originano pure dai cosiddetti “stili di strada” giovanili, constatazione che invece falsifica il suddetto modello. Seguire le mode è pure un’esigenza psico-sociale spesso necessaria alla nostra crescita e trasformazione identitaria, un bisogno immateriale che ci aiuta a costruire la nostra immagine sociale, conformandoci o differenziandoci dagli altri.
D’altra parte la moda o il feticcio può essere una strada sbagliata, come l’affermazione straordinaria della finanza, che apporta facili guadagni ma certamente il fallimento familiare o aziendale. Le mode di per sé sono un segno di spersonalizzazione. La persona sicura di sé non ha bisogno di inseguire regole tradizionali assurde inventate, per far vendere merci nuove o per nel caso della finanza per rafforzare un canale speculativo, che favorisce pochi scellerati, a livello di ladrocinio.
Spesso la soddisfazione del bisogno di adeguarsi alla moda potrebbe rappresentare solo un momento del processo di costruzione dell’identità sociale, sia per gli adolescenti che in età adulta, ma risulta particolarmente utile ai fini di un riesame dell’utilità delle categorie dell’ambivalenza e della differenziazione, nell’originaria concettualizzazione simmeliana[1], per gli studi contemporanei delle mode.
L’identità dell’uomo si basa oggi sempre più su appartenenze e simboli condivisi, e che tali simboli, insieme alla pratica di comportamenti ed abitudini specifiche, indicano relazioni stabili con determinati gruppi sociali. In una società fondata in buona parte sull’esteriorità è, infatti, aumentato in maniera esponenziale un vero e proprio bisogno, da parte degli individui, di consumo simbolico. È il caso del feticismo del mercato finanziario, che constata un innamoramento delle masse, manipolate da banche e istituti finanziari. In effetti assistiamo a una decodificazione del nerbo economico, per creare confusione, contando su una globalizzazione incontrollata.
Se, infatti, leggiamo la moda come comportamento collettivo connesso ad importanti processi di mutamento sociale, se ne rileva la sua sostanziale transitorietà e le connaturate ambivalenze che questa comporta. La fondamentale mutevolezza della moda, se da un lato è tipica di quelli che abbiamo definito fenomeni di aggregato ed i loro possibili effetti perversi, dall’altro condiziona ogni possibile osservazione della realtà sociale contemporanea.
Con la moda viene sottolineata la repentinità della vita moderna. La sostanziale antinomia tra essere e divenire, la transitorietà insita nelle scene metropolitane viene resa manifesta attraverso la moda, che della società moderna è una delle rappresentazioni. La moda diventa innovazione ma allo stesso tempo caducità. Anticipando così una delle principali antinomie cui oggi, in misura sempre maggiore, il fenomeno si rappresenta in una società consumistica. Le questioni di fondamentale utilità per le moderne interpretazioni dei fenomeni modali sono racchiuse nella categoria dell’ambivalenza, motore principale delle argomentazioni ricorrenti.
Se è vero, infatti, che le opere si edificano sugli albori della modernità, il pensiero di Simmel regge il confronto con i mutamenti societari nella misura in cui il moderno sopravvive all’interno del clima post-moderno e post-metropolitano del contemporaneo. La moda, se la osserviamo dal punto di vista dell’attore sociale, è ancora oggi un comportamento che vincola all’obbedienza di determinate norme condivise ma è, allo stesso tempo, una forma di distinzione.
Per tali ragioni, come si è precedentemente enunciato, essa va interpretata quale fenomeno complesso, dalle molteplici ed intrinseche sfaccettature, che può essere osservato da numerose angolature ed in contesti diversi. Dall’immagine di un individuo che costruisce la sua personalità sulla base di segni esteriori alla visione della moda come sistema di mercato, dalla moda come espressione di appartenenza sociale alla moda come fenomeno risultante dall’aggregazione di azioni individuali, tale oggetto di studio è, infatti, analizzato sia attraverso le azioni degli individui che lo compongono che dal punto di vista dell’osservatore esterno. La sociologia moderna tiene in gran conto il suo apporto, ma a causa delle creazioni dalle infinite sfaccettature disciplinari, che spaziano dalla sociologia alla filosofia, passando pure per argomenti storici ed oggi soprattutto economici, come si precisa nel presente testo,
Dalla moda (fenomeno scadente e ricco di mordente), si ricade tra l’imitazione e la distinzione e quella tra individuale e collettivo. Il primo contrasto, tra imitazione e distinzione: da un lato l’individuo si libera dal tormento della scelta, per aderire a quelle del gruppo, dall’altro la differenziazione individuale è un momento in cui questo cerca di distinguersi dalla generalità. La moda, in questo senso, sarà una forma di vita attraverso la quale “la tendenza all’eguaglianza sociale e quella alla differenziazione individuale e alla variazione si congiungono in un fare unitario”.
Il meccanismo di imitazione/distinzione può ancora rappresentare un modello interpretativo delle interrelazioni nella società contemporanea, lo stesso non si può dire per quanto riguarda la dipendenza imitativa tra classe inferiore e superiore. Se agli albori della modernità, dove si cominciava solo ad intravvedere quella che oggi definiremo società di massa, rimaneva ancora il riferimento alla “classe più elevata”, come la definiva Simmel, a causa dei numerosi mutamenti sociali, culturali e tecnologici si assiste oggi ad un livellamento sociale di perequazione in basso. Tali affermazioni possono di certo essere applicate all’interpretazione della moda con un unico distinguo, che deriva dalla risposta alla domanda: chi sono quelli che vengono denotati come altri? Nello specifico, ed in base alle nostre argomentazioni, gli altri sarebbero coloro che non appartengono alla nostra cerchia sociale. Ma ciò che risulta fondamentale è che la moda si edifica sulla convergenza tra il bisogno di sentirsi parte della collettività ed il bisogno di distinguersene, tanto da condurre Simmel a sostenere che venendo a mancare una delle due tendenze sociali tale fenomeno tenderà ad estinguersi; e la quotidianità di tale affermazione può essere rintracciata proprio nei bisogni di conformità che l’uomo esprime all’interno della società contemporanea, non soltanto nella fase adolescenziale, ma pure nella sua vita adulta.
La ricerca di simboli di appartenenza che gli conferiscono un’immagine sociale immediatamente percepibile si scontra infatti, ancor oggi, quotidianamente con una ricerca dell’originalità a tutti i costi. Il suddetto contrasto ci invita a sciogliere il nodo della seconda ambivalenza, inerente al rapporto tra individuo e collettività, e dunque all’antinomia tra sociale ed individuale, delineata in molteplici discorsi. Tale relazione diviene fondamentale nelle trattazioni senza dimenticare che è possibile pure ipotizzare un totale rovesciamento di tale modello interpretativo se consideriamo casi, come quello degli “stili di strada”, in cui la tendenza ha origini sub-culturali e proviene dunque, rispetto ad una stratificazione su basi economiche. Nella moda, l’individuo è trasportato da un lato da una collettività che fa le stesse cose, dall’altro da un’altra che aspira alle stesse mete. Approfondendo tale relazione esplicitata, anche attraverso spunti provenienti da altri lavori, è possibile trarre una serie di considerazioni rilevanti su tale fondamentale opposizione e, prioritariamente, sulla relazione psicologica tra individuo e collettività. Il fatto che ad una maggiore differenziazione sociale corrisponda una minore differenziazione personale è un tema ampliamente discusso. In concreto, il soggetto risulta del tutto coinvolto in quella sorta di moto perpetuo che è la vita sociale. Pensiamo al cittadino, utente di una banca, che si affida allo sconsiderato bancario di turno, forte della stima goduta dal cittadino e in grado di fargli comprare qualsiasi azione o obbligazione.
Anche la costruzione dell’identità, così come la moda, è un processo che si modifica incessantemente. In questo senso l’individuo può costruire e ricostruire la sua immagine sociale attraverso i simboli che le mode gli forniscono periodicamente. Tale immagine potrà, in misura più o meno rilevante, influenzare la sua identità ed il suo equilibrio psico-fisico, ma è chiaro che tale processo interiore sarà indipendente dai condizionamenti relativi alla moda. Vogliamo però al tempo stesso evidenziare alcune trascuratezze interpretative, già in parte accennate all’interno di questa analisi. Sebbene i relativi consumi assumano, ad un altro livello, valore simbolico di appartenenza dell’individuo, se non ad un ceto sociale almeno ad una classe economica. L’esprimersi della persona attraverso le mode apparirà, in questo senso, come un modo per mettere in atto quella particolare forma di differenziazione individuale. Esaurite tali constatazioni va però sottolineato, come si è fatto nella parte centrale di questo saggio, l’ambivalenza è il principio euristico, il meccanismo fondamentale per la comprensione delle associazioni umane. Il gioco degli opposti è ribadito in tutti i suoi contributi, ma nella moda trova, a nostro parere, una delle sue massime espressioni. Piuttosto che cristallizzarsi su uno dei due poli, scegliendo se fornire maggiore importanza agli individui o alla società, ci si focalizza, infatti, sulle interazioni e il rapporto tra i due poli della retta, come si è detto, secondo uno schema circolare, che è pure processo dialettico, anticipando così il superamento del dibattito tra olismo ed individualismo metodologico. E tale superamento si risolve proprio nella centralità delle interazioni umane. Che Simmel sia pioniere della sociologia moderna è indiscutibile, così come appare evidente, seppur nella sua densità compositiva, l’attualità del suo discorso sulla moda. La moda è azione, ma è pure sistema. L’individuo determina la moda, ma è allo stesso tempo determinato da essa. La moda è imitazione, ed in questo senso apparenza ed appartenenza, ma è anche originalità e dunque differenziazione dalla massa. La moda è processo autonomo ma, allo stesso tempo, nasce e si sviluppa dalle azioni degli individui. Attualmente appare evidente, solo attraverso una rapida osservazione della realtà sociale, come conformismo ed innovazione sopravvivano all’interno di una rinnovata ambivalenza della vita sociale. Passa il concetto che oggi bisogna essere uguali agli altri, ma diversi dagli altri, in un gioco di emulazione, delimitazione/esclusione sociale, costruzione della propria immagine e della propria identità personale e sociale. Tali ambivalenze sono lo specchio di un’epoca e la differenziazione, sociale ed individuale, appare tra i meccanismi principali delle dinamiche sociali legate alle mode, anche se talvolta, col trascorrere del tempo ed all’interno del gioco delle interazioni, finisce per divenire conformismo. Le mode sono espressione dei tempi, diceva Simmel, ed in un periodo contrassegnato, come il nostro, dal consumismo, dalla suggestionabilità mediatica e dalla velocità delle trasformazioni sociali, la seguente asserzione ci sembra calzare a pennello: quanto più è nervosa un’epoca, tanto più rapidamente cambieranno le sue mode, perché il bisogno di stimoli diversi, uno dei fattori essenziali di ogni moda, va di pari passo con l’indebolimento delle energie nervose.
Purtroppo la moda feticistica del mercato finanziario non rispecchia un fatto temporaneo ma un fantoccio ferreo inciso nella nostra mente, a causa di riflessi economici internazionali, che abbattono tutte le resistenze. Aggiungasi pure che nessun ente, economista o politico cerca di azzardare un parere negativo, nel timore di risultare fuori moda, cioè fuori tempo. Invece bisogna trovare il coraggio per ribaltare una deprimente situazione, in cui il popolo è caduto a guisa di una trappola. E’ giunta l’ora di ribellarsi!
[1] Georg Simmel è stato un sociologo e filosofo tedesco. Ad oggi è considerato uno dei padri fondatori della sociologia, insieme ad Émile Durkheim e Max Weber. Il suo pensiero ha ispirato molti e in modi diversi, anche per la vastità della sua opera.
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