Red land – Rosso Istria. Le foibe sul grande schermo

Le sigle associative della diaspora adriatica che collaborano nella Federazione delle Associazioni degli Esuli istriani, fiumani e dalmati (Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, Associazione delle Comunità Istriane, Associazione Italiani di Pola e dell’Istria – Libero Comune di Pola in Esilio, Associazione Dalmati Italiani nel Mondo – Libero Comune di Zara in Esilio e Associazione dei Fiumani Italiani nel Mondo – Libero Comune di Fiume in Esilio) hanno accolto con favore e soddisfazione la presentazione del film “Red land – Rosso Istria” nell’ambito della 75° Mostra del Cinema di Venezia.

La pellicola realizzata da Venice Film e diretta da Maximiliano Hernando Bruno ha saputo rendere adeguatamente le paure, le angosce e le emozioni che caratterizzarono nell’interno dell’Istria le tragiche giornate successive al collasso politico e militare italiano dell’8 settembre 1943 di cui approfittarono i partigiani di Josip Broz “Tito” per scatenare la prima ondata di massacri nelle foibe: in quel migliaio di vittime rientrava pure Norma Cossetto, la cui vicenda è al centro del film. Sostenuto finanziariamente soprattutto da Anvgd e FederEsuli, questo prodotto cinematografico possiede grazie al produttore Alessandro Centenaro già una fitta rete di contatti che ne cureranno la proiezione e distribuzione da novembre in poi, in attesa dell’approdo televisivo in concomitanza con il Giorno del Ricordo 2019.

Se è gratificante apprendere che la Regione Veneto tramite l’Assessore Elena Donazzan ed il Presidente del Consiglio regionale Roberto Ciambetti si è già impegnata a diffondere il film nelle scuole della regione,  spiace vedere personaggi che non hanno condiviso il robusto sforzo economico sostenuto per vari anni dalle associazioni precedentemente ricordate ergersi adesso in cattedra ostentando buoni auspici (la proiezione di questa pellicola presso le comunità italiane dell’Adriatico orientale), ma in  realtà cercando occasioni per entrare in polemica con la dirigenza dell’Unione Italiana, i cui vertici sono invece stati invitati ed hanno partecipato alla proiezione veneziana condividendo l’apprezzamento per il film.

“Rosso Istria” è un film che deve unire gli italiani, gli esuli e gli autoctoni italofoni istriani, fiumani e dalmati nel ricordo di una tragica pagina di storia patria e non può essere manipolato in maniera impropria per creare inutili polemiche, anche in considerazione del fatto che già sono giunte dichiarazioni pregiudizialmente critiche da parte di alcuni ambienti ostili alla corretta divulgazione delle persecuzioni subite dagli italiani ad opera del nascente regime comunista “titino”. L’italianità adriatica deve essere compatta e coesa nel sostenere la diffusione di un’opera cinematografica tecnicamente ineccepibile e capace di presentare una complessa vicenda storica in maniera efficace anche grazie all’interpretazione di attori del calibro di Franco Nero e di Geraldine Chaplin.

L’appello di Renzo Codarin, Presidente nazionale dell’ANVGD è il seguente:

L’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, la più antica e diffusa sul territorio italiano tra le sigle associative degli esuli istriani, fiumani e dalmati, già a maggio 2013 chiese al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano di revocare l’onorificenza “al Merito della Repubblica Italiana” conferita a Josip Broz “Tito” nel 1969. La risposta del Segretario Generale della Presidenza della Repubblica spiegava che, da regolamento della benemerenza, non si poteva procedere in quanto l’insignito era nel frattempo defunto e non poteva quindi difendersi dalla richiesta di revoca. Da allora sono cadute nel vuoto le richieste del mondo della diaspora adriatica affinché un’iniziativa parlamentare modificasse la procedura inerente tale onorificenza e si potesse così provvedere alla revoca non solo nel caso del dittatore jugoslavo, le cui responsabilità nei massacri delle foibe e nell’esodo dei nostri connazionali del confine orientale sono ormai acclarate, ma pure con riferimento ad eventuali altri insigniti dimostratisi poi indegni del riconoscimento, anche post mortem.

La mozione dell’assessore della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia Pierpaolo Roberti, che chiede al Governo di intervenire in merito, potrebbe andare finalmente in questa direzione, ma non vorremmo che si trattasse di un’estemporanea iniziativa, presentata in piena estate e senza un adeguato lavoro preparatorio con le diverse componenti del Consiglio regionale e con l’associazionismo giuliano-dalmata. Lo spirito bipartisan che dovrebbe caratterizzare siffatta istanza è già stato compromesso dalla dichiarazione del consigliere Furio Honsell, il quale ha rispolverato come un merito capace di sanare i crimini compiuti nella fase finale della Seconda guerra mondiale  l’ambiguo ruolo di Tito nella Guerra fredda. Negli anni in cui fu insignito di questa onorificenza, infatti, il padre-padrone della Jugoslavia manteneva un rapporto ondivago con la centrale del comunismo sovietico e nel frattempo si presentava nello scacchiere balcanico come interlocutore privilegiato delle potenze occidentali, le quali garantivano supporto economico (e se necessario militare) e contribuivano a stendere una coltre di silenzio sui crimini del regime nei confronti dei suoi oppositori e ancor prima contro la comunità italiana dell’Adriatico orientale.

Auspichiamo che le parti politiche riescano a confrontarsi serenamente su questa tematica, affinché, anche con il coinvolgimento di tutte le associazioni degli esuli, venga elaborata una richiesta condivisa di modifica di una legge che consente di ritenere un benemerito della Repubblica chi si macchiò di tanti crimini nei confronti di migliaia di nostri connazionali e perseguì, dietro il paravento della lotta antifascista e di liberazione nazionale, un violento progetto annessionista nei confronti di terre di cultura, lingua e tradizione italiana.

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