Terrorismo acido di Roberto Ferlicca, recensione e intervista all’autore

Terrorismo acido, di Roberto Ferlicca, Il Convivio Editore, pp. 173, costo € 15,00

Il sottotitolo del libro di Ferlicca è Una storia vera nella Milano degli anni di piombo. Possiamo da ciò dedurre che si tratti di un libro di storia. E, a mio parere, lo è.

Innanzitutto è un libro molto interessante e ben scritto. Ma soprattutto è un libro romantico, nella misura in cui tale aggettivo qualifica i sentimenti.

Ma andiamo per ordine: nella Milano degli anni ’70, quando il disagio della classe operaia e del ceto popolare è molto forte, un giovane, appartenente a una famiglia umile che riesce a vivere con grandi sacrifici del lavoro del capofamiglia, sceglie di aderire alla corrente Walter Alasia, il braccio armato delle Brigate Rosse. Il giovane è Angelo Ferlicca, fratello dell’Autore. La scelta compiuta dal fratello è raccontata dall’Autore ripercorrendo le pagine del tessuto sociale, economico e politico degli anni di piombo ma soprattutto il percorso di ogni individuo della sua famiglia. Una famiglia molto unita, pacifica, serena per quanto i difficili tempi economici potessero consentire.

Quindi si racconta del modo in cui vivevano le persone, delle difficoltà di trovare e pagare il mutuo o l’affitto nei palazzoni sorti a ridosso delle industrie milanesi. La necessità del lavoro che non sempre poteva essere scelto e quasi mai dava le giuste soddisfazioni.

Ebbene Angelo Ferlicca cresce con un senso di insofferenza verso quelle che lui ritiene ingiustizie sociali, quelle fatte dai padroni a danno del proletariato. A quei tempi i giovani erano molto attivi politicamente e tanti erano i centri in cui essi si riunivano per discutere delle questioni sociali.

Parallelamente alla costituzione di una coscienza politica, sono raccontate le vicende familiari dei due altri fratelli dell’autore e della sorella minore nonché dei genitori.

Questo perché, come lo stesso Autore tiene a precisare, Angelo va conosciuto dentro, da vicino, nella sua essenza di uomo nella famiglia e nella società. I comportamenti di Angelo, a partire da un certo momento in poi diventeranno per la famiglia dei campanelli d’allarme che, però Angelo, tenderà sempre a sminuire.

Il nostro Autore prosegue la sua vita realizzando la sua aspirazione. Egli si muove nel mondo dello spettacolo: piccole parti come attore e poi la direzione del teatro Odeon di Milano. Un sogno che, inaspettatamente, si realizzava.

I mondi dei due fratelli sembrano viaggiare su due binari paralleli: il mondo della ribalta per l’uno, il mondo della lotta alle ingiustizie per l’altro. Invece, ben presto, entrambi convergeranno in un punto unico che è la politica. Roberto vedrà davanti ai suoi occhi ciò che suo fratello contestava da sempre: la meschinità e la falsità di certi ambienti, gli interessi personali, le cene di affari e comprenderà come la politica divide l’uomo solo nel modo in cui vengono espletate le emozioni degli uomini.

Roberto racconta alcuni episodi della sua vita lavorativa che fanno molto riflettere e soprattutto mettono in luce proprio il meccanismo delle false amicizie nel campo lavorativo, il danno del compromesso.

Una mattina la vita di tutta la famiglia viene sconvolta dall’arresto di Angelo. Roberto si trova in teatro, è in attesa di un figlio e pensa che la telefonata voglia avvertirlo di essere diventato padre. Invece si tratta di ben altro. Quando riesce a connettere si reca prima in polizia poi a casa dei genitori dove li trova disperati.

Un padre preso dai sensi di colpa che non smette di chiedersi dove abbia sbagliato e una madre angosciata che vede tradire un rapporto d’amore.

Inizialmente Angelo andò in prigione e fu condannato a trent’anni di internamento.

Dopo qualche anno dall’arresto di Angelo un nuovo fatto convolse la famiglia. La madre di Angelo e di Roberto improvvisamente si sentì male: il cuore era impazzito, vomito e disturbi intestinali e grave confusione mentale furono da subito i sintomi e i medici ce la misero tutta per strappare la signora alla morte. Infine capirono che si trattava di avvelenamento e indagarono su tutto ciò che circolava di commestibile in casa. Alla fine si scoprì che la causa era stato il vino avvelenato al metanolo. La signora si salvò ma rimase cieca per sempre. Non poté più vedere i suoi nipotini crescere, né il volto di suo figlio quando fu scarcerato.

Un amaro destino, davvero ingiusto.

La strage del vino al metanolo uccise 35 persone e ne causò la cecità in altrettante. Ancora oggi, a trentaquattro anni dall’avvenimento, nessuna vittima ha avuto il risarcimento per il danno subito.

Il libro si conclude con la trascrizione di una parte della fase processuale di Angelo Ferlicca, quella in cui l’imputato cerca di far comprendere il suo percorso all’interno della colonna Walter Alasia, non tanto per discolparsi quanto per far comprendere il desiderio di una società migliore, fondata sull’uguaglianza e sull’amore, al cui interno ogni uomo in quanto persona possa dare il suo contributo.

Come scrive il suo stesso autore Terrorismo acido non ha un argomento da salotto mondano, non riflette schemi commerciali, non esce dalla realtà come usano molti prodotti di distorta informazione.

Terrorismo acido è un libro che partendo dalle vicende familiari, le oltrepassa per affrontare temi come politica, giustizia, potere e ribellione.

Inizialmente ho scritto che a mio parere è un libro romantico, ma come si può definire tale la storia di un ex brigatista e della sua famiglia?

Ebbene lo si può dire in questo caso, in cui si vede il percorso di una famiglia come tantissime costretta a vivere in quartieri ghetto in cui manca l’aria a causa delle vicinanze con le fabbriche, una famiglia in cui i genitori trasmettono valori, educazione, senso del dovere. Forse proprio troppo senso del dovere è quello che in Angelo Ferlicca si sviluppa, quello di voler a tutti i costi cambiare il sistema. Magari ha sbagliato metodo ma sicuramente i suoi ideali erano puri. La convinzione che in Italia la sovversione stesse dalla parte dei benestanti e non dei poveri si è fatta strada in lui in maniera ossessiva. Non dimentichiamo la storia degli anni di piombo, anni in cui effettivamente in Italia ci furono moltissimi moti di protesta per le condizioni lavorative e sociali delle classi deboli.

Tornando alla famiglia, ho letto un amore profondo trasmesso e ricambiato tra genitori e figli.

Avrei ancora molto da scrivere ma non voglio togliere spazio all’Autore a cui ho diverse domande da rivolgere.

L’autore Roberto Ferlicca

Leggendo il suo libro ho avuto l’impressione che la motivazione principale sia il suo desiderio di chiarire alcuni aspetti della personalità umana e della società. Nel suo libro c’è una parola che ha un suono grave ed è “coscienza”. Che cosa significa per lei oggi, alla luce di ciò che la sua famiglia ha vissuto e in base a come vive, la parola coscienza?

La coscienza fa parte del nostro profondo, dell’Io interiore. Io penso che al di sopra di tutto ciò che può accadere, come è stato per la mia famiglia e tante altre, quello che conta di più è la verità che viene fuori dalla nostra interiorità, l’amore per la vita, per la famiglia e per le persone che ci sono care. Tutto il resto va in secondo piano, sia i fatti più gravi che quelli meno gravi.  Per me la coscienza è il succo nella nostra vita, ciò che le dà sapore ed è un po’ quello che non saremmo in quanto, in realtà, è la vita che ci trasforma. A seconda delle situazioni che noi viviamo, del luogo in cui nasciamo e nel modo in cui cresciamo, ci trasformiamo, tiriamo fuori un qualcosa che non è sempre nostro ma che usiamo come formula risolutiva, come scudo a volte o, altre ancora, come arma.  Se noi potessimo smussare tutte le problematiche che ci circondano rimarrebbe la nostra coscienza, il nostro Io puro e magari non avremmo pensato o fatto tante azioni. La coscienza è come un bambino che quando nasce è puro, non ha problemi, non ha peccati e non capisce cos’è la vita per cui la affronta in maniera diversa. Ecco nel libro perché ho voluto raccontare anche di mio fratello alcuni momenti della nostra infanzia perché, come ha detto giustamente lei, volevo appunto arrivare a quella formula di coscienza che è proprio la vita interiore, la nostra vera persona e non solo tutto quello che facciamo perché a volte siamo costretti o perché scegliamo di farlo.

In uno dei capitoli conclusivi del suo libro lei scrive che i componenti della sua famiglia sono stati tutti, a proprio modo, come i protagonisti di una piccola telenovela, solo che non si tratta di un serial televisivo ma di storie realmente accadute che lasciano pensare un po’ qualche minuto in più. Voglio dirle che io da lettrice ho pensato a quello che lei ha scritto molto più di qualche minuto, e penso che molti altri faranno come me, in quanto il suo libro tratta temi molto seri e ho riscontrato un dolore ancora molto vivo nelle sue parole. Vorrei farle, allora, una domanda molto personale e spero di non essere indiscreta. È molto chiara la sua sofferenza come membro della famiglia Ferlicca per le vicende che sono accadute ma che cosa l’ha più amareggiata tra tutto ciò che è accaduto?

La storia di mio fratello mi ha amareggiato moltissimo ma ciò che è stato peggio è quello che è accaduto a mia mamma, perché mentre mio fratello aveva compiuto una scelta, mia madre è stata una vittima innocente. Durante la sua triste vicenda io ho conosciuto ancora meglio mio fratello e mi sono reso conto di quanto avesse affrontato con molta forza quello che stava vivendo, diversamente da come avremmo potuto pensare noi familiari, mentre quello che è accaduto a mia madre, nonostante lei non ci sia più, ce lo portiamo tutti dietro ancora oggi. Quando era ricoverata presso l’ospedale Sacco di Milano, in fin di vita io l’ho vista mentre cercavano di rigenerarle il sangue, di togliere il veleno che era entrato nel suo corpo e quando è sopravvissuta e mi hanno detto che il nervo ottico era stato irrimediabilmente compromesso io ho provato un dolore immenso e, come ho scritto nel libro, ho sofferto di una forte depressione. Non riuscivo, come non riesco ancora oggi, a giustificare questa storia. Forse dico una cosa brutta ma quando mia madre è morta ho provato quasi sollievo perché lei era una sopravvissuta ma stava molto male. Il suo fisico era stato comunque intaccato dal veleno, era diventata cieca e anche psicologicamente stava molto male. In più lei aveva sempre avuto paura del buio per cui è stata proprio una condanna quella che ha avuto.

Per chi non fosse al corrente della vicenda, quale fu il motivo per cui il vino era stato avvelenato?

Il motivo principale era che negli anni precedenti al 1986, mediante un decreto, il governo aveva abbassato il prezzo dell’alcool metilico, per cui i produttori di vino approfittarono per acquistarlo in quantità notevoli per aumentare la gradazione senza usare molto zucchero, che invece costava di più. Negli atti di ufficio del tribunale c’è scritto che loro erano addirittura consapevoli di fare dei danni alla gente, ma non pensavano che fossero così gravi. Quindi, sempre per una questione economica, se ne sono fregati e hanno avvelenato il loro vino.  Altri due fatti devono essere segnalati: l’assenza di controlli a tutti i continui e abbondanti traffici di alcool metilico che avvenivano sotto gli occhi di tutti e la mancanza di controllo del contenuto in sé. Questo vino era imbottigliato e nessuno si è mai preoccupato di controllarne il contenuto!

Lo scandalo del vino al metanolo è passato, ma è scandaloso che ancora oggi le vittime non siano state risarcite. In riferimento alla esperienza di suo fratello Angelo e al suddetto scandalo quanto è incoerente la giustizia in Italia, secondo lei?

Personalmente, per ciò che abbiamo vissuto in famiglia, non credo più nella giustizia italiana. Ho avuto modo di verificarla, non solo per la vicenda di mia madre ma anche per tante altre persone. Io sono il presidente del Comitato vittime al metanolo che abbiamo creato tanti anni fa. Nel corso di tutti questi anni la maggior parte delle persone che erano rimaste cieche sono morte e i loro parenti si sono un po’ dispersi in quanto hanno perso ogni speranza. Io, ancora oggi, combatto mediante il mio libro perché esso sia una testimonianza. Ho cercato di farmi portavoce del dramma presso tutti i governi che si sono succeduti da quando mia madre nel 1986 è diventata cieca. Anche l’anno scorso, nonostante il Covid, ho inviato diverse comunicazioni a tutti i governanti, da Salvini a Di Maio a Conte, per cercare di ottenere almeno una risposta e nessuno si è mai curato delle mie comunicazioni. Ebbene questa non è solo politica ma giustizia e l’incuria dimostra che non esiste.  Di solito quando avvengono le stragi si dice di avere fiducia nella giustizia e di sperare, ma io non spero proprio più niente. Non è per i soldi ma è per un fatto di dignità. Il processo dei colpevoli del vino al metanolo è stato fatto sei anni dopo l’incidente e durante questi anni i criminali hanno potuto imboscare tutti i loro beni, per cui quando si è trattato di risarcire i danni erano nullatenenti e non hanno potuto farlo. Qualcuno ha pagato con pochi anni di prigione, il maggiore responsabile si disse anche lui vittima perché si stava danneggiando l’immagine della sua azienda!  La sentenza ha decretato che le vittime dovevano essere esercitate per un miliardo di lire ognuna ma ancora oggi nulla è avvenuto. Dopo qualche anno, usciti dalla galera, la produzione di vino è ripresa.

Oggi che tipo di vita conduce suo fratello?

Mio fratello si occupa di ufologia questa è la sua passione e il suo hobby. Ha da tempo abbandonato la politica. Io rispetto le sue idee, non si è mai pentito ma si è dissociato e pur non avendo ucciso nessuno ha fatto cinque anni di prigione. Ecco il confronto con la vicenda di mia madre. Lei è stata una vittima di quel sistema criminale che mio fratello avrebbe voluto combattere. L’unico problema, che ancora noi tutti ancora oggi gli contestiamo, è stato quello di aver abbracciato la lotta armata. Oggi ha cambiato completamente vita, si è sposato, ha famiglia, vive nel Lazio e sta tranquillo. Quando parliamo con lui di politica ci sono tante cose importanti che emergono per cui tante volte sfugge e vorrebbe non parlarne.

E lei?

Io nonostante tante peripezie, in quanto quelle che ho scritto nel libro sono solo una piccola parte, sono riuscito ad entrare nuovamente nell’amato mondo dello spettacolo. Da un po’ di anni lavoro per una produzione televisiva ma, soprattutto, riesco a realizzarmi anche come attore con piccole parti in televisione, in cinema e soprattutto in teatro che amo molto. Scrivo testi teatrali, in particolare horror e thriller specifici per il teatro.  Con il mio thriller Nella Tana dell’Orco, che è stato molto apprezzato, ho vinto tre premi internazionali quali quello di Taormina, Napoli dove ho ritirato il premio Oscar per alto merito descrittivo e poi in Calabria a Castrovillari.

Io scrivo di solito horror e thriller in cui lavora moltissimo la mia fantasia.

Purtroppo in Terrorismo acido non c’è fantasia, è tutta realtà.

Grazie a Roberto Ferlicca per aver voluto rendere la sua testimonianza.

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About Maria Paola Battista

Amo ascoltare, leggere, scrivere e raccontare. WWWITALIA mi dà tutto questo. Iniziata come un’avventura tra le mie passioni, oggi è un mezzo per sentirmi realizzata. Conoscere e trasmettere la conoscenza di attori, artisti, scrittori e benefattori, questo è il giornalismo per me. Riguardo ai miei studi, sono sociologa e appassionata della lingua inglese, non smetto mai di studiare perché credo che la cultura sia un valore. Mi piace confrontarmi con tutto ciò che è nuovo anche se mi costa fatica in più. Attualmente mi sto dedicando alla recensione di libri e all'editing. Ho scritto, inoltre, diverse prefazioni a romanzi. Grazie ai lettori di WWWITALIA per l’attenzione che riservano ai miei scritti e mi auguro di non deluderli mai. mariapaolabattista@wwwitalia.eu