Tre per una di Roberta Palopoli, recensione e intervista all’autrice
Tre per una di Roberta Palopoli, Castelvecchi Editore, pp. 116, costo € 16,50
Tre per una è un thriller sorprendente e coinvolgente. Raccoglie, infatti, in sé i fondamentali aspetti di questo genere.
Il lettore è preso sin dall’inizio dallo svolgersi delle vicende che alternano passato pensato (ben distinguibile dalla scrittura in corsivo) e presente, in un concentrato di suspense ed emozioni.
Non perde tempo la scrittrice Roberta Paolopoli, non tergiversa in inutili passaggi, anzi dall’inizio alla fine il lettore non ha tregua: deve leggere, deve arrivare presto alla conclusione della storia perché deve sapere.
E partecipando quasi in prima persona, egli potrà immaginare un epilogo che, però, non credo sia quello giusto per cui ne rimarrà ancora di più sorpreso.
La suspense creata è più intensa anche del desiderio di risolvere i casi o di partecipare alle indagini, che in realtà sono poche e hanno a mio parere lo scopo esclusivo di fungere da “campanello d’allarme”.
Il coinvolgimento emotivo è molto forte in quanto la narrazione in terza persona fa vivere al lettore la preparazione di ogni omicidio ben architettato dall’assassino. Anzi il lettore lo vive intensamente chiedendosi immediatamente dopo: «Ora cosa accadrà?»
Insomma un libro da leggere per gli appassionati del genere, per coloro che amano vedere la psicologia dei criminali più che gli aspetti investigativi dei gialli. Il personaggio, infatti, rivela un vissuto e delle drammatiche esperienze che lo conducono a diventare un serial killer. Ma anche i suoi antagonisti sveleranno aspetti psicologici sorprendenti che andranno a completare in maniera esauriente il climax della narrazione.
Intervista all’autrice
La scrittrice di Tre per una è psicologa e ciò mi spinge a chiedere come mia prima curiosità quanto il suo lavoro o i suoi studi la abbiano influenzata nella stesura del thriller.
In realtà la psicologia mi ha influenzata di più sulla caratterizzazione del personaggio femminile, molto importante nella storia. Lui mi è “apparso”, sono partita da un’idea di un ragazzino abusato emotivamente nell’infanzia, si, ma ho trattato l’argomento sullo sfondo. Non è un romanzo psicologico, bensì un racconto apparentemente negativo che trova poi una via migliore, positiva solo per i personaggi che sono capaci di uscire fuori dai binari.
Quanto ha lavorato sul personaggio?
Mi è venuto in mente come se stessi guardando un film, volevo un uomo strapazzato e folle che però sapesse conservare lucidità e determinazione degna di una persona normale. Ho lavorato sull’idea di come potesse muoversi, sulla sua eleganza, sul suo bisogno di amore mai espresso, anzi negato, che sfocia in una fissazione per qualcuno incontrato casualmente. La persona incontrata lo porterà inconsapevolmente ad agire in modo insolito.
Leggendolo per la recensione ho avuto l’impressione di leggere un thriller. Non so se sbaglio. Come si costruisce un romanzo di questo genere?
Si ha bisogno di una griglia mentale tramite cui si possano riconnettere dettagli, nomi, orari. Il rischio di scrivere inesattezze c’è. Anche per questo esiste l’editing.
Questo romanzo, però, lo definirei Noir, perché la storia viene concepita dalla parte del criminale, dal suo punto di vista e non ci sono poliziotti né commissari. Il finale non è scritto per dare risposte o soluzioni, come può avvenire nel thriller o per chiudere definitivamente le avventure e disavventure dei protagonisti. Illustra, piuttosto, aspetti nascosti dei personaggi, figli delle loro patologie ma capaci di trovare un equilibrio giorno per giorno.
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