Trieste. La memoria in mostra al Museo della Civiltà Istriana tra sorprendenti scoperte e un patrimonio di tesori

“Tesori, memorie ritrovate, memorie conservate”: la mostra, aperta il 5 agosto scorso, chiuderà il 30 ottobre insieme a un’altra mostra, che avrebbe dovuto già chiudere, ma che farà compagnia alla prima, dal titolo “Cherso, un archivio ritrovato”.

Due occasioni per far visita al Civico Museo della Civiltà istriana fiumana dalmata in via Torino, 8 a Trieste. Qui ha sede l’Irci, Istituto Regionale per la Cultura Istriana fiumana dalmata, che ha organizzato questi eventi per dare un’idea della grande ricchezza di memorie e, appunto, di tesori appartenenti alla storia di questi territori magnifici. Il patrimonio, enorme e in continua crescita, permette all’ente, infatti, di esporre periodicamente spaccati tematici di storia italiana, ormai oltreconfine, che conserva radici profonde nel cuore di un popolo sradicato dalla sua terra, disperso in tutta la penisola italiana e anche all’estero.
La particolarità della mostra su Cherso, curata da Claudio Ernè, sta nel fatto che le fotografie esposte sono frutto di un singolare ritrovamento casuale in una discarica a Cherso, di una scatola di lastre fotografiche, da parte di un oste, Sanjin Muscardin; quelle integre o non spezzate sono state restaurate, stampate e raccolte in uno splendido volume dal titolo Cherso in mostra, un archivio fotografico ritrovato. Tra queste due fotografie a colori, realizzate dall’anonimo fotografo, con il metodo “Autocrome Lumiere”, sono un rarissimo esempio di questa esecuzione, tanto da far pensare a uno sperimentatore. Il periodo in cui sono ambientate le immagini va dalla fine dell’Ottocento all’inizio del Novecento fino all’Unità d’Italia, come testimoniano anche le bandiere diverse sventolate nei diversi scatti. Vestiti, abitudini familiari, pose, pettinature, la moda insomma, ci parlano di una società agiata, ma anche fortemente legata alla cura della terra e del bestiame, un vero e proprio spaccato di Belle Époque.

È la storia, raccontata da immagini e documenti, degli esuli allontanati dalle loro case e, poiché dal silenzio si passa progressivamente alla perdita della memoria, queste iniziative risultano provvidenziali per coloro a cui sono rivolte, doverose per chi le mette in atto. Un prezioso volume sul patrimonio dell’Irci, Tesori, Memorie ritrovate, memorie conservate, corredato da utili commenti e descrizioni, accompagna la mostra, prolungando l’esperienza visiva.
Ai primi materiali catalogati dall’Istituto si sono aggiunte nel tempo donazioni e acquisizioni che hanno permesso di dar vita a un archivio, a una nutrita biblioteca e anche a collezioni d’arte di pregio, come la pinacoteca, la collezione di stampe e carte geografiche e la collezione di medaglie.

Per quel che riguarda gli oggetti della memoria, l’Irci riuscì a farsi carico delle masserizie degli esuli nel 1989, quando ormai quegli oggetti della quotidianità, lasciati in via provvisoria dagli esuli in cerca di un alloggio idoneo e di una sistemazione, erano stati dichiarati abbandonati, per diversi motivi, dai loro proprietari, bloccati per anni nel CRP o emigrati all’estero. Dai mobili, alle suppellettili, ai vari ricordi più semplici, alle foto, ai libri e ai quaderni di scuola, alle sedie, tutto sembra attendere il ritorno dei proprietari. E invece quegli oggetti, suggestivamente esposti al Magazzino 26 del Porto Vecchio di Trieste, aspettano solo noi.
Molto il lavoro dei volontari che c’è dietro le traversie che queste masserizie hanno affrontato spostandosi dai Magazzino 22, poi demolito, al 26, colpito da un incendio, al Magazzino 18, che Simone Cristicchi ha portato all’attenzione pubblica con il suo bellissimo spettacolo e dove sono state fino all’anno scorso, ai rinnovati e ampi locali del 26, dove oggi sono oggetto di visite guidate grazie sempre all’opera di volontari.

Per la seconda volta ho fatto il mio giro tra queste memorie, dopo tre anni, accompagnata da Fioretta Filippaz e Giovanna Penna. La prima, profuga da Grisignana d’Istria, matura e lucida testimone diretta degli avvenimenti, essendo partita da bambina dal suo paese, preoccupata oggi di trasferire ai giovani questa storia con il forte messaggio di non giudicare mai le persone dalla propria provenienza. La seconda, laureata, 26 anni, che ha vissuto i silenzi dei nonni, scoprendo solo nel 2017 la loro vera storia di profughi istriani, impegnata a comunicare la necessità di non sottovalutare il prezzo che gli italiani d’Istria pagarono per l’unità nazionale del nostro Paese. E loro sono solo degli esempi dell’impegno che, sotto la guida dell’instancabile direttore Piero Delbello e del presidente Franco Degrassi, l’Irci mette in campo ogni giorno per conservare i tesori di questa memoria.
Istituto Regionale per la Cultura Istriano-Fiumano-Dalmata
via Duca d’Aosta 1, Trieste
tel. 040 639188
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