Trieste Next, Università ed enti di ricerca in mostra per il festival della ricerca scientifica

Una tre giorni, dal 22 al 24 settembre 2022 per l’undicesima edizione dedicata ad incontri, laboratori, giochi. Trieste Next si presenta come un “osservatorio” dove trovano visibilità ricerca applicata e nuove tecnologie, un ”laboratorio” di idee concrete e soluzioni pratiche per accrescere il benessere delle comunità e la competitività delle aziende.
L’edizione 2022 del Festival è promossa da Comune di Trieste, Università degli Studi di Trieste e ItalyPost, ed è curata da Goodnet Territori in Rete.
Ho visitato l’esposizione e posto qualche domanda ai referenti di alcune interessanti sezioni. Fabio Del Missier, professore associato in Psicologia generale all’Università degli Studi di Trieste, mi ha gentilmente dedicato un po’ del suo tempo.
Professore, vedo persone munite di visori virtuali percorrere uno spazio vuoto, ci vuole spiegare in cosa consiste la vostra ricerca?
Facciamo parte del Dipartimento di Scienze della vita dell’Università di Trieste, siamo un gruppo di ricercatori psicologi che prova a riprodurre con la realtà virtuale scenari capaci di ripristinare le condizioni psicofisiche di benessere della persona. Abbiamo osservato che alcuni elementi naturali, come, per esempio, i boschi, i laghi e fiumi forniscono sensazioni di benessere negli individui rispetto ad altri. Le nostre osservazioni hanno dimostrato quanto trovarsi per soli 10 minuti in un ambiente sfavorevole diminuisca notevolmente la capacita di svolgere compiti complessi, mentre il contrario accade dopo una esposizione ad ambienti che ristorano. Abbiamo utilizzato per prime immagini di luoghi bidimensionali associate ai suoni per svolgere questo studio sulla percezione; poi, in base ai dati ottenuti, abbiamo sviluppato ambienti virtuali immersivi, grazie a una start-up di giovani. Qui abbiamo dei prototipi che stiamo sviluppando per studiare questi processi psicologici.
Sono personalizzabili queste esperienze ristorative?
Ci sono ambienti che più o meno per tutti sono ristorativi, anche alcuni ambienti urbani lo sono, in particolare biblioteche e musei. Ovviamente ci sono differenze individuali, per esempio alcune persone hanno paura dei boschi per vissuti pregressi o perché temono gli animali selvatici. Per quelle persone il bosco può non essere ristorativo. Tra gli obiettivi di questo studio c’è anche quello di capire come andare incontro all’esperienza individuale e della singola esigenza.
Questi studi possono essere utilizzati per agire su persone che non godono di benessere psicofisico, per ripristinare le condizioni ideali, come si trattasse di una cura?
Lo studio non è rivolto attualmente a questi scopi, ma a creare condizioni favorevoli al benessere, per prevenire situazioni di stress e anche per sensibilizzare le persone riguardo all’importanza degli ambienti in cui viviamo. Ma è nelle nostre intenzioni estendere l’applicazione dello studio anche in persone affette da stress per migliorarne le condizioni.
Le dimostrazioni che oggi fate al Trieste Next servono anche al vostro studio?
È un po’ difficile perché l’ambiente è disturbato, ma servono ad avere una certa misura della percezione che le persone hanno di questi ambienti immersivi. Abbiamo in programma, ovviamente, di testare in futuro gli strumenti che ora vede qui in modo da migliorarne l’applicazione. Se vuole può provare anche lei.

L’ho fatto. In effetti, l’idea di utilizzare la realtà virtuale per ottenere effetti psicologici positivi e reali sulle persone, mettendole in condizione di affrontare una giornata difficile o tediosa, abbassando i livelli di stress, che sono spesso causa di disagi sociali soprattutto negli ambienti urbani, è allettante. Per la prova del visore ho scelto un ambiente urbano, anziché quello naturale, incuriosita dall’effetto benefico che ne poteva risultare: è stata una esperienza simpatica. Essendo la mia prima volta di realtà virtuale, ahimé, la mia preoccupazione era di non inciampare o cadere davanti a tutti. Quindi mi sono concentrata a familiarizzare con l’ambiente fisico e reale a mia disposizione. L’ho vissuta come un gioco, con leggerezza, ma ho immaginato anche che con un aiuto sonoro il tutto potesse funzionare. In fondo, ho pensato, c’è chi, per immergersi in una realtà virtuale, legge un buon libro, ne assapora le parole, ne vive le vicende in prima persona, divenendo coartefice della storia, come spesso faccio anche io.
Ma la tecnologia ci consente di guardare oltre, alla potenzialità che ci offrono le invenzioni e gli studi, soprattutto dove, per motivi di disabilità personale non si può usufruire di ambienti e occasioni accessibili ai più. Soprattutto in casi come questo è bene incentivare la ricerca per dare a tutti le stesse possibilità. A chi può, un consiglio: una bella passeggiata in campagna e un buon libro, rispetto della natura e delle altre persone evitano di elevare i livelli di stress e di contagiarne gli altri.
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