Un’influencer per una Venere senza tempo

“Smettila con questi selfie, non ne farai certo una professione!” Tuonava il papà di un’adolescente Chiara Ferragni ossessionata dall’obiettivo fotografico. Nata nell’era dell’immagine, già da piccola abituata ad essere protagonista virtuale del vissuto familiare, di quelle immagini ha saputo farne un lavoro. Business di se stessa, ha avuto fiuto in modo perspicace, anticipando i tempi, creando e gestendo la propria immagine grazie alla quale ha ottenuto proseliti e seguito, diventando in breve tempo, l’influencer più in voga del momento. Ha saputo intercettare e catturare le giovani menti di chi aspirava ad essere lei. Certo, tempi cambiati indecifrabili, emulare il nulla in generazioni che hanno perso l’essenza per seguire un’immagine virtuale attraverso i social, il sogno di una vita apparentemente possibile ed accessibile, ma in realtà irraggiungibile. Chiara fa tendenza, tutto ciò che indossa e che promuove diventa oro, tanto da creare opportunatamente un proprio brand. Generosa con i suoi numerosissimi followers cui concede ogni attimo della sua vita, della sua maternità, dell’unione con l’idolo musicale del momento.

La dimora nel ‘riservato’ bosco verticale della Milano da bere, da emulare per chi segue il fatuo, l’arricchimento apparentemente facile che invece ha dietro studio, marketing, scelte ponderate. Tutto questo può sembrare deplorevole per chi nella vita ha studiato, ha faticato ad “essere” rispetto a chi si è imposto diventando egli stesso “prodotto”. La Ferragni, nel film a lei dedicato, parla di sé in terza persona: “cosa farebbe o direbbe ora la Ferragni?” Si chiede a più riprese quasi a dimostrazione di essere essa stessa spettatrice della propria vita. L’ultimo fotogramma del film autobiografico mostra lei bambina con uno sguardo perso nel vuoto in risposta alla domanda: “Che vuoi fare da grande?” E lei, ancora inconsapevole del fatto che la sua professione doveva ancora essere inventata.

Ma non è lei da condannare piuttosto chiediamoci perché i nostri giovani, figli di un padre evaporato, sognino un punto di arrivo alto senza alcuna fatica o processo di formazione necessario al percorso. Quante Ferragni possono esistere? Si creano corsi di laurea per diventare influencer. Molti giovanissimi creano un proprio canale youtube nella disperata richiesta di followers, il numero conta, non il contenuto di ciò che si è in grado di mostrare. Il vero problema è che questi comportamenti sono il risultato di una società non più basata sul merito, la cosiddetta società liquida, costruita sul virtuale, sull’ultima moda, sulle tendenze dell’ultimo grido che facendole proprie ti rendono essenza apparente senza sostanza.

Eppure un servizio fotografico agli Uffizi della Chiara Ferragni desta scandalo come se l’élite culturale, depositaria di grandi valori, non fosse invece capace di includere. Sembra che la cultura, quella alta, sia tale finché resta di pochi eletti, poi si può disquisire sulla miseria umana, ma mai esserne contaminati.

Ben venga allora un’influencer della portata della Ferragni se questa può avvicinare i giovani al nostro più alto patrimonio culturale, dove la famiglia, la scuola la comunità educante non vi è riuscita. Chiediamoci il perché prima di recriminare. Forse non riusciamo ad intercettare il loro linguaggio, ad essere attraenti, convincenti che la cultura emancipi, elevi. Allora cominciamo a non essere snob, selettivi e a includere nella cultura, nella sua accezione madre, tutti gli aspetti che ci parlano e ci dicono che qualcosa è cambiato nei tempi.

Nonostante questi cambiamenti, un quadro di Botticelli ha ancora un fascino attrattivo per tutte le anime sensibili, ma è necessario che queste vadano educate a vederla questa bellezza e apprezzarla. Proprio quella sfera politica che si era formata sull’idea di elevare il popolo, di livellare le disuguaglianze sociali, appare oggi distaccata, chic pronta a coniare termini dispregiativi come “populista” o “giustizialista” per chi aneli ad una vera giustizia sociale. Ben venga quindi anche la Ferragni se è in grado di educare alla bellezza non solo di una maglietta, un bracciale o la bontà di un’acqua minerale, ma di una Venere senza tempo.

 

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About Angela Ristaldo

Angela Ristaldo, giornalista pubblicista per inseguire una passione per il giornalismo nata tra i banchi di scuola come espediente didattico privilegiato per educare i ragazzi, anche in tenera età, all'autonomia di giudizio e al senso critico. Organizza da anni un giornale scolastico che spazia tra gli interessi dei ragazzi agli stimoli circostanti che la realtà propone. Laureata in Lingue è dal 2005 insegnante di scuola primaria per scelta, credendo fortemente nella scuola come veicolo e velivolo formativo di cultura: unica arma per essere vincente in questi tempi così cangianti e difficili. Amante dell’Arte, spazia nei suoi articoli, tra le più svariate tematiche dal sociale alla scuola senza mai perdere di vista la bellezza insita in tutte le cose se la si sa osservare e valutare.