A VOLTE RITORNANO

Il viaggio perfetto è circolare. La gioia dell’inizio, la gioia del ritorno. Così si può riassumere l’incredibile notizia che arriva dagli USA. Se fosse un libro in America si chiamerebbe the best seller, e il meglio di sempre nel basket in America si chiama Michael Jordan. Egli non nasce fenomeno, questa è la bella storia, non nasce Maradona, non nasce Pelè, anzi a sedici anni viene escluso dalla squadra del suo liceo: ha le orecchia a sventola, un naso troppo grande, è forte ma non abbastanza per entrare in una squadra liceale. Il ragazzo è molto timido, al punto che frequenta per tre anni un corso di economia domestica, dove impara a cucire, spaventato dal fatto che, crescendo, non avrebbe mai trovato una donna con cui sposarsi. Adesso prendete questa storia e portatela più avanti, perchè diverrà il più grande giocatore di sempre.Ci vorrebbero pagine e pagine per scrivere successi personali e di squadra per questo grande e infinito cestista, ma ci limitiamo ad una frase di un grande della pallacanestro, Larry Bird: “Penso che sia semplicemente Dio,travestito da Michael Jordan“.Dopo aver vinto le Olimpiadi di Barcellona del 1992, decide di ritriarsi dal basket affermando di “voler dimostrare di primeggiare in un altro sport che non sia il basket“, inizia con la squadra dei Chicago White Sox, salvo poi finire in una squadra di seconda divisone dei Birmingham Barons con poche esperienze positive Ben presto torna a casa nei suoi Chicago Bulls affermando che la sua carriera nel baseball è finita e, non ancora appagato, decide di continuare vincendo il suo sesto ed ultimo titolo NBA con i suoi Bulls. 

Si ritirerà ripensandoci per ben due volte, fino al ritiro definitivo che arriva nel 2003 con la maglia dei Washington Wizards; il 16 aprile 2003 gioca la sua ultima partita contro Filadelfia, dove si potrà assistere all’ultima sua schiacciata e all’ultimo tiro della sua carriera: un tiro libero che gli farà raggiungere i 20 punti di media in stagione a 40 anni.
Uscendo dalla partita a poco più di un minuto dal termine, avviene una standing ovation di tifosi, giocatori e addetti ai lavori, che costringe a fermare la partita per diversi minuti, mentre dal pubblico avversario si alza il coro “We Want Mike!”. Ma è veramente finita. È l’ultima apparizione su un parquet di Michael Jordan che, visibilmente emozionato, dopo aver salutato i giocatori avversari e gli amici presenti, si avvia verso gli spogliatoi. Michael “Air” Jordan lascia i parquet con un interminabile numero di record alle spalle.
Corre l’anno 2009 e vengono pronunciate le seguenti parole durante un evento Hall Of Fame: “Forse un giorno mi vedrete giocare una partita quando avrò 50 anni. Non c’è nulla da ridere, mai dire mai.” Chi le ha dette? Michael Jeffrey Jordan, nato il 17 febbraio 1963 e quindi vicinissimo ai dichiarati 50 anni. Classe ’63, MJ starebbe pensando a un regalo decisamente particolare per festeggiare il suo 50esimo compleanno, in calendario per il prossimo 17 febbraio: tornare a calcare il parquet in una partita ufficiale NBA, e farlo indossando la canotta dei Charlotte Bobcats, squadra di cui è proprietario. Come detto, è soltanto una voce, ma stretti collaboratori raccontano di come Jordan abbia cominciato un programma di allenamenti abbastanza intenso con la squadra: sarebbe, come detto, il suo terzo ritorno nella NBA (anche se per una sola partita), dopo quello del 1995 con i Chicago Bulls e quello del 2001 con Washington. Una follia/pagliacciata?
Conoscendo il personaggio, uno che a 40 anni suonati ha chiuso la sua ultima stagione da professionista a 20 punti di media conditi da oltre 6 rimbalzi e quasi 4 assist a partita, è più facile pensare che possa prendere la cosa molto seriamente, e che sia in grado di “portare a scuola” ancora più di un avversario sul parquet.
Quando il tuo sport chiama, pardon, richiama, se sei stato il più grande è difficile dire di no come disse qualcuno: “Mai dire mai”, e se dovesse capitare non c’è da meravigliarsi, in fondo l’era di uno che 23 anni fa ci ha invitato a volare con lui, uno grazie al quale, 23 anni dopo, dobbiamo ancora toccare terra, non è ancora finita.

                                                                                                   Francesco Moretti

 

 

 

 

 

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