Effetto farfalle dell’economia. Il focus di Giuseppe Rocco

Con la finzione meteorologica “Effetto farfalle” si immagina che il movimento delle ali di farfalle possa inviare flussi di maltempo: allegoria che richiama la globalizzazione a cui si aggiunge l’idolatria del mercato finanziario, primaria ragione degli squilibri economici.

Nel complesso l’economia globale è cresciuta enormemente negli ultimi settanta anni, soprattutto sotto la spinta del modello statunitense in tutti i circuiti del commercio mondiale. Concorrente agli Usa e in leggero ridimensionamento appare il “modello renano” diffuso in Germania e recepito pure in Francia e in Italia. Questo ultimo modello è improntato sulla coesione e sul consenso sociale, sulla fiducia reciproca e sulla programmazione a lungo termine. La strategia americana invece conta prevalentemente sul successo individuale, sul rischio, sui guadagni a breve termine, in cui l’attività finanziaria domina l’economia reale.

La fine drastica e irreversibile del sistema sovietico ha indotto l’opinione pubblica a ragionare in termini manichei, in cui si approda agli estremi, saltando tutte le varie gradualità. Ciò non tiene conto che il superamento di una ideologia non implica necessariamente il contrario della stessa, comunque integrale ed esasperata. Infatti la svolta economica e soprattutto finanziaria a livello internazionale, mentre da una parte promuove il puro sviluppo produttivo, dall’altra infierisce sugli aspetti di natura sociale.

Con la globalizzazione si tende a disaggregare il processo di evoluzione e a localizzare le varie componenti in mercati esteri su scala mondiale. In questa fase, gli investimenti esteri, in forza dell’attività svolta dalle multinazionali, divengono la forza decisiva per l’integrazione dei diversi mercati esteri. Infatti oggi l’economia globale è un sistema multidimensionale nel cui ambito i fattori produttivi si muovono ed interagiscono sulla base delle decisioni delle multinazionali.

Con la globalizzazione si chiede ad ogni popolo di fare quello che gli è più congeniale per ragioni climatiche, geografiche, per la natura del suolo, per tradizione, ecc. Inoltre nello stesso assetto economico territoriale, il nuovo corso tende ad eliminare intere funzioni aziendali con relativi abbattimenti di costi fissi e maggiore flessibilità di gestione. Esempio ricorrente per il grano duro: le sementi sono selezionate in Germania, il fungicida è prodotto da una multinazionale danese; il concime contiene fosfati nordafricani; il principio attivo dell’erbicida è una molecola scoperta in Svizzera; il trattore e la trebbiatrice sono originari dagli USA, e funzionano con petrolio estratto in Kuwait; sono manovrati da un immigrato pachistano; il prezzo del grano è deciso a Bruxelles; i consumatori si trovano sparsi nel mondo.

A livello europeo, la globalizzazione sta imponendo nuovi meccanismi organizzativi, tra cui la sussidiarietà. In base a tale principio, l’Unione europea interviene in settori di non esclusiva competenza. L’intervento diventa necessario quando gli obiettivi di un’azione non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono essere meglio raggiunti a livello comunitario.

La globalizzazione appare come un fenomeno incontestabile per la sua portata; risulta pure irrefrenabile in una dimensione internazionale; conferma il concetto di panacea per la rapidità delle comunicazioni in tutti i sensi. Le sue manifestazioni, abbandonate all’arbitrio del mercato, possono pregiudicare l’esistenza in modo consistente. Al riguardo abbiamo verificato i rischi ecologici, per abbassamento del livello della bontà dei prodotti e per stravaganza nelle lavorazioni inquinanti; abbiamo pure avvertito gli scompensi di un mercato finanziario, in balia di speculatori mascherati da operatori economici, i quali creano momenti di guadagno a scapito dell’economia reale; gli Stati perdono il loro potere e non riescono a intercettare le perturbazioni, osservando passivamente la caduta dei valori e del benessere. Comprovato che il fenomeno di grosse dimensioni, noto come globalizzazione, diventa uno strumento di rara potenza, suscettibile di apportare danni e benefici, sembra del tutto naturale postulare l’impostazione di un sistema mondiale in grado di filtrare e agevolare tutto ciò che riguarda la crescita individuale e collettiva, nonché di captare i guasti diretti o dissimulati per isolarli e bloccarli. Un’operazione completa ed esaustiva diventa impossibile in un pianeta dove le forze in campo sono tante e i protagonisti irrompono con fermezza subdola sul mercato, tuttavia lo sforzo di arginare i danni va in ogni modo profuso, nella convinzione che la maggior parte delle azioni saranno controllate e sottoposte a cernita. Purtroppo Sotto Bill Clinton viene varata la nefasta deregulation dei derivati, foriera di catastrofi per l’economia mondiale e di ricchi profitti per i banchieri.

Il capitalismo diventa una divinità che dispone dei suoi templi, nella fattispecie della Borsa valori, digitalizzata e artefatta, con i suoi sacerdoti, quali operatori finanziari; essa esprime una propria trascendenza con il mercato, sacrificando i valori esistenti, principalmente la famiglia. Addirittura secondo Muntzer, esiste un accanimento da parte dei capitalisti che sono l’origine di ogni usura, di ogni ladrocinio; essi si appropriano di tutte le creature: dei pesci del mare, degli uccelli dell’aria, degli alberi della terra, dei combustibili del sottosuolo. Il comandamento evangelico di “non rubare” riguarda i poveri, non potendolo applicare ai capitalisti i quali possono rubare indisturbati.

Archiviando la filosofia, dobbiamo auspicare un processo di osmosi fra economia, finanza e società, stimolando gli organismi internazionali e in particolare l’OMC a basarsi sul nucleo autentico del pensiero rivolto ad elevare il livello di vita senza la servitù delle multinazionali.

Con la parola Feticismo si intende quella religione primitiva che prevede l’adorazione dei feticci, ovvero di oggetti ritenuti di poteri magici. Karl Marx ha elaborato una teoria specifica riguardante il lavoro, il quale diventa fonte di ricchezza e di produzione: la merce generata assume un’esistenza indipendente che cela i rapporti sociali esistenti tra gli uomini; si comporta come un feticcio, cui si attribuisce una vita indipendente. In senso allegorico, il feticismo viene configurato come ammirazione fanatica ed esclusiva, che diventa un’adorazione verso qualcosa. Il culto viene tributato al mercato finanziario, portatore di speranze e di ipotetiche ricchezze, e principalmente alla Borsa valori. Ne discende una forma artificiosa di meccanismo che serve a cablare il cervello degli aspiranti al guadagno facile, che nel tempo si proietta verso il decadimento sociale delle risorse economiche e morali.

Tra la fine del 2007 e la metà del 2009 il prodotto interno lordo è caduto dell’8%, due punti e mezzo in più del resto dell’area comunitaria. La crisi finanziaria comporta effetti particolarmente pesanti per le banche europee. Nell’area euro la disoccupazione sfiora il 13% nell’anno 2013; gli effetti si fanno sentire sulla qualità del credito bancario in cui la sofferenza dei crediti stessi risulta più che triplicata. Nella nostra nazione, le politiche senza consistenti investimenti produttivi e con l’adozione di bonus o incentivi a fondo perduto, sotto lo spettro della burocrazia vincolante, hanno lasciato l’occupazione sfuocata e generatrice di turbolenze.

L’incalzante integrazione dei mercati mondiali dei beni e dei servizi ha introdotto nuove formidabili pressioni competitive da parte dei produttori localizzati in Paesi emergenti di dimensioni territoriali eccezionali, come la Cina e l’India, ma anche Stati più piccoli come la Corea del Sud.

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About Giuseppe Rocco

Esperto di commercio estero. Vice Segretario generale della Camera di commercio di Bologna sino al 31.1.2007; Docente esterno presso l’Università di Bologna, Istituto Economico della Facoltà di Scienze politiche, in qualità di cultore dal 1990 al 2006, di “Istituzioni Economiche Internazionali” e in aggiunta dal 2002 al 2006 di “Diritti umani”; Pubblicista iscritto all’Albo dei Giornalisti dal 1985; 450 articoli per 23 testate nazionali; in particolare consulente del Il Resto del Carlino, in materia di Commercio internazionale, dal 1991 al 1995; Saggista ed autore di 53 libri scientifici ed economici; Membro del Consiglio di Amministrazione del Centergross dal 1993 al 2007;Membro del Collegio dei periti doganali regionali E. Romagna, per dirimere controverse fra Dogana ed operatori economici dal 1996 al 2000, con specificità sull’Origine della merce.