Il Mese Classico. Intervista a Roberto Roganti su Johann Christian Bach

Salve a tutti, amici carissimi, e benvenuti di nuovo a Il Mese Classico, Rubrica condotta dall’amico e collega Roberto Roganti.  Questo mese Roberto ci intratterrà con un altro grande musicista e compositore: Johann Christian Bach

MTDD: Ciao Roberto e grazie per essere di nuovo qui con noi.

RR: Grazie a te per ospitarmi.

MTDD: Oggi ci parli di J. C. Bach, un altro grande musicista. 

Cosa puoi dirci di lui?

RR: Johann Christian Bach fu allievo del padre (fu il terzultimo figlio di Johann Sebastian, e l’undicesimo nato dal suo secondo matrimonio), poi del fratellastro Carl Philipp Emanuel a Berlino; qui si appassionò per l’opera italiana al punto che ben presto lo troviamo a Milano, dove verso il 1755 entra nell’orchestra del conte Litta e viene da questi mandato a Bologna per perfezionarsi col celebre Padre Martini. Convertitosi al cattolicesimo, nel 1760 ottenne il posto di organista al duomo di Milano, iniziando nel 1761 la carriera di compositore d’opera. I successi di Torino e di Napoli gli valsero la nomina a compositore del King’s Theatre di Londra: dal 1762 visse a Londra, dove fu anche maestro di musica della regina Sofia Carlotta e dove ebbe contatti col Mozart fanciullo, che dalla sua musica ricevette stimoli non trascurabili. Fu assai ricercato come insegnante e molto applaudito come esecutore e direttore d’orchestra: ma la sua fama venne meno col mutare del gusto, e anche le sorti finanziarie e di un’impresa concertistica da lui fondata mutarono al punto che egli finì in condizioni eco­nomiche tutt’altro che floride.

MTDD: Ci sono degli aspetti nella sua produzione musicale che lo differenziano soprattutto dal padre?

RR: Certamente.Johann Christian è il maggior sinfonista tra i figli di Johann Sebastian, ed è anche, dei figli del grande Bach, quello che più si scostò come compositore dalla via battuta dal genitore. Padre Martini, Jommelli e tutti gli altri operisti italiani lasciarono su di lui un’impronta decisiva, tanto che egli coltivò con particolar cura, a differenza degli altri Bach, la produzione teatrale.

MTDD: Puoi descriverci qualche particolarità della sua produzione?

RR: Volentieri. Nella musica strumentale, anche per il fatto di far parte di una generazione ormai proiettata verso il 1800, egli tende a plasmare l’orchestra con maggior eleganza, con un tocco di ro­cocò corretto da un assorbimento cosciente dei nuovi principi introdotti dalla scuola di Mannheim: di qui una cura tutta particolare per il timbro e per il chiaroscuro, un ricorrere all’omofonia abbandonando la tradizione polifonica paterna che era ormai considerata, dalle nuove generazioni, un inutile peso morto. Si spiega così il suo influsso su Mozart – che egli del resto fu tra i primi ad apprezzare, – nel senso di un affinamento del gusto melodico più che di un perfezionamento della forma-sonata che resta un apporto tipico del fratellastro Carl Philipp Emanuel. 

MTDD: Quali sue opere hai preparato per noi oggi?

RR: La sua produzione strumentale comprende una cinquantina di sinfonie, una trentina di sinfonie concertanti, 13 ouvertures e 37 concerti per clavicembalo (o piano­ forte) e orchestra.

Per voi ho preparato le seguenti:

Sinfonia in mi bemolle magg. op. 9 n. 2 (1770 circa) 

Comprende, accanto agli archi, due oboi e due comi ed è notevole soprattutto per l’ampiezza dell'”Allegro” iniziale, che presenta non poche somiglianze con lo stile di certo Haydn.

Il breve “Andante con sordini” è invece quasi mozartiano nella sua perfetta grazia melodica, mentre il “Minuetto” conclusivo ha tutta l’eleganza di un terzo tempo di sinfonia classica: anche qui, non si può fare a meno di pensare a Mozart.



Sinfonia in si bemolle magg. op. 18 n. 2 (1772-76)  

Era originariamente un’ouverture per l’opera Lucio Silla, andata in scena a Mannheim nel 1776: dell’ouverture conserva dunque la scioltezza e l’eleganza un poco superficiale, un gusto monodico addirittura mozartiano, una vivacità del trattamento strumentale che è peculiare di Johann Christian. Si noti soprattutto il “Presto” finale, preceduto da un “Allegro assai” e da un “Andante.”

Piano Concertos Op. 7

I concerti di Bach che compongono la sua Opus 7 furono pubblicati nel 1770 con il titolo Six Concertos for the Clavicembalo o Piano Forte con accompagnamenti per due violini e un violoncello.   In quel periodo di transizione tra il clavicembalo e il pianoforte, non era raro pubblicizzare opere per entrambi gli strumenti. Da un lato, poteva aumentare le vendite a persone che non avevano ancora i nuovi pianoforti, ma rifletteva anche il fatto che il pianoforte non aveva ancora sviluppato uno stile idiomatico distinto da quello del clavicembalo.

Si dice che lo stesso Bach abbia eseguito concerti al pianoforte già nel 1768, ma si sa anche che si è esibito al clavicembalo nei primi anni ’70. Tre di questi sei concerti hanno segni dinamici che suggerirebbero l’esecuzione su un pianoforte: segni di forte sotto solo poche note per enfatizzarli, così come segni dinamici progressivamente rumorosi per indicare un crescendo.   Per almeno questi tre concerti, il pianoforte sembrerebbe essere lo strumento preferito, ma le opere di questo set sono state eseguite con successo sia al clavicembalo che al pianoforte.

Come suggerisce il titolo dell’editore, questi sono essenzialmente pezzi da camera con solo tre strumenti a corda che accompagnano il solista della tastiera. Detto questo, potrebbero esserci state anche esibizioni con un ensemble più ampio. Parti di corno per cinque di questi concerti (tutti tranne il n. 4), così come parti di oboe per il n. 3, sono state scoperte alla fine del ventesimo secolo e sembrano autentiche. Mentre la natura cameristica di queste opere le avrebbe rese attraenti per i dilettanti che suonavano in casa, una versione più orchestrale potrebbe essere stata utile per la famosa serie di concerti che Bach ha prodotto a Londra insieme al gambista e compositore Carl Friedrich Abel.

In essi il pianoforte è trattato essenzialmente come strumento monodico, e in questo sta la grande differenza di Johann Christian dal padre, quell’aspetto di novità che avvicina la sua opera a quella di Mozart. 

E mozartiana è spesso la linea delle sue melodie e la purezza della sua sonorità. Di questa raccolta va citato il Concerto in mi bemolle maggiore n. 5.

 
Piano Concertos Op. 13

La capacità di Johann Christian di fare suo il nuovo fortepiano guadagnò ancora più favore negli ambienti pubblici. Infatti, mentre Clementi suonava ancora il vecchio clavicembalo a Londra, Johann Christian affascinava il suo pubblico con la nuova tastiera. Composti negli anni 1770, i suoi concerti per tastiera rappresentano alcuni dei migliori esempi di tutte le sue opere per tastiera e incorporano tutto ciò che era ammirato ai loro tempi. Tutti in tre movimenti, il tradizionale veloce – lento – veloce, sono stilosi ed eleganti, aggraziati e galanti. Johann Christian ha corteggiato il suo pubblico usando la grazia e il fascino dello stile italiano, coinvolgendo e intrecciando gli elementi folk del suo paese adottivo. Come meglio accontentare la Regina! 

Il Concerto in re maggiore, op.13, n.2, è il secondo di una serie di sei concerti per pianoforte pubblicati nel 1777, con il titolo: “A Third Sett of Six Concertos for the Harpsichord, o Pianoforte. Con accompagnamenti per due violini e basso, due Hautboys e due corni francesi ad libitum. Umilmente dedicato alla signora Pelham e composto dal maestro di musica John Christian Bach a Sua Maestà la Regina di Gran Bretagna”. Era consuetudine in tutti i suoi concerti per pianoforte di suonare il basso figurato nei passaggi orchestrali. Ciò significa che il pianoforte suona dappertutto: suona il basso figurato per accompagnare l’orchestra e la propria parte solista. Possiamo dire che questo Concerto rappresenta indubbiamente il meglio dell’ampia produzione pianistica di questo musicista.

Il Concerto in si bemolle, op.13, n.4, è il quarto dello stesso gruppo. A suo tempo era il preferito del set ed è stato reso ancora più speciale quando Haydn lo ha arrangiato per pianoforte solo, dieci anni dopo la morte di Bach. Questo pezzo ha avuto un grande appeal pubblico; non era solo il fascino del galante e la tenerezza simile a una canzone del movimento lento, ma l’insieme di variazioni che Johann Christian compose per il terzo movimento basato sulla canzone scozzese, The Yellow-haired Laddie. 

Gli altri due, i concerti su questo disco, sono stati attribuiti a Johann Christian Bach e si è sempre creduto che fossero stati da lui composti intorno agli anni 1770/1771 come parte del set di concerti per tastiera dell’Opus 7. Hanno entrambi un carattere molto diverso dai concerti dell’Opus 13, e durante le prove di questi pezzi, abbiamo cercato a turno di decidere chi potesse essere il compositore, perché non si sentivano né suonavano come Johann Christian. Entrambi i concerti suonano come il lavoro di C.P.E. Bach o come le Sinfonie di Johann Christoph Friedrich, con una brillantezza e una galleggiabilità melodica che prevale. Semplice, se non un po’ antiquato, sono certamente concerti divertenti. Mi ha fatto capire che, mentre, per gli standard di pianoforte moderni di oggi, il lavoro di Johann Christian può sembrare troppo semplice, ai suoi tempi era piuttosto lungimirante. Le differenze tra l’Opus 13 e questi concerti divennero sempre più evidenti. Un’altra differenza che mi viene in mente è il punteggio. 

Questi concerti includono una viola come parte dell’orchestra, mentre l’Opus 13 è composto solo per due violini e violoncello, con vento opzionale. Dopo un po’ di ricerche, ho scoperto che ora si pensa che entrambi questi concerti siano considerati composti da Johann Christoph Friedrich Bach, che fece carriera presso la colta corte del conte Guglielmo di Schaumburg-Lippe a Bückeburg, svelando così il mistero per noi (vedi Collected Works of JC Bach, ed. Ernest Warburton). Questi concerti furono pubblicati da Hartknoch di Riga negli anni 1770. Nel suo catalogo Warburton ci informa che “Ulrich Leisinger ha ormai dimostrato oltre ogni ragionevole dubbio che il vero compositore del Concerto in mi bemolle è J.C.F. Bach”, e il Concerto in la, il secondo dei due concerti di Hartknoch, è ora noto anche per essere di Johann Christoph Friedrich. Ciò che si è evoluto dall’esercizio è stato quanto fosse innovativa la musica di Johann Christian e quanto chiaramente si potesse vedere perché egli ha continuato a guadagnare il favore come compositore. La sua musica ha segnato il legame tra barocco e classico; stabilì le basi su cui sarebbe fiorito il classicismo e, di notevole importanza, era la musica particolarmente adatta al suo scopo sociale. Questa, nel Settecento, era una ricetta per il successo.

MTDD: Grazie Roberto per averci illustrato l’opera di questo grande musicista e compositore ed anche per i meravigliosi brani che hai scelto per noi. Ti aspettiamo il mese prossimo.

RR: Grazie a voi, Maria Teresa. È sempre un piacere essere vostro ospite.

Il presente articolo è stato pubblicato anche al seguente link:

https://holistic-coaching-dedonato.blogspot.com/2022/04/johann-christian-bach-lipsia-5-ix-1735.html

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About Maria Teresa De Donato

Romana di nascita, dopo aver studiato lingue straniere e giornalismo in Italia, si è trasferita negli USA dove vive da oltre 28 anni ed ha ultimato i suoi studi giornalistici presso l’American College of Journalism e conseguito le lauree Bachelor, Master e Dottorato di Ricerca in Salute Olistica presso Global College of Natural Medicine, specializzandosi in Omeopatia Classica, Ayurveda e Medicina Tradizionale Cinese. Un’appassionata blogger, dal 1995 ad oggi ha collaborato con varie riviste, giornali e periodici in qualità di giornalista freelance. Scrittrice eclettica, olistica e multidisciplinare è anche autrice di numerose pubblicazioni, tra cui due romanzi. I suoi libri sono disponibili su tutti i canali di distribuzione Amazon, librerie incluse.