La salinizzazione delle acque dolci, il cambiamento climatico colpisce ancora

L’aumento della presenza del sale nei fiumi, sempre più frequente, rappresenta ormai un pericolo conclamato per la disponibilità di acqua dolce nelle regioni costiere di tutto il mondo. Ricercatori e ricercatrici dell’Università di Utrecht e dell’Istituto di ricerca Deltares hanno condotto uno studio che mostra come questo processo nei prossimi decenni sia destinato ad aumentare a causa dell’inarrestabile cambiamento climatico. Da una serie di analisi e osservazioni sul clima emerge che entro la fine del ventunesimo secolo ci saranno un aumento della siccità in molte regioni del mondo insieme ad un innalzamento del livello del mare e contemporaneamente un abbassamento degli estuari. Il risultato, secondo questo lavoro, è che il livello di salinizzazione delle foci sarà due volte maggiore rispetto alla riduzione degli scarichi fluviali. L’effetto sarà dannoso soprattutto per la vegetazione e le variegate attività umane condotte lungo le aree costiere.

Tra gli autori di quest’importante studio, compare il nome di Henk Dijkstra, professore di Fisica climatica a Utrecht e legato da un contratto di doppia affiliazione all’Università di Trento, in particolare al Dipartimento di Ingegneria civile, ambientale e meccanica.
Questo fenomeno, tecnicamente chiamato “intrusione salina” è una condizione idrogeologica che si
verifica lungo i litorali, dove l’acqua salata del mare, più densa, si infiltra nel sottosuolo, incuneandosi al di sotto dell’acqua dolce, più dolce, presente nelle falde acquifere sotterranee e penetrando nel suolo. Un processo mosso da un lato dall’innalzamento del livello del mare, dall’altro dalla riduzione del deflusso fluviale. Per calcolare il rischio potenziale di un aumento dell’intrusione salina in seguito ai cambiamenti climatici è stato effettuato uno studio di modellazione numerica che consiste nell’utilizzare modelli e metodi matematici per analizzare o simulare possibili situazioni reali.
Il gruppo di lavoro ha preso in considerazione diciotto sistemi fluviali in tutto il mondo (Nord e Sud America, Europa, Africa, Asia e Oceania). Ha determinato, attraverso modelli numerici, i cambiamenti nelle statistiche di intrusione salina sotto l’influenza dei mutamenti climatici e analizzato le statistiche. Il risultato è che per la maggior parte dei sistemi, i dati indicano che l’effetto combinato della variazione degli scarichi fluviali e dell’innalzamento del livello del mare porterà a un aumento dell’intrusione salina del 10/20% entro il 2100.
Le conseguenze più preoccupanti interessano però in particolar modo le zone costiere, dove l’acqua dolce rischia di scomparire. L’avanzamento dell’intrusione salina verso l’entroterra mette infatti a repentaglio la sopravvivenza degli ecosistemi ed è pericolosa anche per l’agricoltura, rendendo il terreno incoltivabile.
Henk Dijkstra, professore di Fisica climatica all’Università di Utrecht e tra gli autori del lavoro, collabora da diversi anni con l’Ateneo di Trento dove è visiting professor. I suoi studi si inseriscono in un più ampio ambito di analisi condotte in collaborazione con il Dipartimento di Ingegneria civile, ambientale e meccanica, in particolare con il gruppo di ricerca guidato da Marco Toffolon, professore di Idraulica al Dicam. La squadra si occupa della comprensione delle dinamiche delle acque del Garda, determinanti per la qualità dell’ecosistema. Lavori che vedono l’impiego di strumentazioni all’avanguardia e modelli innovativi utili per capire l’impatto del riscaldamento climatico sul lago.
Nello studio, appena pubblicato su Nature Communications, è stato utilizzato il MicroCTD per misurare la turbolenza delle acque nel porto di Rotterdam. Si tratta uno strumento tecnologico fornito di sensori ad alta risoluzione che rileva le micro-fluttuazioni di velocità, temperatura e conducibilità negli ambienti operativi di acque basse influenzate dalle maree. Questo stesso apparecchio è stato utilizzato per le misurazioni nel Lago di Garda condotte insieme a Marco Toffolon, Marina Amadori e Sebastiano Piccolroaz del Dicam.
«Questo studio è il primo a considerare gli effetti combinati della variazione della portata dei fiumi e dell’innalzamento del livello del mare sull’intrusione salina su scala globale», afferma Henk Dijkstra che aggiunge «l’impatto sulla disponibilità di acqua dolce, sulla salute, sulla resa agricola e sulla qualità della vita nei delta può essere significativo e interessare milioni di persone. Bisogna tenerne conto nella gestione delle coste e nelle politiche di adattamento al clima».
Lo studio dal titolo “Global increases of salt intrusion in estuaries under future environmental conditions” è stato pubblicato sulla rivista scientifica Nature Communications ed è disponibile a questo link: https://www.nature.com/articles/s41467-025-58783-6 (DOI: 10.1038/s41467-025-58783-6)
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