MISSIONE E’ COMUNICAZIONE di Giulio Albanese, edizioni Il Messaggero di Padova
Il prezioso saggio di Giulio Albanese “Missione è comunicazione – Le regole del gioco” edito dal Messaggero di Padova, può essere considerato un vademecum del giornalista dei nostri tempi.
Lo specifico settore di cui si interessa l’autore è quello della comunicazione missionaria, ma l’analisi che fa del contesto in cui un operatore della comunicazione si trova oggi, prescinde dallo specifico oggetto della comunicazione e le regole di cui parla sono quelle deontologiche, che un giornalista non dovrebbe mai dimenticare nell’esercizio della sua delicata funzione sociale.
Il medium è comunicazione in sé, esordisce Albanese, perché il tramite decodifica e racconta la notizia, la rende comprensibile e fruibile, ne diventa in qualche modo parte. Chi ha avuto esperienza di comunicazione cristiana, come chi scrive questa recensione, sa che quando l’argomento dell’informazione riguarda l’uomo non può essere preso alla leggera, ma quando riguarda la verità di fede che deve essere raccontata la cosa si fa ancora più delicata perché a raccontala devono essere coloro che ne sperimentano le conseguenze e perciò il medium-missionario-giornalista è chiamato a svolgere un importante compito nel mondo affollato della comunicazione globale.
Tanti i mezzi oggi a disposizione del comunicatore, tutti incentrati sull’uso corretto ed efficace del web e della nuova realtà dei social network, secondo Albanese. Questi devono però essere utilizzati per far conoscere a tutti ciò che il Sud del mondo ha da raccontare. E non solo in termini di fame e di guerre infinite, bensì di tradizioni, conoscenze, lavoro, successi e istanze concrete; cioè di uno spazio finora negato, da chi fa informazione, a Paesi che solo attraverso la rete della comunicazione missionaria hanno avuto una qualche visibilità. È impensabile che le maggiori testate di informazione mondiali non abbiano sedi in Africa e che anche le agenzie stampa non vogliano raccontare questa parte del mondo, mentre l’avanguardia della chiesa cattolica dal 1800 lavora per questo. Dal missionario Daniele Comboni con il suo Annali del Buon Pastore (1872) a Mondo e Missione, fondato a partire da Le Missioni Cattoliche, nello stesso anno, fino a Nigrizia degli anni Cinquanta, per arrivare alla costruzione di Misna, l’agenzia missionaria on line, il viaggio alla ricerca di nuove strade per comunicare il Vangelo e la nuova chiesa nascente ha seguito la pista tecnologica, dimostrando maggiore coraggio di molti editori laici nell’affidare l’informazione al mezzo informatico. E’ così, racconta Albanese, che i missionari sono divenuti pionieri del web.
Ma prima di affrontare la comunicazione ad extra, i vari uffici pastorali di comunicazione sociale devono assumersi l’impegno di stabilire delle comunicazioni ad intra, cioè all’interno della Chiesa stessa e questo compito qualche volta risulta, inaspettatamente, abbastanza arduo. E questa è una realtà comune. Per cui diventa assai difficile veicolare al mondo un messaggio efficace su quello che significa essere e fare Chiesa.
Sulle menzogne che l’informazione globale ci presenta come “fatti”, formando la nostra conoscenza della realtà, Albanese fa riferimento a ciò che ci raccontano le carte geografiche. Rispetto alle proiezioni di Mercatore, illustra il missionario, quelle di Arno Peters si basano sulle dimensioni reali delle terre emerse, dando la giusta rappresentazione della distribuzione areale dei vari continenti, a tutto favore di quello africano, più grande per estensione e anche per popolazione rispetto a molti paesi del mondo occidentale. Una falsatura che, a detta dell’autore, non può non avere ripercussioni sulla visione distorta che si ha del continente nero.
Porrei, a questo punto, una domanda a Giulio Albanese : Se “Missione è comunicazione”, la comunicazione può diventare una missione? Perché, se la pulsione evangelizzatrice è nata e cresciuta come diffusione della buona notizia, allora la comunicazione in sé ha la funzione di migliorare la vita dell’uomo. Vorremmo che fosse così e noi, operatori della comunicazione, missionari o laici, dobbiamo impegnarci ogni giorno perché sia così, sempre.
Eleonora Davide
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