Mondiali di calcio: avvio più discusso che giocato

È finalmente partito il campionato mondiale di calcio in Qatar. Tante discussioni, tanti diritti delle persone lesi, tante parole sulle reali opportunità se giocarlo o meno, se fosse stato il caso di interrompere gran parte dei campionati nazionali. Fiumi di parole sui soldi spesi, sui morti occorsi. Insomma una eterna discussione, ognuno con il proprio lanciafiamme pronto a sparare sentenze e giuste recriminazioni. Dall’altra parte, invece, c’è chi difende le proprie tradizioni, il proprio modo di essere e concepire la vita, propria e altrui, purtroppo. I tempi sono quelli che sono e più che parlare di schemi, giocatori, nuove promesse calcistiche ci si sofferma, anche giustamente, su problematiche politiche, affaristiche, economiche quindi. Nel vedere le prime partite direi che la grande delusione è nell’aspetto propriamente tecnico calcistico. Livello uniformemente spalmato. Tutti giocano dappertutto, africani in Europa, americani (soprattutto del Sud), distribuiti in ogni squadra del mondo, australiani, asiatici e chi più ne ha più ne metta. Alla fine tutti uguali, lo stesso gioco, io passo a te, tu passi a me.

Come direbbe un non appassionato a questo sport: Questo è il gioco? Undici giocatori che corrono dietro una palla? Effettivamente senza lo spunto di qualche campione, senza qualche giocata particolare (molto difficile per la qualità comunque raggiunta da quasi tutte le squadre) non si nota granché. Il timore di uscire al primo turno, la paura di rischiare porta ad un difensivismo e ad un elementare affronto della partita. Non è che all’improvviso, in pieno campionato giocato, ci si dovesse aspettare l’exploit che ti riappacifica col calcio. Ebbene sì, è da un po’ di tempo che l’audience calcistica va scemando, un po’ in tutti i campionati. Le solite tre o quattro squadre super finanziate, che fanno la differenza con le altre quindici che lottano per far pareggiare i conti o che non hanno proprio le possibilità per arrivare a determinati budget. Stessi allenatori che girano le panchine e trasmettono lo stesso gioco. Direi che per adesso il termine prevalente è monotonia pervasa da un sottofondo di tristezza e delusione per non vedere i colori azzurri della nazionale italiana in campo. Che dire, a condimento di tutto questo forse inutile mondiale ci si mettono anche i dettami della Fifa e degli sceicchi, ma anche quelli del “politicamente corretto” che imperversano come giudizio estremo sul mondo. Metti la fascia arcobaleno, togli la fascia, inginocchiati, non inginocchiati, canta l’inno, non cantare l’inno. Mi sa che, in attesa di qualche bel gol, in attesa di commenti puramente calcistici, dovremo sorbirci un sacco di contorni stonati. Ma, ormai, se ciò che detta legge anche nel mondo calcistico è il “vil denaro” di Aureliana memoria, è giusto che si assista a spettacoli simili.

©Riproduzione riservata

Print Friendly, PDF & Email

About Innocenzo Calzone

Giornalista pubblicista, architetto e insegnante di Arte e Immagine nella scuola Secondaria di I grado, è caporedattore di un giornale d'Istituto con ragazzi della scuola Primaria e Secondaria. Appassionato di calcio, arte e musica, vive a Napoli. Ha pubblicato diversi articoli in riviste di architettura e in ambito educativo-scolastico.