Papa Ratzinger: un gigante della fede e della ragione

Evidentemente c’è qualcuno che ancora non ha compreso bene la valenza di un papa come Benedetto XVI. Evidentemente, come sta succedendo tra le duecentomila persone in fila per l’estremo saluto alla salma del papa, c’è qualcuno che preferisce farsi il selfie o immortalare la salma anziché soffermarsi un attimo sulla grandezza di un uomo così. Un gigante buono, gigante nella fede buono perché semplice, docile, certo non fragile nella fede, anzi. Evidentemente c’è chi, come qualche giornalista inesperto, banalizza la storia di un uomo soffermandosi pretestuosamente sulla rinuncia al papato o il silenzio di certi scandali all’interno della chiesa. L’ignoranza dei fatti e una mentalità giustizialista post modernista rischiano di condizionare inesorabilmente il giudizio. Evidentemente ciò è causa della modernità, nella sua accezione negativa, quella che papa Ratzinger ha combattuto perché ne vedeva chiari gli effetti su una società senza anima, persa nella ricerca catastrofica del superfluo anziché nella ricerca del senso e della bellezza della vita. Ratzinger è stato indicato come moralista e bacchettone.

Quante se ne sono dette! Ma, per fortuna, a noi non interessa più di tanto dare adito a certe voci quanto sottolineare la potenza e il segno che un uomo come Ratzinger ha lasciato. Un gigante della fede lo si potrebbe chiamare: un uomo che si dedicava in semplicità a custodire tanto ai gattini dei giardini del Vaticano, a cui portava da mangiare, con gli stessi sguardi amorevoli che aveva con chiunque incontrasse, quanto pronto a sottolineare, come nel discorso a Ratisbona, come fosse importante seguire un percorso di bellezza, di fede, di dedizione totale. Il tutto con decisività, perentorietà, fermezza tali da permettere di capire quanto la sua vita era dedicata all’Unico che riempie il cuore di ogni persona.

Nella voce così delicata e al contempo autorevole di quest’uomo sembrava si manifestasse di nuovo il fascino del Cristianesimo, il paradosso del fascino di un annuncio che rischiara e illumina con la forza semplice della Sua ragionevolezza, che attrae per la capacità di corrispondere all’esigenza di verità, bellezza, amore che alberga nel cuore d’ogni uomo. Di lui colpiva innanzitutto la lucida consapevolezza della sempre crescente frattura tra fede e vita, che caratterizza le società secolarizzate dell’Occidente contemporaneo.

Diceva: «Avremo presto preti ridotti al ruolo di assistenti sociali e il messaggio di fede ridotto a visione politica. Tutto sembrerà perduto ma, al momento opportuno, proprio nella fase più drammatica della crisi, la Chiesa rinascerà. Sarà più piccola, più povera, quasi catacombale, ma anche più santa. Perché non sarà più la Chiesa di chi cerca di piacere al mondo, ma la Chiesa dei fedeli a Dio e alla sua legge eterna. La rinascita sarà opera di un piccolo resto, apparentemente insignificante eppure indomito, passato attraverso un processo di purificazione. Perché è così che opera Dio. Contro il male, resiste un piccolo gregge».

Ratzinger aveva compreso che la vera sfida culturale che la modernità sempre più scientista e positivista lancia alla Chiesa si colloca al livello del rapporto tra fede e ragione. Si può ancora a buon diritto affermare che la fede è ragionevole, in un mondo e in un tempo in cui tutto dice il contrario?

In un mondo in cui, scomparendo Dio, sempre più vanno svuotandosi anche l’intelligenza e il gusto delle realtà di questo mondo, Joseph Ratzinger ha servito la Chiesa mostrando a tutti come «l’intelligenza della fede diventa intelligenza della realtà»

«Non abbiamo forse tutti in qualche modo paura», ebbe a dire nella memorabile omelia della Santa Messa per l’inizio del Suo ministero da Papa, che «se lasciamo entrare Cristo totalmente dentro di noi, se ci apriamo totalmente a Lui – […] Egli possa portar via qualcosa della nostra vita? Non abbiamo forse paura di rinunciare a qualcosa di grande, di unico, che rende la vita così bella? Non rischiamo di trovarci poi nell’angustia e privati della libertà? (…) No! Chi fa entrare Cristo, non perde nulla, nulla – assolutamente nulla di ciò che rende la vita libera, bella e grande. No! solo in quest’amicizia si spalancano le porte della vita. Solo in quest’amicizia si dischiudono realmente le grandi potenzialità della condizione umana. Solo in quest’amicizia noi sperimentiamo ciò che è bello e ciò che libera. (…). Non abbiate paura di Cristo! Egli non toglie nulla, e dona tutto. Chi si dona a lui riceve il centuplo. Sì, aprite, spalancate le porte a Cristo – e troverete la vera vita»

E ancora le sue parole nell’Enciclica Deus Caritas est: «All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva».

Parole che Joseph Ratzinger aveva usato qualche anno fa è che il cristianesimo non è una dottrina, ma è un avvenimento, un incontro con una persona e da questo avvenimento di un incontro nasce un amore, nasce un’amicizia, nasce una cultura, una reazione e un’azione nei diversi contesti.

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About Innocenzo Calzone

Giornalista pubblicista, architetto e insegnante di Arte e Immagine nella scuola Secondaria di I grado, è caporedattore di un giornale d'Istituto con ragazzi della scuola Primaria e Secondaria. Appassionato di calcio, arte e musica, vive a Napoli. Ha pubblicato diversi articoli in riviste di architettura e in ambito educativo-scolastico.