Randagismo, ce ne parla Giuseppe Fanelli

Continuano gli appuntamenti con Giuseppe Fanelli.
Che cosa è il randagismo e quali sono le sue cause?
La prima precisazione che dobbiamo fare è che il randagismo non è un fenomeno naturale come è spesso definito. Non è un terremoto o una grandinata ma è qualcosa di artificiale, cioè un fatto molto grave creato dall’uomo, dalla sua insensibilità e dall’inadempienza degli enti preposti.
La causa di minore impatto del randagismo è la proliferazione dei randagi. È di minore impatto a causa dell’altissimo tasso di mortalità tra i cuccioli sia per i cani che per i gatti. Su una cucciolata, mediamente di 5-6 individui, soltanto uno o due riescono a raggiungere l’anno di età; tra questi, la percentuale si abbassa ancora di più perché soltanto pochissimi riescono a diventare adulti. Addirittura per i gatti è stata stimata una vita media di tre anni. Quasi sempre muoiono investiti dagli autoveicoli.
L’altra causa sono gli abbandoni. Anche in questo caso ci sarà un altissimo tasso di mortalità, i più fortunati saranno investiti degli autoveicoli e moriranno sul colpo, poi ci sono quelli che vengono investiti degli autoveicoli e muoiono tra atroci sofferenze perché non vengono soccorsi; soltanto una piccola percentuale viene soccorsa e si salva.
Dobbiamo dividere le persone che abbandonano gli animali in tre categorie: i cittadini, coloro che hanno adottato o acquistato un cane o un gatto e, non essendosi informati prima su cosa significhi tenere un cane in casa, improvvisamente scoprono che è un impegno che durerà più di dieci anni, che il cane sporca, che fa la muta diverse volte all’anno perché vive in appartamento, bisogna portarlo fuori e via dicendo. Così, scoprendo tutti questi fenomeni “paranormali”, lo restituisce o lo abbandona.
Poi vi sono gli allevatori e, in questo caso, entra in gioco il fattore denaro, in quanto loro non hanno cani o gatti ma hanno dei “riproduttori”, perché i cuccioli devono sempre essere disponibili per il mercato. A questo punto ci sarà sempre una percentuale di animali invenduti che vengono uccisi o abbandonati andando a rinfoltire le schiere dei randagi. Inoltre anche i riproduttori sono tenuti prigionieri in condizioni indecenti.
Una volta parlavo con un tizio che commerciava in cani pastori tedeschi che mi raccontò di aver comprato un cucciolo per allevare la razza e che questo cane, essendo risultato “difettato”, perché era affetto da displasia delle anche, era stato riportato indietro. Me lo raccontò con grande naturalezza. Se fosse capitato a me, una volta entrato in famiglia, il cane, ne sarebbe uscito soltanto morto. Ora, se questo cane non era commerciabile, che fine ha fatto?
Infine vi è la categoria dei cacciatori che fanno dei loro cani proprio un uso “usa e getta” in quanto, quando i cani non sono adatti alla caccia, non esitano ad abbandonarli o a ucciderli.
Quando parliamo di randagismo dobbiamo sottolineare due aspetti importanti che sono la tipologia dei randagi e gli attori.
Possiamo distinguere i randagi in liberi, prigionieri e in transito.
I randagi liberi sono quelli che, appunto, sono liberi e che possiamo dividere in tre categorie: quelli stanziali che sono i randagi che, più o meno, trovano in un determinato posto le condizioni favorevoli per potervi rimanere e ci rimangono. Stanno nel luogo dove sono nati o sono arrivati, però diventano stanziali nel senso che non si spostano. Di questa categoria fanno parte sia i cani che i gatti.
Le successive categorie, invece, riguardano soltanto i cani. I randagi vaganti sono quelli che vagano sul territorio senza una meta fissa, formano dei gruppi più o meno mobili sia dal punto di vista dinamico che dal punto di vista della compattezza del gruppo, perché alcuni si aggregano, altri si distaccano, quindi sono dei gruppi in continua evoluzione. Poi ci sono i randagi rinselvatichiti, cioè quelli che non tollerano la presenza dell’uomo e occupano un territorio ai margini delle zone urbanizzate oppure proprio completamente esterno alle zone urbanizzate, non gradiscono la presenza dell’uomo però usufruiscono delle attività di antropizzazione come, ad esempio, il cibo nelle discariche dei rifiuti o aggrediscono qualche capo di bestiame incustodito.
I randagi prigionieri sono quelli tenuti nelle strutture, nei canili e a questa categoria appartengono anche i gattili. In questo caso gli animali sono dei veri e propri reclusi.
I randagi in transito sono quelli che vagano da un canile all’altro, quando le amministrazioni ricevono proposte economicamente vantaggiose.
Sono in transito anche quelli che vagano per l’Italia, principalmente dal Sud al Nord, perché sedicenti protezionisti riescono ad affidarli. C’è un movimento di randagi veramente preoccupante. Anche questa volta voglio precisare che ci sono persone che lo fanno veramente con dedizione e sacrificio ma, tra questi, vi è una grande quantità di persone per i quali sta diventando un business. Addirittura cani e gatti vengono affidati con appuntamenti sulle piazzole di sosta, ci sono delle vere e proprie tariffe a seconda dei chilometri da percorrere.
Altri vengono trasportati per tante ore senza mai uscire dai trasportini e cani e gatti viaggiano insieme creandosi disagio a vicenda dato che i cani si innervosiscono e i gatti si spaventano.
Voglio raccontare di un caso specifico che mi è capitato. Qualche anno fa feci un controllo con le Guardie Forestali dello Stato, prima che Matteo Renzi le abolisse, e andai a verificare le condizioni di detenzione di un cane che erano davvero precarie. Demmo delle indicazioni, senza intervenire legalmente, per far migliorare le condizioni del cane dopodiché il cane fu preso, dalle stesse persone che mi avevano segnalato la situazione, e fu affidato a Genova. Dopo qualche mese mi chiamò una signora da Genova, non so come mai avesse avuto il mio numero, molto indignata perché il povero cane che le era stato affidato aveva il cimurro.
Poiché questo cane aveva viaggiato in un furgone con altri, possiamo ben immaginare come avesse contratto il virus. Chiaramente io spiegai alla signora la mia posizione, dissi che prendevo le distanze da questi spostamenti e mi misi a disposizione per eventualmente testimoniare se avesse intrapreso un’azione legale. Poi non ho saputo più nulla. Questo è un esempio degli spostacani. Ripeto, senza togliere nulla a chi lo fa con dedizione e sacrificio.
Il concetto più importante da ribadire è la trasformabilità dei randagi.
Fino a quando i randagi saranno portatori di soldi il problema del randagismo non sarà mai risolto.
Continuando il discorso sulla matrice del randagismo dobbiamo ancora precisare chi sono gli attori. Non sono né i cani né i gatti ma sono i cittadini, le associazioni e le istituzioni.
I cittadini possono essere sensibili, indifferenti e intolleranti. I sensibili, abbiamo detto, sono quelli che si prodigano per i randagi, gli indifferenti sono coloro che neanche li vedono, gli intolleranti sono quelli che costituiscono un problema per i randagi in quanto attentano alla loro vita. Nella mia esperienza posso dire di aver visto randagi morire perché avvelenati, per ingestione di polpette al vetro o impiccati.
Poi ci sono le istituzioni che sono inadempienti per vari motivi come quando affidano la gestione dei canili alle persone sbagliate, o perché il problema non è sentito con l’adeguata sensibilità.
Riguardo le associazioni diciamo che oggi va un po’ di moda essere animalisti, ecologisti. Ripeto, non si offenda chi dedica la propria vita agli animali.
Oggi la cosa è diventata un vero e proprio affare, un’operazione di marketing quindi bisogna molto agire sulla visibilità. Quando il problema si risolve significa avere convenzione con gli enti locali e nuovi sostenitori.
Quali potrebbero essere i provvedimenti contro il randagismo?
Innanzitutto bisogna fare un’anagrafe canina ferrata e cambiare la normativa che ha delle criticità che vanno rivedute e corrette.
È chiaro che chi abbandona un animale è passibile penalmente di una denuncia e non ne esce impunito ma la sanzione è irrisoria. L’articolo 727 del Codice Penale prevede l’arresto fino a un anno. Sappiamo tutti che se la pena è inferiore a 3 anni in galera non va nessuno. Sul certificato penale risulta, l’ammenda viene comminata, poi dobbiamo considerare le spese legali.
Riguardo l’accalappiamento dobbiamo dire che è la cosa più sbagliata che possa esistere e questo ce lo insegna l’etologia. I cani uniti costituiscono un branco e quel branco proteggerà il territorio. La natura ci insegna che non possono esserci spazi vacanti, quindi il posto occupato dai cani accalappiati sarà, presto, occupato da nuovi cani. Per evitarlo, quindi, conviene accalappiare i cani, sterilizzarli o castrarli e reimmetterli sullo spazio che occupavano. Questo garantirà che non ci saranno altri cani. Con il tempo il gruppo si modificherà perché qualcuno andrà via o morirà.
Accalappiare un cane costa 10 €. È questa la cifra per condannare un cane all’ergastolo.
Fino a quando i randagi saranno trasformati in soldi il problema non si risolverà mai.
Sono d’accordo sulla reimmissione sul territorio ma credo che essa imporrebbe un’azione di monitoraggio sul territorio che è molto complessa. Certo, giustamente, i soldi che si utilizzano, per far diventare un cane un oggetto di guadagno potrebbero essere utilizzati per fare il monitoraggio.
Occorrerebbero quantità di soldi di gran lunga inferiori rispetto a quelli dati al primo delinquente di turno che ha creato un recinto scrivendo” La casa di Fuffi” e lucra sui cani.
Anche perché le sterilizzazioni sarebbero compito delle ASL di competenza.
Devono essere fatte dalle ASL di competenza.
Riguardo la proposta di reimmettere i randagi in strada, dopo la sterilizzazione, noi dobbiamo anche considerare il rischio sia per il cane, che può essere investito o avvelenato o ammalarsi, cosa che in canile non dovrebbe avvenire e, nello stesso tempo, il fatto che possa causare anche incidenti. I poveri cani che vagano in autostrada spesso sono causa di incidenti gravi.
Anche la caduta dei viadotti sull’autostrada potrebbe costituire un problema. Bisogna prevenirlo. Se sulle strade a rapido scorrimento ci fossero le recinzioni e le telecamere meglio dislocate, innanzitutto gli animali non potrebbero invadere la sede stradale e poi con le telecamere si potrebbe sanzionare chi immette i cani in strada. Il fatto di essere individuato non comporta spesso la sanzione. La legge deve essere modificata perché occorrono sanzioni adeguate per reati che possono costituire anche problemi di salvaguardia della pubblica incolumità.
Ho letto un articolo molto interessante in cui si racconta di una sua visita insieme alla giornalista Stella Pende ad un canile. Vuole raccontarci qualcosa?
Parliamo del 2005 quando facemmo un bliz nel canile di Altavilla Irpina dove sentii odore di carcasse. Mi diressi in una parte esterna al canile perché dentro non si poteva andare e, sotto delle lamiere, trovammo dei sacchi neri di plastica con i cani morti dentro.
Il fotografo che ci accompagnava fece in tempo a fare alcuni scatti perché delle persone con spranghe di ferro ci inseguirono. Ci mettemmo in macchina e corremmo dal sindaco. Il sindaco di allora, Villani, si scandalizzò e disse che avrebbe chiuso il canile, cosa a cui io non credetti affatto. E di fatto non è successo. Il canile ebbe dei problemi di carattere urbanistico ma non fu mai chiuso non considerando minimamente il benessere degli animali. A conclusione della mattinata, sulla strada del ritorno, mi arrivò la telefonata di un veterinario dell’ASL che mi disse che prima di prendere questa iniziativa avrei dovuto avvisarlo.
Quella dei canili è una situazione veramente vergognosa. Ho visitato molti canili, ne ho denunciati tantissimi alla Procura della Repubblica, denunce circostanziate con a disposizione prove testimoniali, prove fotografiche e prove video. Denunce molto precise e mirate. Mai fatto una denuncia anonima o contro ignoti. Ho dedicato moltissimo del mio tempo a questa cosa per ottenere dei risultati davvero irrisori.
Questo significa che o mi sono inventato tutto oppure che nel sistema c’è una falla. Se la magistratura non ravvisa il reato di maltrattamenti animali, in certe circostanze e situazioni, vuol dire o che chi denuncia è un visionario o che, effettivamente, ci sono alcune cose che vanno riviste.
Ho visto dei canili privati gestiti da privati per conto dei comuni in cui i cani erano scheletri viventi, ho visto cani dormire nelle proprie feci, ho visto le crocchette mischiate alle feci e il cane che ci dormiva sopra, ho visto ciotole dell’acqua vuote con le alghe dentro, mamme cagne partorire con i cuccioli morti nel recinto, recinti angusti in cemento senza neanche un po’ di terra con le pozzanghere di lavaggio, come se l’acqua non dovesse defluire, e i cani che ci dormivano dentro, ho visto recinti senza cucce, recinti all’acqua, al sole, ho visto cani morire e ho visto anche cani che non ho visto più. Una volta feci un recupero di un cane nel fiume Fenestrelle. Era notte, chiamai i Carabinieri e con i Vigili del Fuoco recuperammo un cane. Un meticcio di taglia medio piccola, chiaro, che io chiamai Bodo. Questo cane fu poi portato inevitabilmente nel canile di Luogosano (AV). Dopo qualche mese andai al canile ma il cane non c’era più, così come erano spariti il foglio di entrata, il certificato dell’adesivo del microchip e anche l’eventuale certificato di morte del cane. Non seppi che fine avesse fatto il cane. Negarono ogni cosa.
Poteva essere scappato?
In tal caso si sarebbe trattato comunque di omessa custodia.
L’altra cosa che va evidenziata e che accade non sempre, ma molto spesso, è che i personaggi preposti al controllo, cioè i veterinari dell’ASL, non sono titolari direttamente dei canili ma lo sono per interposta persona. Così si finisce per mettere a rischio il benessere degli animali a favore degli interessi delle persone.
In questo caso va ricordato che sia i canili che i veterinari sono pagati con i soldi pubblici, per cui anche al cittadino qualsiasi, a cui è indifferente la salute dei cani, questa situazione dovrebbe infastidire.
Anche di questo ha le prove?
Certamente. Ho le prove di tutto ciò che dico.
Personalmente credo che, a meno che non siano liberi in una montagna e vengano loro data acqua, cibo e, all’occorrenza medicine, ogni canile sia una prigione. Per me sono prigioni anche quei bellissimi giardini in cui le persone hanno il cane, dimenticandosene. Ma non comprendo perché se questi canili sono finanziati dai soldi pubblici e vi è del personale preposto alla cura, i cani non siano trattati bene e, soprattutto, perché in questi canili non si può entrare a vedere come stanno i cani. Non esiste il foglio di entrata né il chip.
Purtroppo il discorso che noi facciamo non è un discorso di carattere protezionistico ma è un discorso di carattere imprenditorialistico. Gli animali vengono trattati così perché si gioca al massimo ribasso, meno si spende per il benessere degli animali e più si guadagna sulla convenzione erogata dagli enti pubblici.
Capisco. Ma, anche a ribasso, se una cifra del genere venisse data ai volontari che si occupano dei cani e dei gatti con enormi sacrifici, devolvendo davvero tutto ciò che hanno per gli animali, essi potrebbero fare grandi cose.
Purtroppo il sistema contorto funziona così.
Mi auguro, dato che sono un po’ più visionaria di lei, che non tutti i canili siano come quelli di cui stiamo parlando ora. Ci sono dei canili in cui si entra, in cui la domenica le persone possono portare i cani in passeggiata, che fanno degli affidamenti seri e controllati.
Sicuramente sì, ma quello che mi preoccupa è l’unico canile che non è buono, dato che lì ci sono essere viventi che soffrono come noi. Non dimentichiamo anche i gattili, che sono un po’ meno visibili, in cui spesso i gatti sono tenuti in maniera incontrollata, con rinotracheiti, senza essere sterilizzati e in condizioni promiscue. Logicamente, anche in questo caso, tutte le criticità vanno rilevate, analizzate e eliminate nel più breve tempo possibile, dove nel più breve tempo possibile io intendo dire ieri.
In conclusione voglio dire che prima della fine dell’anno sul mio canale YouTube (canale Giuseppe Fanelli) pubblicherò qualche cosa inerente un canile della provincia di Avellino come sempre scelto a caso.
Giuseppe Fanelli, mi aveva fornito un’ampia documentazione fotografica che ho preferito non pubblicare.
Leggi anche http://www.wwwitalia.eu/web/dalla-parte-degli-animali-lorso-m49/ e http://www.wwwitalia.eu/web/giuseppe-fanelli-e-il-lupo/
link canale youtube Giuseppe Fanelli https://m.youtube.com/channel/UC4vl_ILW9q1W0h2yrN-HXKg
Giuseppe Fanelli
Sin da adolescente ha aiutato gli animali in difficoltà ed ha svolto, per alcuni anni, attività di volontariato presso un rifugio per cani randagi.
Dal 1986 e fino al 1996 è stato Guardia Zoofila dell’Ente Nazionale Protezione Animali acquisendo esperienza e manualità per il recupero, la cura, l’allevamento e la reintroduzione nel loro habitat degli animali selvatici (tra cui quelli sequestrati ai cacciatori).
Nel 1997 è diventato responsabile LAV per Avellino e provincia, incarico dal quale si è dimesso nel novembre 2011.
Da allora continua ad occuparsi del recupero e della salvaguardia degli animali.
I corpi delle Forze dell’Ordine (Carabinieri, Polizia di Stato, Corpo Forestale dello Stato, Guardia di Finanza e Vigili Urbani di Vari Comuni della Provincia di Avellino) gli affidano animali sequestrati o rinvenuti da recuperare e da reintrodurre in habitat idoneo.
Anche molti cittadini e alcuni studi veterinari gli affidano animali rinvenuti da recuperare e da reintrodurre nel loro habitat naturale.
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