Santa Sofia, da simbolo di convivenza a casus belli

Istanbul, l’antica Costantinopoli, città, per sua natura geografica e storica, compendio di due culture. Oriente ed Occidente divisi da una striscia di mare e collegati da ponti a simbolo di una possibile unione. Bosforo bridge ad unire due continenti (Europa e Asia) a significare che in questo piccolo mondo la convivenza nella diversità è possibile, il contatto necessario. Istanbul, città di mare, simboleggia e unifica le due civiltà. Una città che emana un fascino come poche proprio per l’eterogenia culturale che si respira. Le numerose moschee, il quartiere del sultano, una lunga storia del mondo che trasuda ad ogni angolo.
La Turchia europea come tassello di una civiltà che abita la parte più antica del mondo. Testimone nel passato dei fasti del grande Impero Ottomano e bizantino di cui conserva le tracce. Geograficamente ha vissuto il privilegio di collocarsi nel Mediterraneo e di fondare, con noi europei, le origini di questo mondo. E Aya Sofya da sola ha rappresentato fino a pochi giorni fa, la possibile connivenza delle due religioni; bellissimi i mosaici bizantini. In alto, in bella vista, quello rappresentante la Madonna con in grembo il suo bambino poi le grandi scritte del Corano su ampi cerchi in legno del periodo ottomano, illuminati da grandi lampadari. È stato museo sconsacrato a testimonianza del passaggio delle diverse culture.
Santa Sofia è un monumento millenario. Costruito nel VI secolo dopo Cristo dall’Imperatore bizantino Giustiniano I, fu cattedrale cristiana fino al 1453, quando le armate ottomane posero fine all’Impero e istituirono a Costantinopoli la propria capitale, rinominata Istanbul.
Da allora, l’edificio venne trasformato in moschea per quasi cinquecento anni. Ma nel 1934, il primo presidente della Repubblica di Turchia, il laico Mustafa Kemal, fautore di un Paese moderno, trasformò Santa Sofia in museo, liberandola da qualsiasi connotazione religiosa.
La suggestione orientale in città è data soprattutto dall’ascolto ad orario, cinque volte al giorno, del richiamo alla preghiera islamica, i muezzin una voce che fa eco dappertutto dagli altoparlanti dei minareti, le torri accanto alle moschee, che aggiungono fascino al luogo e ricordano un culto fortemente sentito e presente quasi a marcare un territorio che in ogni caso si sta globalizzando redendoci tutti abitanti di un unico paese ed appartenenti alla stessa razza umana. Eppure, Erdogan ha sentito la necessità di rimarcare ancora di più il territorio rivendicando anche Santa Sofia riconvertendola in Moschea appannaggio solo di un solo culto riconosciuto: il culto islamico. Non più solo presidente della Repubblica turca, ma consacrato guida per quei musulmani che in tutto il mondo si riconoscono nel suo progetto di islamizzazione della società turca e anche di quelli che risiedono nei territori dell’Unione Europea. Quindi la ex basilica ortodossa e cattolica, da 86 anni museo, è ora, per decisione del Consiglio di Stato di Ankara e volontà del presidente, tornata moschea.
Allora si sollevano i teli bianchi sugli antichi mosaici cristiani come velo pietoso per una scelta che non può trovare condivisione ecumenica. Aya Sofia è stata fino a pochi giorni fa patrimonio dell’Unesco quindi appartenente all’umanità. Visitarla dava la speranza del possibile dialogo tra culture, tra culti così diversi. Da sempre, l’uomo ha espresso la più alta forma artistica per la sua spiritualità. All’interno di Santa sofia si respirava proprio questo, il superamento delle diversità culturali, di lingua e tradizioni, un luogo comunque di culto dove lo spirito anche laico trovava pace.
Oggi appare mutilata nella sua natura quei mosaici coperti risultano essere una menomazione alla bellezza del luogo. I mosaici della Vergine e le icone dell’Arcangelo Gabriele pudicamente coperti da teli e sipari appaiono sacrilegio per chi ama l’Arte e la storia prima ancora per chi ha fede cristiana. Una politica sorda e cieca che riconduce il proprio popolo alla chiusura, alla diffidenza, rialza muri ideologici rinnegando la storia e i segni storici di un luogo divenuto disputa di appannaggi e predomini alternati. Ricondurla ad un solo culto, alle rigide regole che la moschea in quanto tale esige, è retrocedere di millenni rispetto al progressivo sviluppo della cultura dell’uomo!
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