Sinergia sorte e feticismo. Il focus di Giuseppe Rocco

Nell’antica Grecia il Fato era ritenuta un’entità soprannaturale, una forza cieca e misteriosa, per un verso naturale alla quale niente poteva resistere e per altro verso divina poiché agiva liberamente ma che interveniva a modificare il corso della vita degli uomini senza alcuna precisa ragione.
Presunta causa degli eventi e delle circostanze non spiegabili razionalmente, immaginata mitologicamente come una dea bendata che distribuisce indiscriminatamente il bene o il male, teologicamente come una intelligenza angelica, come recitava Dante; con una definizione meno coattiva è quella umanisticamente come il complesso di circostanze favorevoli che, opportunamente sfruttato, può cooperare al trionfo dell’intelligenza umana, sostenuta da Macchiavelli.
Nella realtà le circostanze sono più vicine all’espressione di Dante, anzi l’uomo spesso decide in un modo e poi la sorte pensa a modificare il percorso in maniera del tutto inaspettata. Parte della nostra vita risulta spesso inspiegabile, poiché casualità non previste e non prevedibili conducono la vita umana verso rivoli inattesi e stravaganti, privi di un fondamento razionale. Ciò fa pensare che, nell’Universo voluto da Dio, l’uomo non può scegliere tutto. Infatti la somatica alla nascita è spontanea; colore occhi e capelli, altezza, colorito, virtù innate. Nel corso dell’esistenza, la sorte appare con grande spregiudicatezza e determinazione al di fuori delle nostre speranze, a volte in modo benevolo e altre volte in modo malevolo. Uscire di casa ed essere investito in bicicletta credo che sia un incidente non previsto e non voluto!
Vediamo l’accostamento con la finanza. L’economia finanziaria è una branca della teoria economica e della finanza dedicata allo studio dei mercati finanziari e del comportamento degli agenti economici che vi operano. L’obiettivo di questa disciplina economica è di trovare l’allocazione di risorse che consenta la massima soddisfazione in teoria.
I risultati della Borsa sono imprevedibili, nelle mani del Fato. Nella fase iniziale può anche andare bene, ma nel lungo periodo tutti finiscono per perdere le proprie risorse. Quante aziende sono fallite in modo disumano! Occorre buon senso e richiamo delle regole produttive: l’economia reale innanzitutto, che assicura un guadagno certo anche se ridotto rispetto ad un’impennata borsistica.
Precisiamo meglio, la istituzione della Borsa valori, tempio della finanza, ha obiettivi nobili in quanto cerca di allocare risorse per indirizzarle verso i settori ad alto rendimento. Nel tempo è stata contaminata e messa a disposizione di gente senza scrupoli, che ha ecceduto sino a rendere così esagerato l’accesso, al punto di danneggiare l’economia reale, vera potenzialità produttiva del paese. In altre parole la finanza è un gioco di carte pericoloso. Qui si intravvede un rapporto fra Borsa e sorte.
Si ricorda quando accaduto nel passato in Argentina e in Albania, ove l’uso indiscriminato delle carte finanziarie ha prodotto gioia nei primi tempi, per poi far fallire tutte le istituzioni e persino lo Stato. In Albania il collasso sociale ed economico e del sistema finanziario agli inizi del 1997 portò al fallimento della Banca statale Agricola Albanese e della Banca statale Commerciale Albanese. Un regime finanziario viziato dalla creazione di schemi a catena di mera speculazione finanziaria di traffici monetari a tassi eccessivi che avevano attirato depositi da una parte notevole della popolazione, diede origine a disordini che causarono più di 1500 morti, una diffusa distruzione di proprietà pubblica e privata con una caduta del PIL dell’8% e l’esplosione dell’inflazione al 50%.
Non va dimenticata la Parmalat, che anziché produrre latte, è caduta nel tranello della finanza e quindi fallita per poi in extremis passare in mano francese. Persino la Fiat ha rischiato, ma presto si è resa conto che doveva produrre auto, meno remunerative e certamente sicure.
All’orizzonte appare un altro nemico del benessere, i bitcoin. Le nuove tecnologie, favorite dai progressi della crittografia – ovvero dell’applicazione di metodi che servono per rendere un messaggio comprensibile/intelligibile solo a persone autorizzate a leggerlo – e dalle evoluzioni della rete internet, stanno determinando un cambiamento radicale nell’economia globale, con particolare riferimento al settore finanziario, sotto il profilo delle modalità di scambio di beni, servizi e ogni attività finanziaria.
Il termine bitcoin si compone di due parole: cripto e valuta. Si tratta quindi di valuta nascosta, nel senso che è visibile/utilizzabile solo conoscendo un determinato codice informatico (le c.d. ‘chiavi di accesso’ pubblica e privata, in linguaggio ancora più tecnico).
La criptovaluta non esiste in forma fisica (anche per questo viene definita “virtuale”, ma si genera e si scambia esclusivamente per via telematica. Non è pertanto possibile trovare in circolazione dei bitcoin in formato cartaceo o metallico.
Già la vita riserva tante inquietudini e disgrazie; sarebbe meglio non andare a cercarle. La semplicità è la chiave del successo.
I mercati finanziari sono “luoghi” virtuali – un tempo fisici, oggi piattaforme informatiche dette “sedi di negoziazione” – che consentono agli investitori di avanzare proposte di compravendita di strumenti finanziari come ad esempio azioni, obbligazioni, valute, materie prime, derivati e quote di fondi.
I mercati sono i “luoghi” dove è possibile acquistare o vendere strumenti finanziari (azioni, obbligazioni, derivati, quote di fondi ecc.). Una prima distinzione è fra:
- mercato primario – dove si acquistano i titoli al momento dell’emissione;
- mercato secondario – rappresentato dai mercati finanziari dove si acquistano titoli da chi li ha già sottoscritti.
I “mercati” operanti in Italia possono essere suddivisi in tre categorie: Mercati regolamentati, Sistemi multilaterali di negoziazione (“MTF”) e Internalizzatori sistematici.
I mercati regolamentati sono sistemi dove, nel rispetto di un regolamento, vengono immesse da più intermediari, per conto proprio o dei loro clienti, proposte di vendita e di acquisto di strumenti finanziari. Le proposte trovano esecuzione l'”una contro l’altra”, abbinandosi con le proposte di segno contrario (ma compatibili per prezzo e quantità) immesse nel sistema da altri intermediari, senza l’interposizione del gestore del mercato (questo sistema di negoziazione è detto di tipo multilaterale).
Importante caratteristica è l’ampiezza delle informazionidisponibili per gli investitori relativamente all’emittente gli strumenti finanziari negoziati (situazione finanziaria, fatti rilevanti che lo riguardano, maggiori azionisti, soggetti che esercitano il controllo sulla società) e agli stessi strumenti finanziari (caratteristiche, vendite allo scoperto significative di azioni, azioni acquistate o vendute dal Top Management dell’emittente).
I sistemi multilaterali di negoziazione (MTF), per molti aspetti sono simili ai Mercati regolamentati in quanto sono sistemi di negoziazione multilaterale, autorizzati dalla Consob e disciplinati da regole sottoposte alla stessa Consob. Possono però essere gestiti anche da soggetti diversi da società di gestione del mercato (ad esempio banche o Sim), purché autorizzati allo specifico servizio di investimento della gestione di sistemi multilaterali di negoziazione.
In terzo luogo, gli internalizzatori sistematici sono intermediari (soprattutto banche) abilitati al servizio di investimento di negoziazione per conto proprio che, in modo organizzato frequente e sistematico, negoziano strumenti finanziari per conto proprio, eseguendo gli ordini dei clienti.
Si tratta di un sistema di negoziazione bilaterale (e non multilaterale) perché l’unico intermediario presente è proprio l’internalizzatore sistematico che si interpone in ogni operazione, acquistando, al prezzo da esso stesso stabilito, dai clienti che vogliono vendere e vendendo a quelli che vogliono acquistare.
Non sono previste norme particolari per quanto riguarda le informazioni sugli emittenti i titoli negoziati esclusivamente su tali sistemi.
Nel rapporto col feticismo, una nuova attrazione idolatrica oggi già affermata è quella digitale, in particolare del cellulare. Abbiamo dovuto constatare che nella generazione degli anni 80 e a cavallo delle fine secolo scorso, la protezione dei genitori è risultata invasiva e superprotettiva, senza una base logica, al punto da difendere persino il figlio contro l’insegnante, contravvenendo alle regole sociali. Abbiamo registrato la crescita del figlio (spesso unico) in un programma di autocondivisione, abbandonando la solidarietà naturale degli amici, che sarebbe la grande espressione genuina dell’adolescenza.
Come risultato, è scattato un nuovo fenomeno, ossia l’amicizia sociale attraverso i mass media. La svolta non funziona poiché si accumulano depressioni e tentativi di suicidio. In aggiunta, la performance scolastica ha determinato la frammentazione della capacità di attenzione, l’impoverimento delle relazioni sociali, il disinteresse per i rapporti sessuali, la tendenza a restare nella famiglia di origine e la ritrosia ad avviarne una propria e si vive con un partner, senza matrimonio, cioè senza impegno. Si registra inoltre una diffusa avversione al rischio a causa della rarefazione delle esperienze, che tende ad abbassare l’asticella dell’ambizione rispetto ai predecessori.
In queste condizioni, il giovane non vive più in piazza con gli amici, per raccontare le proprie esperienze ma si imprigiona in casa in compagnia dello smart phone. Da numerose ricerche empiriche negli ultimi anni, si evince che i media producano degli effetti reali di clonazione sulle persone e sulla società di grossa valenza. Tra gli effetti più significativi si riscontra quello che possiamo chiamare “Tramonto della tradizione”; in effetti i media devono gran parte del loro successo alla capacità di confezionare un avvenire piacevole e convincente a fronte dei comportamenti sociali obsoleti, quasi un mondo privo di difetti e problemi. In tale illusione, la realtà fisica vien sostituita da quella artificiale appalesata dai media, annullando la distanza fra esseri umani e media: gli individui vengono progressivamente rimpiazzati da simulacri e miti in un circuito di grande fascino. Si acquisisce l’idea convincente che la televisione stia modificando l’apparato cognitivo dell’uomo medio; inoltre si sta sviluppando un rapporto fisico molto stretto tra le interfacce mediatiche (smartphone e tablet) e le nostre mani: accade che il sistema mediatico tende a fondersi con i corpi degli esseri umani, in una griglia di media biologica, innovando le tradizioni e controllando un nostro mondo emozionale.
I dispositivi digitali creano dipendenza perché ci gratificano all’istante, diversamente dalla gioia duratura di un’attività impegnativa. La gratificazione superficiale è immediata ma volatile e viene cancellata da un’ulteriore sollecitazione. Diminuiscono le interazioni sociali reali poiché manca la gioia dell’esperienza: giocare a calcio, a biliardo, a carte. Siamo passati da una adolescenza dinamica ad un’adolescenza statica.
Bisogna prendere atto della nuova dimensione. Le vicende di un immaginario conducono l’arte della cartografia a consentire di creare mappe che si sovrappongono completamente allo spazio geografico di riferimento. La nostra esperienza di rapporto con l’ambiente fisico è sempre maggiormente vissuta attraverso gli schermi e le interfacce degli strumenti di comunicazione. La stampa, ovvero il quotidiano, viene considerata il primo vero mezzo di comunicazione, che ha avviato la diffusione di una lingua comune, la nascita di un universo culturale omogeneo, lo sviluppo dell’opinione pubblica borghese. Il rapporto genuino con la piazza si sta riducendo. Quando si parla di piazza ci si riferisce al sagrato sotto il campanile della chiesa, punto di incontro centrale dei cittadini del Paese, per commentare i fatti di cronaca, per esaltare la propria squadra, per trovare momenti di incontri suggestivi e spontanei fra amici. L’opinione pubblica si è evoluta con l’affermazione della rete, in quanto lavora col telefono, col cellulare, con internet, con facebook. in modo vicino ma lontano avviando i rapporti ad opachi commenti e ad una socialità malinconica. La città ha favorito l’individualismo con le sue leggi di ordine. Si pensi a quando si fruisce della trasmissione di un concerto nella propria abitazione con un impianto di elevata qualità.
Il feticismo si afferma come la mafia. In territori in cui vige l’attività mafiosa, anche i non aderenti in termini criminali finiscono per pensare e comportarsi istintivamente in modo ambiguo e quasi a sostegno delle mafie. Analogamente, le modalità insorte nell’occidente nella gestione della finanza pongono la popolazione in una condizione di stima del gioco delle carte nella Borsa valori, attribuendo una stima e una credibilità a queste funzioni.
La copertura culturale di ambedue i fenomeni crea un appiattimento mentale molto deleterio e profondo, non in grado di cogliere la nefandezza delle operazioni e quindi con difficoltà a comprendere la necessità di un cambiamento. Sulla stampa e nei mass media, nessun politico o giornalista e perfino nessun economista denuncia la contaminazione cartacea a danno dell’economia reale, vera ricchezza dei popoli.
Le agenzie liberali degli Usa e del Regno unito sono ben consapevoli di questo andazzo malefico, cioè del sopravvento della finanza sull’economia reale, ma la radicale “Mentalità westeriana” blocca qualsiasi forma di rinnegamento. Nel contempo, a peggiorare la situazione, l’attività bancaria, imperniata sull’acquisto di titoli e di attività analoghe, ha impostato le funzioni in tal senso. Recarsi presso in un istituto di credito al pomeriggio, le casse non sono attive, ma la consulenza per investimenti di titoli rimane sempre attiva. Persino vi sono funzionari bancari che sono comandati a visionare i conti correnti dei clienti e ove il credito supera una cifra apprezzabile sono adibiti a telefonare agli stessi per proporre formule di investimento.
Un cambio della mentalità può affermarsi soltanto se si prende coscienza del fenomeno: il valore della finanza sette volte maggiore (secondo le stime) del valore dei bei beni produttivi. Per ora non si registrano movimenti in questa direzione. Il tempo aiuta a sperare, proprio perché la speranza è l’ultima dea! Questa frase latina spesso usata per significare che la speranza non viene mai meno o che si può sperare fino all’ultimo, con riferimento al mito greco della dea Speranza che resta tra gli uomini, a consolarli, anche quando tutti gli altri dèi abbandonano la terra per l’Olimpo. Antichissimo modo di dire che deriva dall’espressione latina “Spes ultima dea” che a sua volta viene ricollegata al mito greco di Pandora, visto che la “Speranza” fu l’ultima ad uscire dal mitico vaso che conteneva tutti i mali del mondo, quasi a consolare l’umanità che li avrebbe subiti.
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