Televisione, sacra e profana, il focus di Giuseppe Rocco

La televisione è divenuto il mezzo principale per realizzare la comunicazione simultanea. L’avvento di questo fenomeno ha sconvolto la posizione del cinema, ridotto a strumento ancillare. I film vengono proiettati in casa mentre restiamo seduti in poltrona, col vantaggio aggiunto che se la trama è noiosa, possiamo dormire o interrompere la proiezione. La televisione ha raccolto l’eredità del teatro e della cinematografia.       

Cerchiamo di comprendere il peso del mezzo di comunicazione televisivo. Si possono conoscere le notizie in tempi super rapidi; si ha la possibilità di trovarsi nello stadio per assistere alle partite di calcio; ci si trasferisce metaforicamente nei palazzi reali ove avvengono le incoronazioni; si riesce a partecipare alla scoperta della luna in diretta e in una condivisione virtuale. Attualmente si possono seguire eventi in ogni parte del mondo, stare all’interno di vari progetti, di divertimento, di studio, di lavoro, che si svolgono nel pianeta, senza spostarsi da casa; si può persino registrare l’avvenimento e visionarlo in un tempo successivo. Bastano questi esempi per comprendere la portata dello strumento e per capire la svolta sociale, che ha cambiato i connotati alla comunicazione.

Inoltre la televisione è divenuta l’arte del sollievo per malati e persone anziane, costrette a rimanere in casa. In passato mancava la corrente elettrica e l’uomo, in genere vivente in campagna, accedeva al letto verso il crepuscolo per il riposo per alzarsi presto al mattino. Con il progresso tecnico e sociale, l’uomo ha espanso le sue attività ed utilizzato la corrente elettrica, potendo così gestire al meglio le serate. Di fatto la televisione è divenuta una fonte di investimento per i cittadini, che si abbandonano ai programmi per distrarsi e per trascorrere la serata. È nata una nuova armonia filtrata della famiglia e della convivenza, con l’espediente della presenza di più apparecchi televisivi.

La cultura di massa si configura tendenzialmente laica e profana e pone l’accento sul godimento individuale presente, in cui il rapporto estetico restituisce un rapporto quasi primario (ludico) col mondo. Nel nuovo contesto, favorito dai mass media, l’immaginario diviene l’aldilà multiforme e pluridimensionale della nostra vita, nella quale siamo ugualmente immersi. In fin dei conti, questa cultura, divinizzata dalla televisione, costituisce una sorta di sistema neuro-vegetativo da cui la vita reale dell’immaginario e l’immaginario della vita reale traggono linfa, secondo un duplice moto di proiezione e di identificazione. Nella proiezione subentra una certa liberazione psichica: ciò che non può essere appagato nella vita (diversione, evasione, compensazione, espulsione e persino transfert sacrificale) si espande su orizzonti immaginari.

Entro la proiezione agisce una certa identificazione: lo spettatore o lettore, mentre si libera di virtualità psichiche che fissa sugli eroi, si identifica al tempo stesso con personaggi e vive situazioni che gli sono estranee, per naturali problemi inerenti alle sue aspirazioni.

La televisione ha un ruolo fondamentale nell’arena politica moderna: essa è considerata la fonte primaria di informazione per la maggior parte dei cittadini e il principale canale di comunicazione fra politici e cittadini, tanto è vero che sono scomparsi i comizi in piazza, ormai ritenuti superati. A proposito di televisione, Schkesinger parla di cultura del cronometro, che va ben oltre quelle che sono le necessità pratiche: si tratta di una forma di feticismo dove l’ossessione per il tempo è parte della professionale; caratteristica ricorrente nella vita dei manager. Certamente la televisione cerca di omologare i comportamenti dei cittadini, rendendoli delle pedine; inoltre la TV ha favorito la banalizzazione della politica e il disimpegno civico. 

Si sta avviando verso un percorso dilettantesco, con partecipazione del pubblico chiamato a partecipare: megalomania, vanità curiosità morbosa e gusto del pettegolezzo; rende i partecipanti oggetti di spettacolo e di ludibrio; vengono anticipati processi e seguiti in modo capillare, frantumando la privacy. I presentatori entrano in un delirio narcisistico di onnipotenza e creano le condizioni per render lo spettatore inerme ad acquisire le loro parole come fosse l’ostia consacrata. Abbiamo perso il senso della misura anche nella pubblicità: basta ricordare Carosello, su cui si è formata un’intera generazione e che proponeva siparietti spiritosi, garbati e gustosi e mai drogati e volgari, come accade invece oggi. La televisione risente del clima politico lottizzato e della nuova società secolarizzata, che ha offerto un’impronta illuminista basata sulla ragione a scapito della religione e dell’etica, nel senso che primeggia la volgarità.

Dal punto di vista ontologico, la televisione non presenta criticità. Queste sono sorte dal punto di vista deontologico.

In primo luogo Il fatto di cronaca, largamente strumentalizzato dalla televisione, per fare spettacolo rientra nell’informazione spazzatura. Purtroppo la riproposizione di crimini, passioni e sadismo inducono all’imitazione sociale, accentuando la criminalità. Pur prescindendo dal fattore imitazione, purtroppo largamente esistente, l’abbondanza di uccisioni con scene analitiche di sangue rimane una spina nel delicato meccanismo.

In secondo luogo il tono triviale dell’offerta-dono dell’amore, trasformata in sesso opaco. Una dilatazione del problema che parte dal consumismo dell’amore, in cui vengono vissute continue storie amorose, in una girandola senza regole. Nel contempo e nella dissoluzione, l’amore viene impostato in termini prosaici e banali, basato sul sesso alla stregua degli animali. Il modo di porgere i sentimenti viene accomunato al cinema; il tutto rientra in una caduta di stile del viver sociale e in una modificazione della cultura, certamente esagerata, dimenticando che le scene televisive diventano scuola fattiva per gli adolescenti. Il cinema, come la televisione, ha sdoganato quella cultura triviale, tipica della secolarizzazione attuale, ossia abbiamo conseguito un mutamento sociale con grande ruolo della tecnica e con scarsi valori etici. In sintesi lo schermo televisivo in particolare è divenuto una scuola di corruzione, dando origine ad una cultura perversa. Tutto ciò favorisce l’angoscia adolescenziale che ha radici psicologiche. Tra l’altro si è scoperto che il circuito cerebrale che elabora la paura è precoce e si sviluppa molto prima della corteccia prefrontale, la sede del ragionamento e del controllo esecutivo. Non finisce qui: gli adulti con problemi legati all’ansia sono riconducibili agli anni dell’adolescenza.

In terzo luogo l’affermazione della pubblicità, che riesce a divinizzare l’immaginario e creare nuovi modi di vita, che si fondano sia sui prodotti di consumo che sull’amore, felicità e successo. Assistiamo alla cultura di massa, che produce eroi e decompone il sacro, L’Olimpo moderno si pone al di là dell’estetica, ma non della religione, poiché è strutturato secondo le leggi del mercato. Quindi cambia il valore di scambio. Il rapporto viene rovesciato e gli uomini si trovano sotto il controllo dei titoli in Borsa anziché averli sotto il proprio controllo. Una continua forma di propaganda che diventa incompatibile con il canone televisivo, almeno per le reti nazionali pubbliche.

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About Giuseppe Rocco

Esperto di commercio estero. Vice Segretario generale della Camera di commercio di Bologna sino al 31.1.2007; Docente esterno presso l’Università di Bologna, Istituto Economico della Facoltà di Scienze politiche, in qualità di cultore dal 1990 al 2006, di “Istituzioni Economiche Internazionali” e in aggiunta dal 2002 al 2006 di “Diritti umani”; Pubblicista iscritto all’Albo dei Giornalisti dal 1985; 450 articoli per 23 testate nazionali; in particolare consulente del Il Resto del Carlino, in materia di Commercio internazionale, dal 1991 al 1995; Saggista ed autore di 53 libri scientifici ed economici; Membro del Consiglio di Amministrazione del Centergross dal 1993 al 2007;Membro del Collegio dei periti doganali regionali E. Romagna, per dirimere controverse fra Dogana ed operatori economici dal 1996 al 2000, con specificità sull’Origine della merce.