Tempo di Covid… tempo di Avvento

Perché attendere? Cosa o Chi attendere?

Lo viviamo, qualcuno ne sente parlare, c’è chi lo sente chi no. C’è chi lo vive con fede chi invece ne avverte addirittura un fastidio. Ma cosa è e cosa c’entra questa attesa ancor di più in questo periodo? Attesa di che, di chi? E perché tanto clamore o forse, che è più esatto, perché tanto silenzio? “Difendiamo la salute non il Natale”, questo è il motto di questi giorni. Vanne a capire il significato…

E’ una storia, è una tradizione che si protrae nel tempo, da più di duemila anni. E’ una storia fatta di uomini che attendono instancabilmente una cosa più grande, una felicità, un compimento, … un significato del tempo, nel tempo, il significato della felicità stessa, il significato della vita, il perché delle cose.

L’avvento richiede, suggerisce, quindi, nell’attesa, una sorta di introspezione, una presa di coscienza, una ricerca. Suggerisce che il desiderio di un bene bisogna cercarlo, bisogna che ci si ponga quanto meno in posizione (attesa) che si manifesti. Tutto questo trova forme e aspetti inesorabilmente variegati. C’è chi aspetta la luce e chi …le luci; c’è chi attende una risposta e chi desidera una tranquillità, che è anch’essa occasione di presa di coscienza, di un “fare il punto”.

Giussani* afferma che:

“La coscienza della definitività è come la coscienza di noi stessi: è permanente. Potrebbe essere già un esame di coscienza o un contenuto di contrizione per il suo sacrificio. La coscienza della definitività deve accompagnarci come l’autocoscienza di noi stessi, come la coscienza di noi stessi, come un’autocoscienza. Infatti, l’autocoscienza è consapevolezza di qualche cosa di definitivo, perché il nostro io è definitivo. Ma ancora più definitivo è il significato del nostro io.”

*Luigi Giovanni Giussani è stato un presbiteroteologo e docente italiano, fondatore del movimento di Comunione e Liberazione.

Perciò, la vigilanza è il tema che la Chiesa pone in capo al nostro nuovo anno di vita, come senso dell’imminenza della Sua venuta, come – perciò – attesa e desiderio della Sua venuta, che, per non essere superficiali e fatui, debbono nascere dalla contrizione, perché la nostra esistenza non vive così, vive meno di così, molto meno di così.

Ma si può essere vigilanti anche se non si crede? Certo è che non si può essere in attesa di qualcosa o qualcuno se manca il fondamento di tale posizione, se manca un’oggettiva motivazione a tale posizione. Perché porsi un problema se tale problema rimane tale? Se non si aspetta non una soluzione ma il porsi in atto del problema, quindi ciò che è prima. Del resto la frase tipica è proprio “ma che senso ha porsi il problema, che senso ha fare un’autocoscienza. E di cosa poi? E perché?

A Napoli si dice “Nun ce pensà” nel senso di permanere in un atteggiamento di superficialità verso tutto e tutti. Inutile porre domande sulla vita, sul senso della vita, o meglio sul Senso. Meglio andare a vento…

Giussani insiste:

“Ma ciò che costruisce l’umanità non è ciò che le mani dell’uomo costruiscono, non ciò che il pensiero immagina e cerca di realizzare; il significato per cui il mondo si accosta, s’avvicina, s’approssima a un disegno mirabile e buono (dove tutto sarà ricondotto a unità), si attua attraverso la dedizione nostra al Senso di tutto. E a questo, soprattutto di fronte alla morte, non c’è risposta ragionevole.”

E allora se tutto non dipende anzitutto da te ed è possibile per te, in fondo, l’unica cosa che uno può fare è semplicissima: è riconoscere e accettare quantomeno quello che siamo. Questa, in fondo, è ciò che la Chiesa chiama penitenza: l’umiltà. Siamo niente: niente come creature. E non solo niente, ma un niente che tante volte ha dimenticato di essere niente e che tante volte, con cattiveria, ha voluto costruire lui.

L’unica possibilità che l’uomo ha è di affrettare questa attesa. Un’attesa per riconoscere che è solo un’illusione che riusciamo a gestire la vita, la nostra vita. Forse possiamo organizzarci una spesa o un viaggio. Poco altro. Ma questo, analogicamente, è evidente anche nel rapporto tra i genitori e i bambini: l’unica modalità che hanno è di affrettare l’essere voluti bene. Ora come non mai, in questo periodo “ristretto umanamente”, l’unica condizione è di tendere, di attendere, di essere ora, già ora.

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About Innocenzo Calzone

Giornalista pubblicista, architetto e insegnante di Arte e Immagine nella scuola Secondaria di I grado, è caporedattore di un giornale d'Istituto con ragazzi della scuola Primaria e Secondaria. Appassionato di calcio, arte e musica, vive a Napoli. Ha pubblicato diversi articoli in riviste di architettura e in ambito educativo-scolastico.