One Man Caravan, il primo giro del mondo in moto in solitaria! Era il 1932 …

One Man Caravan foto

One Man Caranvan, la straordinaria traversata del mondo di un ragazzo e la sua motocicletta nel lontano 1932. Il romanzo che ha ispirato generazioni di motociclisti e viaggiatori.

Già il titolo dell’opera è parecchio evocativo. Porta subito a pensare a viaggi, luoghi inesplorati e avventure. Ma che valenza ha oggi, nel 2023, l’avventura?

Ormai abbiamo a disposizione ogni tipo di informazione a portata di tap. Se vogliamo fare un viaggio all’estero prendiamo il nostro smartphone e cerchiamo recensioni, opinioni, consigli. Prendiamo un aereo o un treno super veloce e raggiungiamo in poche ore la nostra destinazione preferita.

Tuttavia, se credete che il mondo sia cambiato così tanto dal 1932 dovrete prima leggere questo libro. Le vicende di One Man Caravan narrano, come suggerisce il titolo, di un giovane uomo che attraversa le vastità di un mondo che ancora non conosce in solitaria. Robert Edison Fulton Jr nasce nel 1909 da una famiglia benestante americana. Il padre è proprietario della Mak Trucks, famosa casa costruttrice di camion, nonché amico del leggendario Thomas Edison, da qui il secondo nome di Robert.

La Douglas utilizzata nel viaggio, opportunamente modificata e carica di bagagli

Robert Fulton annuncia tra il serio e il faceto di voler compiere il primo giro del mondo a bordo di una moto a una cena tra amici. Uno di loro prende sul serio l’affermazione e gli mette a disposizione una Douglas nuova di zecca. La moto ha solo dei cavalli, pochi per gli standard di oggi, ma bastano per convincere Robert a tentare l’impresa.

Seguono mesi di avventure mirabolanti. Man mano che Fulton procede nel viaggio si assiste allo scardinamento progressivo dei preconcetti che un uomo bianco e privilegiato può avere nei confronti delle genti dell’est. Per quanto sia un libro di quasi cent’anni fa è sorprendente vedere come i pregiudizi che noi occidentali abbiamo nei confronti degli altri sono rimasti pressoché gli stessi, forse ammorbiditi ma in fondo simili. E di quanto questi pregiudizi siano infondati e sbagliati. Tuttavia, Fulton non si lancia in giudizi o in moralismi, si limita a descrivere quel che vede e a lasciare al lettore la libertà di interpretare quelle informazioni.

Nel suo viaggio scopre la cultura mussulmana, la religione preponderante nella maggior parte dei paesi che visita, e scopre tante sfaccettature che anche oggi sono sconosciute ai più. Arriva a trattare anche il tema della donna nel mondo islamico, un tema che oggi è più che mai al centro di dibattiti e controversie. Ma anche nel ’32, contrariamente a quanto si possa pensare, esistevano nel mondo islamico dissensi più o meno velati (e sì, il riferimento al velo è voluto) riguardo alla questione. Ma come detto in precedenza Fulton, da buon viaggiatore, osserva e non giudica.

Un villaggio nel cuore dell’Afganistan

Se non dei giudizi, Fulton trae delle conclusioni dal suo viaggio, ma non entriamo nel dettaglio per non rovinare l’esperienza a chi non abbia ancora letto il romanzo. Arriva a valutare che tutte quelle differenze che esistono tra le diverse culture sono delle barriere invisibili, inutili e che in fondo siamo tutti un insieme di persone che hanno gli stessi bisogni, gli stessi sogni. Direte che ha scoperto l’acqua calda! Tuttavia, è importante considerare, che per quanto nulla sia cambiato in sostanza, all’epoca la supremazia dell’uomo bianco era riconosciuta e ostentata nel mondo occidentale e non solo. Anche oggi sono tutt’altro che superate queste differenze, ma all’epoca le discriminazioni razziali erano ampiamente accettate dalla società. Fatte queste premesse, non è scontato che un ragazzo come Fulton, cresciuto nell’America “bene” e rappresentante dell’elite bianca, sia arrivato a fare queste considerazioni. Sicuramente Robert Fulton è stato un grande uomo del suo tempo, con un intelletto evidentemente fuori dal comune. Tra le altre cose, fu anche inventore e imprenditore e il giro del mondo fu soltanto l’inizio di una vita sorprendente.

Una delle cartine geografiche utilizzate da Fulton durante il viaggio

Allontanandoci dagli aneddoti più filosofici e profondi, in One Man Caravan troviamo anche tanta avventura ed espedienti di sopravvivenza. La sua motocicletta era all’avanguardia per l’epoca, ma totalmente inadatta se consideriamo gli standard di una “adventure bike” di oggi. Nel 2023 abbiamo la possibilità di acquistare moto con motori di oltre cento cavalli con sospensioni specifiche per il fuoristrada, dotate di controllo di trazione, abs e tanto altro. Fulton aveva una moto a telaio rigido senza sospensioni posteriori, protetto dalle asperità solo dalle molle della sella e da una pelle di pecora acquistata durante il viaggio. Oggi abbiamo caschi integrali omolgati, giacche protettive, airbag, paraschiena, guanti, stivali e chi più ne ha più ne metta. Fulton aveva un pantaloncino corto, un impermeabile, degli stivali da escursionista e un vecchio elmetto inglese coloniale.

Due cilindri e sei cavalli, per darvi un ordine di grandezza una vespa 125 degli anni 80 ne aveva sette! Eppure, quei pochi ronzini e tanta forza di volontà hanno permesso al nostro Robert di attraversare deserti, giungle fangose e pietraie devastate dal sole cocente.

Curiosità storica: Fulton è il primo ad aver effettuato il giro del mondo in solitaria, almeno il primo documentato. Mentre il primo in assoluto ad aver girato il mondo in moto è stato Carl Clancy Stearns nel 1912, che però, partì in compagnia di un’aiutante con una motocicletta di riserva.

Fulton resta comunque un uomo del suo tempo nel bene e nel male. Certamente, una persona fuori dal comune, capace di andare oltre gli stereotipi del tempo. Tuttavia, è comunque distante dall’ideologia occidentale moderna e alcune dichiarazioni fatte nel libro potrebbero far sorridere o storcere il naso. Ma questo racconto ci fa riflettere sull’andare oltre le nostre ideologie e convinzioni, conoscendo il prossimo.

Il nostro viaggiatore ha scoperto che persino i popoli considerati più ostili e pericolosi sono ospitali e curiosi. Quindi cosa ci insegna questo libro? Dipende da voi, dipende cosa volete che vi insegni.

In me ha rafforzato l’idea che prima di giudicare bisogna conoscere, prima di pensare di sapere bisogna scoprire e viaggiare, e che se si vuole compiere un’impresa non bisogna pensare ma agire. In fondo un viaggio non è il riassunto di una vita? Fatto di pericoli, angosce ma anche gioie e continue scoperte?

Se sentite quel tarlo nella testa, se non vi fa dormire la notte, che sia a piedi, in moto, in bici, in auto o con qualsiasi altro mezzo partite, forza partite!

Print Friendly, PDF & Email

About Flavio Uccello

Giornalista pubblicista, è stato consulente assicurativo e finanziario, oggi si occupa di automotive. Oltre a trattare argomenti di natura socioeconomica, ha una smodata passione per i motori e il motorsport di cui scrive diffusamente nelle nostre rubriche. Ama leggere ed è molto curioso. Ha una gran voglia di comunicare con il mondo.