Anche le farfalle parlano di Giancarlo Dell’Angelo. Recensione di Maria Teresa De Donato

Presente anche in questo secondo romanzo di Giancarlo Dell’Angelo è il tema del viaggio.  Tuttavia, se ne “La strada laterale”, sua prima pubblicazione, il viaggio è prevalentemente fisico, compiuto dalla vera protagonista, ossia la busta, che non riesce ad arrivare a destinazione, in questa sua seconda opera letteraria il viaggio non è solo quello della memoria, ma anche e soprattutto introspettivo: un viaggio, insomma, nelle profondità dell’anima.

Il viaggio attraverso i ricordi segna inesorabilmente il trascorrere del tempo e, quindi, l’avanzare dell’età.  Aumenta la consapevolezza facendo comprendere meglio come la Vita ci abbia cambiati e quanto formative e ricche siano state le nostre esperienze, a prescindere dalla percezione che potremmo averne avuta mentre le vivevamo.

La Vita è intesa metaforicamente come “una infinita strada ferrata con accanto una valigia” (Dell’Angelo, 2022, p. 1).  È una strada che possiamo prendere o semplicemente limitarci a guardare in quanto “non si riesce a scorgere quale sia la direzione giusta” (p. 2) per la quale optare.

Malgrado le incertezze sul da farsi e le inquietudini che cerca di tenere sotto controllo, Nando, il protagonista di questo romanzo, osserva attentamente l’ambiente circostante restando a volte perplesso e spesso affascinato dai comportamenti umani che, sin dalla più giovane età, cerca di comprendere, malgrado a volte gli sia più difficile farlo e altre gli appaia addirittura impossibile.

“Un’esistenza oscurata dall’ombra immensa delle montagne” (p. 3) nella Contrada Muta, che per molti anni verrà associata ad una situazione limitante, priva di stimoli, che fa sentire a disagio rispetto a chi vive in città, che ostacola la possibilità di socializzare prim’ancora che di realizzarsi nella vita, viene vissuta con ansia da un lato e sofferta rassegnazione dall’altro. 

La terra che dà, a volte generosamente, è la stessa che troppo spesso toglie tutto e questo malgrado un contadino, quale è suo padre, le dedichi tutte le proprie energie dall’alba al tramonto, senza sosta e senza risparmiarsi nulla.

Malgrado questa latente sofferenza dovuta al timore o forse alla semplice consapevolezza che abbandonare quei luoghi non sarà cosa semplice, ammesso che sia possibile, gli anni dell’infanzia e della prima adolescenza trascorsi prevalentemente con gli amici di sempre, Marco ed Ale, rimangono dei ricordi da tesoreggiare.

Da tesoreggiare rimarrà per sempre anche il ricordo di Bianca, conosciuta, a detta di Nando “…perché le strade di campagna mi riportano sempre in luoghi di suoni e profumi spesso noti… .” (p.7) “…perché le strade di campagna erano i sentieri in cui ero costretto a vagare alla scoperta di spunti da osservare e alla ricerca di me stesso.” (p. 35)

Bianca, con la sua bambola affetta da una patologia, spesso si sente male; ha questi improvvisi svenimenti per cui deve prendere dei farmaci; non parla bene, ma non si lamenta mai. Bianca parla con le farfalle e le farfalle le rispondono. Bianca, immersa nel suo mondo ricco di fantasia, ama la Vita e cerca di trasferirne, a suo modo e con i suoi limiti, una veduta positiva anche a Nando. “Bianca non aveva campi da arare ma una sterminata realtà da insegnare… .” (p. 33) 

E, sebbene la Contrada Muta a Nando stia stretta, il fatto di vivere in aperta campagna, gli consente di esplorare, spesso con i suoi amici, e a volte anche da solo, quella Natura circostante solo apparentemente familiare. I ricordi lo portano, dunque, al tempo in cui, essendosi avventurato da solo, aveva imparato a sue spese quanto fosse facile perdere l’orientamento, soprattutto quando si è completamente immersi nei propri pensieri. Improvvisamente si era ritrovato a percorrere viottoli e sentieri sconosciuti in cui il sole che tramontava e “il mistero della penombra” (p. 7) avevano reso la possibilità di ritrovare la propria strada ancora più remota.  

Il desiderio di lasciare quei posti più o meno familiari, in cui è cresciuto e di cui ha anche dei bei ricordi, nella speranza di una vita che possa offrirgli maggiori opportunità viene frenato dall’amore che, prima ancora che per la terra, Nando prova per i propri genitori che a quella terra hanno dedicato tutta la loro esistenza, i loro mezzi, le loro fatiche.

La bellezza della campagna, dei boschi, di quelle albe e tramonti cui è abituato vivendo in campagna viene ostacolata in città da tutti quei palazzi ed edifici che in essa sono stati costruiti e che si ergono verso il cielo “come i missili degli americani” (p. 14).  Allo stesso modo, il rumore della trebbiatrice, il cinguettio degli uccelli e i versi di tutti gli altri animali vengono sostituiti prevalentemente da quelli dei motori e del traffico cittadino.

Di fatto, comunque, il vero padrone della Contrada resta il silenzio.

L’alternarsi continuo di questo duplice sentimento, che da un lato spinge alla fuga e dall’altro cerca di trovare delle ragioni per rimanere, è, quindi, l’aspetto fondamentale di questo romanzo che, nella sua essenza più pura, è anche il romanzo della consapevolezza: la consapevolezza dell’essenza del proprio essere, di quali siano le proprie radici e i valori a cui non si è disposti a rinunciare.

Grazie ad un percorso di crescita interiore e a un miglioramento economico ottenuto proprio in virtù di un trasferimento in città, Nando avrà la possibilità di realizzare i suoi sogni, incluso quello di scrivere un libro e di raggiungere un equilibrio tra passato e presente, tra lavoro, amore, amicizie e la propria terra e casa dell’infanzia. Le cose e le persone che ha sempre amato sono proprio quelle che da sempre ha sotto i suoi occhi, Bianca inclusa, ora presente “nelle stesse radiazioni luminose o nei crepuscoli e nelle onde. … [nell’] arcobaleno che avvolge parte del versante della collina… .„ (p. 216)

Un bellissimo romanzo scritto con il cuore, dai tratti a volte malinconici, caratterizzato da una profonda empatia per gli esseri umani, da un grande amore per la propria famiglia, i propri amici, la propria terra, che offre spunti per una profonda riflessione e la cui lettura consiglio a tutti.

©Riproduzione riservata

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About Maria Teresa De Donato

Romana di nascita, dopo aver studiato lingue straniere e giornalismo in Italia, si è trasferita negli USA dove vive da oltre 28 anni ed ha ultimato i suoi studi giornalistici presso l’American College of Journalism e conseguito le lauree Bachelor, Master e Dottorato di Ricerca in Salute Olistica presso Global College of Natural Medicine, specializzandosi in Omeopatia Classica, Ayurveda e Medicina Tradizionale Cinese. Un’appassionata blogger, dal 1995 ad oggi ha collaborato con varie riviste, giornali e periodici in qualità di giornalista freelance. Scrittrice eclettica, olistica e multidisciplinare è anche autrice di numerose pubblicazioni, tra cui due romanzi. I suoi libri sono disponibili su tutti i canali di distribuzione Amazon, librerie incluse.