Autori in Bookfair 2023. Intervista a Michela Mosca

Ci parli di lei, dei suoi sogni e della sua esperienza di scrittura. Si tratta di un sogno che ha realizzato?

Ho cominciato a scrivere da bambina, per tenere traccia dei miei sogni e incubi notturni, che sono sempre stati molto vividi. Un po’ alla volta ho iniziato a creare delle storie, a inventare dialoghi, a delineare situazioni, prima vivendole con la fantasia e poi trascrivendole su carta. Ho sempre sentito il bisogno di vivere in realtà parallele, come se un’esistenza sola non mi bastasse. Ho sempre tenuto traccia anche dei miei pensieri, essendo una persona molto riflessiva, e questo si nota nelle mie produzioni perché anche i personaggi di cui scrivo tendono a essere molto autocritici e analitici. Un mio desiderio è che le persone possano leggere i miei testi e ritrovarcisi, sentirsi meno soli, sentirsi capiti. Di conseguenza, parlando di sogni, direi che sogno di raggiungere quanti più lettori possibili non per ottenere un qualsivoglia successo materiale, ma per regalare un’esperienza. Sento che questo sogno si sta realizzando perché spesso le persone mi contattano per dire come si siano divertite, emozionate, durante la lettura delle mie opere.

Venendo al suo libro. A che genere può essere attribuito e di cosa tratta?

Egofobia può essere definito un libro distopico, anche se il futuro nel quale l’ho ambientato è molto vicino al nostro presente, sia in linea temporale che per caratteristiche e problematiche trattate. In particolare, mi sono concentrata sul tema della solitudine giovanile, del disamore per se stessi e la società, della dipendenza dalla tecnologia. Parlo di una patologia che ad oggi viene definita sindrome da hikikomori, quel fenomeno che porta soprattutto i ragazzi a recludersi in casa senza lavorare, studiare, coltivare passioni, avere amici, innamorarsi e vivere. Essendo definibile anche come soft horror, ci sono elementi perturbanti e inquietanti, come le malattie mentali rare, la paura di perdere il controllo e la propria salute mentale. Parlo pure di avere paura di se stessi, da qui il titolo (una sorta di neologismo perché, clinicamente parlando, non esiste la fobia del “io”).

La sua lettura e il suo autore preferiti?

Non riesco a scegliere una sola lettura che possa vincere il titolo di mia preferita in assoluto, ma posso dire che Frankenstein di Mary Shelley è una delle opere che più ho a cuore. Solo che si contende lo spazio con i racconti di Howard Phillips Lovecraft, che posso definire come il mio autore preferito. La sua capacità di descrivere gli abissi dell’animo umano, le turbe dell’anima, la paura per l’ignoto … credo di essergli davvero debitrice.

Cosa si aspetta dalla sua partecipazione a questa edizione della Fiera del libro della Biblioteca Suore Montevergine?

Mi aspetto di farmi conoscere da appassionati di letteratura, soprattutto di genere diciamo “perturbante”. Quindi horror, weird, ma anche tutte quelle letture non facilmente classificabili e che scoperchiano i nostri timori, le nostre inquietudini. Ma mi aspetto soprattutto una cosa: di essere io a conoscere nuovi autori, perché questi eventi sono un ottimo modo per fare rete e ampliare la comunità di amanti della narrativa.

Vi ringrazio per l’opportunità. Vi porgo cordiali saluti.

LA SCHEDA DI MICHELA MOSCA

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