FRA FLORA E FAUNA. Uno sguardo nel tempo sulla natura nella Venezia Giulia. Apre domani la nuova mostra all’IRCI di Trieste
Dopo il successo della mostra Illustratori della Venezia Giulia, che ha registrato 13 mila visitatori, l’Istituto Regionale per la Cultura Istriano-Fiumano-Dalmata di via Torino lancia una nuova esposizione e annuncia nuovi progetti.
Chiusa, ma non del tutto, la mostra Illustratori della Venezia Giulia presso l’Istituto Regionale per la Cultura Istriano-Fiumano-Dalmata, che dal 10 maggio scorso ha registrato la presenza 13 mila visitatori. Un successo straordinario, dovuto alla qualità delle opere esposte, compresi bozzetti degli illustratori, cartoline, manifesti, realizzati da prestigiose firme della grafica predigitale. La mostra che restituisce i colori storici di una regione intera, a cura del direttore dell’Istituto Piero Delbello, ha chiuso i battenti domenica scorsa ma presto una selezione di opere occuperà una delle sale espositive per rimanere a disposizione di chi ancora non abbia visitato la mostra.
La descrizione del curatore
ILLUSTRATORI … ah, chi erano costoro? Poi “nella Venezia Giulia”. Quindi solo qua, da noi, in una regione che non esiste più (se non in minima parte e accorpata al Friuli) dopo che si è persa tutta l’Istria alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Così inizia la toccante presentazione del curatore, che descrive la declinazione di una vasta attività grafica, che ha dato vita a veri capolavori. “Che siano illustrazioni in senso lato, sia essa nate per corredare un libro, per rendere briosa una copertina, per essere pubblicità, per dare significato estetico ad una ricorrenza, per diventare fumetto, per decorare diplomi o illuminare ex-libris, per far bella la confezione di un prodotto o per affascinare un menu con un’immagine prima di gustarne le offerte culinarie o, ancora, per qualunque cosa serva linea e colore affinché questa sia più accattivante, insomma l’illustrazione in questa nostra terra è stata regina perché Trieste in testa, ma tutta la Venezia Giulia, ha dato i natali ad un numero enorme di illustratori. Molti assai bravi, alcuni bravissimi e, addirittura, maestri.
Così vi troviamo Leopoldo Metlicovitz e Marcello Dudovich, triestini, siamo in caput mundi, si tratta di veri maestri che hanno segnato la strada nazionale e internazionale della nascita del manifesto “moderno”, quello che , appena uscito dalle prove ottocentesche, trova la sua dimensione come “nuova arte” e apre un Novecento che dal liberty viaggerà verso il decó, visiterà le avanguardie e troverà lezione nel futurismo, nel costruttivismo, fino a giungere all’astratto e, in qualche modo chiudersi, nella pop art.
Questa mostra viaggia nelle esperienze, sviluppate grossomodo nella prima metà del secolo passato, di una sessantina di artisti, nati o operativi nella Venezia Giulia. Alcuni sono notissimi, come i maestri citati, altri meno conosciuti eppure, per certi versi e per talune opere, degni di essere inseriti nel palcoscenico dei grandi.
È il caso di Giuseppe Sigon, amico e sodale di Metlicovitz, che, da pittore interno della Modiano di Trieste, ma uscito dalle scuderie della milanese Tensi (e, forse, anche in collaborazione con la Ricordi), può definirsi, a ragione, l’iniziatore del cartellonismo giuliano. Ma bisognerebbe, quasi in parallelo, citare altri nomi come quello di Antonio Bauzon e non scordare Pier Antonio Sencig o le figure di Gino de Finetti, nato a Pisino d’istria, e Guido Marussig, se non, addirittura, andare a quelle dei marinisti Flumiani e Grimani, o ancora a Giovanni Zangrando e, per estensione, non scordarsi di altri pittori puri che, sia pur qualche volta con ritegno, seppero dar esempio di arte applicata di alto livello con la creazione di manifesti eccezionali. È il caso di Glauco Cambon e, subito dopo, di Argio Orell, Vito Timmel, fino a Ugo Carà, scultore, ma con esperienze grafiche applicate alla corte di Gio Ponti.
Un mare infinito.
Come scordare Gustavo Petronio, che seppe illustrare, dai primi del Novecento a tutti gli ’30 (e oltre), ricorrenze patriottiche, pubblicità, creare fumetti e, soprattutto, “inventare” il cartone animato italiano fino a depositare il brevetto dell’Autarcolor?
E, di seguito, Orfeo (Orfeo Toppi), fratello di Giove, il disegnatore di Nerbini, che fra vignette, grafiche pubblicitarie, caricature, era onnipresente nel capoluogo giuliano fra gli anni ’20 e ’50. O Sante Bidoli o Nino Ferenzi o ancora Marcello Claris, uomo dalla grafica essenziale, nato a Pola, come Gigi Vidris, il vignettista de “El spin” e, in seguito, di “Candido”, o il dalmata aeropittore Tullio Crali o Urbano Corva, fiumano, futurista nell’applicato con modi non lontani da Depero, o Saxida o Dabovich, dalla grafica di una squisita eleganza. E Coelli, di Pirano d’Istria, Torelli, i triestini Flori Finazzer, Quaiatti, Ranzatto, Giordani, Valenti, Britz, i fratelli Gregori (istriani), Zanverdiani … Un mare infinito.”
Domani apre la nuova mostra “FRA FLORA E FAUNA. Uno sguardo nel tempo sulla natura nella Venezia Giulia”
Venerdì 13 settembre 2024, alle 17,30, sempre all’IRCI, Civico Museo della Civiltà Istriana, Fiumana Dalmata, in via Torino 8, è la volta dell’inaugurazione di una mostra nuovissima: “FRA FLORA E FAUNA. Uno sguardo nel tempo sulla natura nella Venezia Giulia“.
A presentare la mostra sono le parole del Dottor Nicola Bressi del Museo di Storia Naturale di Trieste.
“L’Istria è una penisola con una meravigliosa biodiversità. La sua posizione geografica è ‘strategica’. La penisola è infatti situata lungo le coste del mare Mediterraneo, ma pressoché nel punto più a nord di questo dove vi è la congiunzione e l’avvicinamento al mare della catena montuosa delle Dinaridi, con la catena montuosa delle Alpi. In più, la piccola penisola istriana e situata nel punto di contatto tra due ben più grandi penisole, la penisola balcanica e quella italiana. Cosa comporta tutto ciò per la biodiversità? L’Istria costiera e meridionale è abitata da fauna e flora mediterranee, mentre nell’Istria settentrionale e montana, possiamo trovare fauna e flora di tipo centroeuropeo e addirittura alpino. Durante i freddi periodi delle glaciazioni, la penisola italiana e quella balcanica sono state due distinti “rifugi glaciali” ovvero due differenti zone in cui fauna e flora hanno trovato rifugio dagli aridi e inospitali ghiacci. Col mare in mezzo e con il ghiaccio sopra, per migliaia di anni molti animali e molte piante delle due penisole (quella italica e quella balcanica) non sono potuti venire a contatto; così, si sono lentamente evolute due flore e due faune diverse e distinte che solo dopo migliaia di anni di separazione sono venute in contatto proprio nella penisola istriana, che oggi ospita sia specie italiche che specie balcaniche. Anche la geologia gioca un ruolo chiave ricca la biodiversità dell’Istria che è costituita prevalentemente da calcari e da terreni derivati dalla loro trasformazione (le cosiddette “Istria Bianca” e “Istria Rossa”), ma nel centro della penisola vi è una zona di marne e arenarie, con terreni argillosi e sabbiosi (“Istria Gialla” e “Istria Grigia”). Sono rocce e terreni che formano paesaggi molto diversi per forma, idratazione e composizione chimica. La zona calcarea è molto carsificata e ricca di grotte, dove vive il rarissimo Proteo, una salamandra adattatasi da decine di millenni alla vita sotterranea. Vicino, le marne e le arenarie argillose non permettono la carsificazione e numerosi sorgenti danno vita a torrenti, rii e fiumi con valli alluvionali, boschi paludosi, dove vive isolato un altro animale raro e protetto: l’elusiva Rana di Lataste. Altro pregio dell’Istria è dovuto alla morfologia. In questa piccola penisola mediterranea si susseguono zone costiere frastagliate oppure lineari, pianure, colline, valli e altipiani; fino a veri e propri rilievi montuosi, come il Monte Maggiore che domina la penisola dai suoi 1.400 metri e ospita una biodiversità tipicamente montana, con stupente faggete e cime con addirittura il Pino Mugo e le Stelle Alpine; il tutto però affacciato direttamente sul mare. Più all’interno, zone pianeggianti paludose sono fitte di canneti dove cantano e nidificano i Canareccioni, mentre poco più in là si possono trovare aride ed aspre pareti di roccia dove occhieggia fiero il raro Algiroide Magnifico, una lucertola esclusiva delle rupi balcaniche. Millenni, poi, di presenza umana hanno modificato, anche radicalmente, gli ambienti, agevolando la presenza di alcune specie a scapito di altre. Così, nei pascoli e nei coltivi sorti al posto di fitti boschi naturali, troviamo oggi le cinguettanti Allodole, che ora volano pure sopra le zone artificialmente prosciugate che hanno sostituito quello che fu il grande lago di Ceppi (a nord di Albona) dove prosperavano le Lontre (Lutra lutra) e le Oche Selvatiche (Anser anser). Le stesse Oche Selvatiche che oggi sono però ritornate dove l’uomo ha capito che certe zone non solo vanno lasciate alla natura, ma possono pure essere ripristinate e rinaturalizzate. Oggi, proteggere la natura, soprattutto una natura unica, complessa e meravigliosa come quella dell’Istria, significa proteggere noi stessi, proteggerci dai nostri stessi egoismi più miopi, garantendoci un futuro di benessere“.
Altra chicca, la Pinacoteca dell’IRCI
Di recentissima inaugurazione, la pinacoteca, presente sempre nella sede dell’IRCI a via Torino, raccoglie opere di autori istriani, fiumani e dalmati o che vissero e operarono in queste zone. Si tratta di una raccolta di donazioni ma anche di acquisizioni e il panorama artistico che vi viene presentato è di assoluto pregio se si pensa alla Madonna Vivarini, datata alla metà del Quattrocento. Ma la possibilità di seguire il percorso artistico per poterne godere appieno viene offerta dalla guida della professoressa Marina Parladori, volontaria dell’Irci, insegnante di materie letterarie e storica dell’arte, grazie alle visite guidate organizzate dall’IRCI.
“Quasi contestualmente alla sua nascita l’Istituto aveva acquisito un patrimonio assai particolare e di estrema valenza simbolica: duemila metri cubi di masserizie lasciate dagli esuli istriani, fiumani e dalmati nei magazzini del Porto vecchio di Trieste e, per quella parte, rinunciati e mai ritirati dai legittimi proprietari. – Così si esprime nell’introduzione del catalogo della pinacoteca il presidente Paolo Degrassi, recentemente riconfermato alla guida dell’ente -. Ma si rendeva necessario allestire una pinacoteca istriana, fiumana e dalmata che fosse strumento idoneo di conoscenza dello sviluppo geniale dei nostri artisti a partire dai secoli del Medioevo e del Rinascimento, atto a far capire quanto le menti elette delle nostre terre nel campo delle arti figurative, dalla pittura alla scultura, all’arte applicata, abbiano portato contributo non solo all’Italia ma in una dimensione che travalica la geografia nazionale e raggiungeva tutta Europa”.
Per le prenotazioni alle visite guidate si consiglia di scrivere a irci@iol.it
Le prossime iniziative dell’IRCI
Ma già il 25 ottobre annuncia il direttore, aprirà un’altra mostra di grande importanza, dedicata al passaggio all’Italia della zona A, liberata dalle forze Alleate che l’hanno governata dalla fine della guerra. “Avrà come titolo “1954 TRIESTE RITORNA ALL’ITALIA, la zona B è perduta”, ci spiega Piero Delbello. Il 26 ottobre del 1954, infatti, Trieste entrò in Italia. Non si trattò solo di un momento di gioia per noi, ma anche di grande dolore: è in quel momento che noi capiamo che anche la zona B è perduta. A Trieste ci saranno tante manifestazioni per i 70 anni da quella data e noi vogliamo offrire un punto di vista diverso, anche perché nel giro di un mese da quella data si alza a livello esponenziale l’esulanza dalla zona B. Dalle poco più di cento persone di ottobre, si passa alle mille o poco più di novembre. Si parla di famiglie spezzate, difficoltà per chi non si muove subito a raggiungere il resto della famiglia, dovendo approfittare delle finestre offerte dai titini. Mia madre fuggi clandestinamente nel ’56 per raggiungere mio padre che era andato via nel ’47. Ho già in mente la copertina del catalogo che è già nella mia mente e che raffigurerà questa contraddizione tra la festa della città e il lutto di chi è rimasto fuori o separato dalla propria famiglia, costretto dalle contingenze ad abbandonare la sua casa”.
Le toccanti parole di una storia vissuta sulla propria pelle da persone di grande sensibilità che, come il direttore, da volontari si prodigano per la diffusione della conoscenza delle vicende che coinvolsero il confine orientale nel secondo dopoguerra, non possono non colpire l’anima. Non posso dimenticare le testimonianze che Fioretta Filippaz e Giovanna Penna, attiviste in prima linea nel Magazzino 18, consegnano ai visitatori, ricche di vissuto, di storia e di emozione. A coordinare le attività dell’ente presieduto da Franco Degrassi, è il direttore Delbello, instancabile promotore di iniziative volte alla diffusione della cultura di una terra abitata in pace da popoli diversi, poi divisi da linee volute e tracciate da altri, che hanno creato vittime della ragione di stato, divisioni, odio, dove non doveva esserci che prosperità per tutti.
©Rirpoduzione riservata
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